L’acromegalia è una malattia rara dovuta, nella maggior parte dei casi, ad un tumore ipofisario: determina una serie di sintomi da interessamento sistemico
In occasione del webinar “Acromegalia: medici e pazienti si incontrano”, recentemente organizzato da Osservatorio Malattie Rare (OMaR) con il contributo non condizionante di Pfizer e la collaborazione di ANIPI (Associazione Nazionale Italiana Patologie Ipofisarie), è stata invitata a discutere della patologia, e delle terapie attualmente disponibili, Anna Maria Colao, Professore Ordinario di Endocrinologia e Responsabile del Centro di Eccellenza Europeo per le Malattie e i Tumori Rari (EndoERN) dell’Università Federico II di Napoli.
L’acromegalia è una malattia estremamente rara dovuta, nella maggior parte dei casi, ad un tumore ipofisario: determina una serie di sintomi da interessamento sistemico, tra cui i più frequenti sono ingrossamento di mani e piedi, sudorazione intensa, cefalea, artrite e irregolarità mestruali. La professoressa Colao ha spiegato come l’acromegalia sia una “patologia lenta e insidiosa, perché i cambiamenti somatici che la caratterizzano possono avvenire in un arco di tempo di 50 anni e sono quindi molto difficili da individuare mentre si verificano”.
Ne consegue che la diagnosi di acromegalia possa arrivare anche dopo anni dall’insorgenza dei primi sintomi, con i pazienti che spesso, in prima battuta, non vengono seguiti da idonei specialisti. L’iter diagnostico procede da un’accurata valutazione clinica fino alla conferma biochimica (con dosaggio di GH e IGF-1) e radiologica (attraverso risonanza magnetica con mezzo di contrasto). In un quadro complesso come quello che caratterizza questa patologia diventa fondamentale un approccio medico multidisciplinare, che permette non solo una corretta diagnosi, ma anche la definizione di un trattamento personalizzato sui bisogni del paziente e di un adeguato percorso di follow-up.
Le terapie attualmente disponibili, spiega la professoressa Colao, vanno valutate sulla base di ogni singolo caso e possono essere sia di tipo farmacologico che chirurgico, o in combinazione. Durante la pandemia di SARS-CoV-2, per far fronte alla riduzione degli accessi in ospedale e continuare a garantire, allo stesso tempo, la presa in carico delle persone affette da acromegalia, sono state utilizzate piattaforme di telemedicina che hanno permesso il costante monitoraggio dei pazienti.