Flamin-Go: medicina di precisione per il trattamento dell’artrite reumatoide. Il nuovo progetto per la cura della patologia potrebbe essere rivoluzionario
Il suo acronimo è “FLAMIN-GO”, ossia “fenicottero”. Il suono richiama alla mente la “fenice”, la mitologica creatura di fuoco in grado di risorgere dalle ceneri della sua stessa distruzione e che Carl Gustav Jung sosteneva avesse in comune con l’uomo l’abilità di rinascere molto più forte dopo un’esperienza traumatica.
La rappresentazione, tuttavia, non risulta molto lontana dalla visione alla base della brillante intuizione che da oggi vede lavorare assieme un team internazionale di ricercatori e che coinvolge diverse strutture pubbliche e private, guidate dall’Università del Piemonte Orientale, tra cui l’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr Nanotec) di Lecce, la Queen Mary University di Londra, il Max Planck Institute e l’AO Foundation svizzera e aziende high-tech tra le quali Trustech, Fluidigm, Enginsoft and regenHU.
“FLAMIN-GO”, letteralmente inteso come “infiammazione che va via”, è infatti il progetto di ricerca europeo elaborato con l’intento di sviluppare trattamenti su misura per ogni paziente affetto da Artrite Reumatoide e premiato nel programma Horizon 2020 con un finanziamento di 6 milioni di euro. L’Artrite Reumatoide è una malattia infiammatoria cronica autoimmune che soltanto in Italia colpisce oltre 400.000 persone (in UE circa 2.900.000 pazienti). È caratterizzata da un’infiammazione cronica della sinovia, ossia della membrana che consente il corretto funzionamento delle articolazioni.
“L’infiammazione”, spiega Costantino Pitzalis, docente e direttore di Medicina sperimentale e Reumatologia della Queen Mary University, “provoca una crescita incontrollata della sinovia, che si espande fino a distruggere la cartilagine ed erodere il tessuto osseo. Questo provoca dolore e rigidità articolare che, se non trattati, compromettono la qualità di vita del paziente con un danno anatomico ed una disabilità irreversibile. Non esiste inoltre una cura definitiva per l’Artrite Reumatoide. La remissione dei sintomi è più probabile quando il trattamento inizia precocemente con farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD). In caso di fallimento, si passa alle terapie di seconda linea, quelle biologiche (bDMARD), mirate a specifiche vie cellulari e molecolari del sistema immunitario che innescano l’infiammazione e causano danni ad articolazioni e tessuti, ma il costo elevato non si presta a considerarle farmaci di prima scelta rispetto a quelli convenzionali”.
L’identificazione del trattamento più efficace per ogni paziente è un bisogno clinico insoddisfatto. Il ritardo nella definizione della terapia più appropriata comporta che circa il 40% dei pazienti con questa patologia non riesce ad ottenere un miglioramento, con una disabilità significativa e maggiori costi sociali. Se si aggiunge che il 10-20% dei pazienti non risponde a nessun farmaco in uso, si comprende quanto il quadro della Artrite Reumatoide sia eterogeneo e quanto sia necessario sviluppare e testare nuovi farmaci “su misura” per il singolo paziente. La medicina di precisione ha, in questo, un potenziale straordinario per migliorare la risposta alle cure. “FLAMIN-GO”, afferma Annalisa Chiocchetti, coordinatore del progetto e docente di Immunologia all’Università del Piemonte Orientale, “è stato pensato appunto con l’intento di aprire una nuova strada verso l’assistenza personalizzata nel trattamento dell’Artrite Reumatoide, fornendo una soluzione organo su chip che consentirà la selezione del miglior farmaco sul mercato per il trattamento di ciascun paziente, oltre a consentire lo sviluppo di nuovi farmaci. Questa soluzione si baserà sulla progettazione e produzione di una piattaforma microfluidica multi-compartimento per la coltura 3D e la perfusione di tutti i tessuti articolari rilevanti per la malattia. Si concentrerà sulla sinovia e sul liquido sinoviale, ma includerà anche il sistema immunitario (vasi sanguigni e leucociti), così come la cartilagine e l’osso che risultano i tessuti più danneggiati. In tutto questo, il Centro per la Ricerca Traslazionale sulle Malattie Autoimmuni ed Allergiche (CAAD) dell’Università del Piemonte Orientale avrà un ruolo importante perché la piattaforma così implementata potrà essere utilizzata per studiare le basi molecolari della malattia di ciascun paziente”.
Altrettanto significativo il contributo di TecnoMed Puglia, il tecnopolo per la medicina di precisione con sede nel Cnr-Nanotec di Lecce. “Nei nostri laboratori”, afferma il coordinatore Giuseppe Gigli, nonché direttore del Cnr-Nanotec, “verranno sviluppate le piattaforme Organo-su-chip di Flamin-go. TecnoMed Puglia è stato fondato per dare impulso alla ricerca nel settore della medicina di precisione con approcci innovativi basati sulle nanotecnologie e la traslazione dei risultati al letto del malato. La sfida è ambiziosa, ma il riconoscimento della comunità europea è per noi importante e ci incoraggia a perseguire la strada intrapresa”. “L’approccio tecnologico di FLAMIN-GO sarà simile a un Lego”, aggiungono Alessandro Polini e Francesca Gervaso, ricercatori a capo del team Cnr Nanotec. “Ogni mattoncino, corrispondente a un micro-tessuto articolare, sarà sviluppato e validato in modo indipendente, ma sarà facilmente connesso con gli altri per costruire un chip completo. A partire dalle biopsie dei singoli pazienti, questo modello cercherà di replicare le articolazioni di ciascun paziente con artrite reumatoide con l’obiettivo di testare il trattamento più appropriato, personalizzato, per l’appunto”.
“FLAMIN-GO”, conclude Lia Rimondini, ricercatrice del team piemontese e Direttrice del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università del Piemonte Orientale istituzione capofila del progetto, “ha in sé il potenziale per far ben sperare in nuovi percorsi di cura disegnati su paziente e rappresentare quella tanto desiderata svolta sia clinica che farmaceutica nel trattamento dell’Artrite Reumatoide. Costituisce inoltre una base metodologica per lo sviluppo di terapie personalizzate di altre malattie. Insomma, una vera eccellenza della ricerca europea e italiana di cui andiamo molto fieri.”