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Dai vasi della retina la diagnosi precoce di Parkinson

Malattia di Parkinson ed effetto anti-glutammatergico di safinamide dimostrato da uno studio neurofisiologico pubblicato su "Brain Stimulation"

Diagnosi precoce del Parkinson mediante analisi dei vasi della retina: studio promettente è stato pubblicato su JAMA Ophtalmology

Un gruppo di ricercatori ha identificato cambiamenti nell’occhio dei pazienti con malattia di Parkinson (PD) che possono essere visti con apparecchiature di imaging non invasive ed economiche, suscitando speranze che questo possa in futuro diventare un metodo per la diagnosi precoce della condizione. I risultati dello studio sono stati pubblicati su “JAMA Ophtalmology”.

Il team, guidato da specialisti oculisti del Duke University Medical Center di Durham, North Carolina, ha riportato  una ridotta perfusione microvascolare retinica e alterazioni strutturali della coroide rispetto ai risultati negli individui cognitivamente sani.

«Il nostro gruppo ha precedentemente segnalato cambiamenti retinici nei pazienti con malattia di Alzheimer (AD) e lieve deficit cognitivo e ora stiamo estendendo questo lavoro ai pazienti con PD» scrivono gli studiosi, guidati da Cason Robbins, della Duke University.

«È stato dimostrato in precedenza che il PD è associato ad aumentata malattia vascolare nel cervello. È possibile che noi si stia osservando gli stessi cambiamenti nella vascolatura della retina. Abbiamo visto cambiamenti simili nei vasi sanguigni della retina nell’AD, dove però c’è più assottigliamento retinico» commentano Robbins e colleghi.

«Pensiamo che sia nel PD che nell’AD, i cambiamenti nella retina riflettano neuroni morenti simili a quello che sta accadendo nel cervello, ma che possiamo vedere più facilmente negli occhi» affermano i ricercatori.

«Stiamo lottando per gestire l’epidemia di malati di Alzheimer e Parkinson in termini di diagnosi precoci accurate e progressione del monitoraggio. Usare l’occhio è un’enorme opportunità per aiutare in tal senso. L’occhio è la finestra sul cervello e può essere usato per rilevare i primi cambiamenti nel cervello» specificano.

Utilizzate la tomografia a coerenza ottica e l’angiografia OCT
Per l’attuale studio trasversale, i ricercatori hanno utilizzato la tomografia a coerenza ottica (OCT) e l’angiografia OCT (OCTA) per confrontare la struttura e la microvascolatura della retina e della coroide negli occhi di 69 pazienti affetti da Parkinson e di 137 individui di controllo cognitivamente sani abbinati per età e genere, senza storia di tremore o evidenza di disfunzione motoria. Sono stati esclusi individui con altre condizioni che potevano influenzare l’occhio (come diabete, glaucoma o altre forme di demenza).

I risultati hanno mostrato che gli occhi dei pazienti affetti da PD avevano un’inferiorità dal 2% al 3% della densità vasale del plesso capillare superficiale e della densità di perfusione, dal 9% al 10% in più di area coroideale totale e coroideale luminale e l’1% in meno di vascolarizzazione coroideale rispetto agli occhi dei controlli cognitivamente normali abbinati per età e sesso.

Le analisi “Area under the curve” (AUC) hanno suggerito che queste differenze non sarebbero state sufficienti da sole a diagnosticare il PD con valori da 0,5 a 0,7.

Metodica da perfezionare
Robbins e colleghi osservano che le analisi dell’AUC mostrano quanta sovrapposizione ci sia con i controlli. «Alcuni occhi di pazienti con PD sembrano controlli e viceversa se guardiamo solo a un valore. Stiamo assistendo a cambiamenti molto piccoli e ci sono altre condizioni che potrebbero spiegare questi cambiamenti, quindi c’è un’area grigia nel mezzo tra i due gruppi. Per un biomarcatore specifico per diagnosticare il PD saremmo alla ricerca di un AUC di 0,9 o 0,95» affermano.

Tuttavia, aggiungono, «il fatto che abbiamo mostrato alcune differenze è ancora utile, ma non ci dà l’intero quadro da solo. Potremmo aver bisogno di altri parametri, possibilmente da altre osservazioni retiniche o da sintomi clinici. In futuro possiamo combinare varie misurazioni, o potremmo aver bisogno di tecniche di imaging più sofisticate».

I ricercatori sperano che in futuro tali cambiamenti nell’occhio potrebbero essere in grado di identificare il PD prima che i sintomi si sviluppino in modo che i pazienti possano ricevere farmaci preventivi.

«Sappiamo che il PD colpisce i vasi sanguigni nel cervello e i vasi sanguigni più piccoli che vanno alla retina saranno probabilmente i primi colpiti. E potrebbe essere la prima prova che qualcosa non va nelle cellule nervose che servono la retina. In futuro, potrebbe essere il caso che la ricerca di questi cambiamenti indicativi del PD o dell’AD in fase precoce potrebbero essere inclusi in un controllo oculare annuale.

«Abbiamo ancora molta strada da fare prima di arrivare a una situazione di questo tipo. Non sarà un sostituto per un esame neurologico, ma potrebbe essere un complemento» precisano gli autori.

I ricercatori, inoltre, osservano che per questo studio, hanno escluso i pazienti con altre condizioni, «poiché volevamo un set di dati ‘pulito’. Ora abbiamo bisogno di più studi con un numero molto maggiore di partecipanti e una gamma più diversificata di pazienti con comorbilità diverse. La sfida starà nel vedere se possiamo differenziare il PD in pazienti con altre comorbilità come il diabete».

In futuro, un potenziale strumento aggiuntivo per i neurologi
«Nel loro insieme, questi risultati supportano l’idea generale che i cambiamenti strutturali e microvascolari nella retina e nella coroide possano riflettere o essere associati alla patologia sottostante nel PD» scrivono in un editoriale di accompagnamento Jonathan B. Lin, dell’Harvard Medical School di Boston, e Rajendra S. Apte, della Washington University di St Louis.

«Questi risultati interessanti suggeriscono che i biomarcatori retinici possono avere utilità nel migliorare i nostri algoritmi diagnostici per il PD» aggiungono. Gli editorialisti suggeriscono che studi futuri dovrebbero indagare se questi biomarcatori retinici e coroideali differiscono i vari sottotipi di Parkinson, che dimostrano eterogeneità nella presentazione della malattia, nella risposta dei sintomi motori agli agenti dopaminergici e nel tasso di progressione della malattia.

«Se c’è davvero una differenza basata sul sottotipo del PD, questi risultati avrebbero importanti implicazioni per migliorare la nostra capacità di consigliare i pazienti in merito alla prognosi» sottolineano. «Indipendentemente dal fatto che questi cambiamenti riflettano una manifestazione retinica della fisiopatologia del PD rispetto alla vasculopatia cerebrale sottostante, questi risultati suggeriscono che OCT e OCTA possono essere una preziosa aggiunta al nostro armamentario per la diagnosi del PD».

«Sebbene questi biomarcatori non siano ancora pronti per la pratica clinica, data la probabile necessità di utilizzarli in combinazione con altri strumenti diagnostici, forniscono una base per studi futuri per studiare tale possibilità» concludono Lin e Apte.

Robbins CB, Thompson AC, Bhullar PK, et al. Characterization of Retinal Microvascular and Choroidal Structural Changes in Parkinson Disease. JAMA Ophthalmol. 2020 Dec 23:e205730. doi: 10.1001/jamaophthalmol.2020.5730. Epub ahead of print. 
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Lin JB, Apte RS. Seeing Parkinson Disease in the Retina. JAMA Ophthalmol. 2020 Dec 23. doi: 10.1001/jamaophthalmol.2020.5719. Epub ahead of print. 
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