Sclerosi multipla primariamente progressiva, ocrelizumab riduce l’infiammazione modulando anche le cellule T secondo un nuovo studio
Un recente studio, pubblicato su “Neurology, Neuroimmunology & Neuroinflammation” ha approfondito i cambiamenti indotti da ocrelizumab nelle cellule immunitarie del sangue di pazienti con sclerosi multipla (SM) primariamente progressiva (PPSM), evidenziando che l’effetto di deplezione delle cellule B effettrici cambia anche la risposta delle cellule T verso un basso profilo infiammatorio, con conseguente diminuzione dei livelli sierici della catena leggera del neurofilamento (NfL).
Ocrelizumab, la cui efficacia e sicurezza sono state dimostrate negli studi di fase 3 ORATORIO, è un farmaco approvato per il trattamento della PPSM. «È costituito da anticorpi umanizzati che, a livello molecolare, sono diretti selettivamente sulle cellule che esprimono sulla loro superficie l’antigene CD20» ricordano gli autori, coordinati da José I. Fernández-Velasco, dell’Ospedale Universitario Ramon y Cajal di Madrid.
«La molecola CD20 è espressa nella maggior parte dei sottogruppi delle cellule B come pre-B, naïve e cellule B della memoria, mentre è assente nelle cellule staminali, cellule pro-B e plasmacellule» proseguono.
Di conseguenza, spiegano, il trattamento con ocrelizumab determina una deplezione di cellule B mediata dal complemento, dalla citotossicità cellulare o dall’apoptosi. Tuttavia, il suo effetto su altri sottogruppi di cellule non è stato completamente chiarito, aggiungono gli autori.
«Per esempio, il CD20 è espresso anche su un piccolo sottogruppo di cellule T CD3+, un sottogruppo altamente attivato di cellule T considerato come la maggiore espressione di marcatori di attivazione e produzione di citochine proinfiammatorie» scrivono Fernández-Velasco e colleghi.
Queste cellule si trovano nel sangue, nel fluido cerebro-spinale (CSF) e nelle lesioni cerebrali croniche di pazienti con SM e hanno dimostrato di essere efficacemente deplete da ocrelizumab in una piccola coorte di 21 pazienti con SM (di cui solo quattro classificati come pazienti con PPSM). «Nonostante questi dati, poco è noto sull’effetto di ocrelizumab in diversi sottogruppi di cellule T e B così come sulle cellule natural killer (NK) e sui monociti» fanno notare gli autori.
I ricercatori hanno quindi studiato i cambiamenti indotti da ocrelizumab nelle cellule immunitarie di pazienti con PPSM, allo scopo di comprendere ulteriormente l’effetto del farmaco nella risposta infiammatoria anormale in questi pazienti.
Sottogruppi di cellule B determinati con citometria a flusso
È stato condotto uno studio prospettico multicentrico longitudinale che ha incluso 53 pazienti con PPSM (in base ai criteri di McDonald) che hanno iniziato consecutivamente il trattamento con ocrelizumab in 10 ospedali universitari.
Un esame RM è stato effettuato 1 mese prima dell’inizio del trattamento. Sono state determinato le cellule effettrici, della memoria e regolatorie mediante citometria a flusso al basale e dopo 6 mesi di terapia. Per valutare le differenze tra il basale e i risultati di 6 mesi sono stati usati test accoppiati abbinati di Wilcoxon. I valori p di significatività sono stati corretti utilizzando il test di Bonferroni.
Diminuita produzione di interleuchine e GM-CSF
Sono stati inclusi nello studio 53 pazienti con PPSM (43% femmine) trattati con ocrelizumab per almeno 6 mesi. L’età mediana (range) e la durata della malattia erano rispettivamente 52,0 (33,0–67,0) e 8,8 (1,4–15,4) anni, rispettivamente, e il punteggio mediano della scala della Expanded Disability Status Scale era 6 (2-8) al basale.
Erano disponibili dati RM di 48 pazienti. È stata osservata una bassa attività basale (definita come inferiore a 10 lesioni) nel 22,9% dei pazienti, con un’attività moderata (10-50 lesioni) nel 60,5% e un’attività elevata (50-100 lesioni) o molto elevata (> 100 lesioni) nel 16,6%.
«Ocrelizumab ha ridotto il numero di cellule B naive e di memoria (p < 0,0001) e quello delle cellule B che producono interleuchina (IL)-6, IL-10, il fattore stimolante la colonia dei granulociti-macrofagi (GM-CSF) e il fattore alfa di necrosi tumorale (TNFα) (p < 0,0001 in tutti i casi)» scrivono i ricercatori. Al contrario, le proporzioni dei plasmablasti e delle cellule B che producono GM-CSF e TNFα sono aumentate in modo significativo, suggerendo la necessità di continuare il trattamento, specificano.
«Come previsto, la conta totale dei linfociti B CD19+ era fortemente ridotta dopo il trattamento con ocrelizumab (p <0,0001). Questa drastica deplezione è causata principalmente dalla riduzione dei sottogruppi delle cellule B naïve e della memoria» spiegano gli autori.
Riduzione di specifici linfociti T e monociti coinvolti nella patogenesi
Il trattamento anti-CD20 altera anche l’attivazione delle cellule T e la produzione di citochine. «Non abbiamo osservato cambiamenti significativi nel numero di cellule T dopo il trattamento con ocrelizumab, ad eccezione delle cellule T CD20+, in termini numerici (p < 0,0001) e percentuali (p < 0,0001)» affermano.
Inoltre, si è rilevato «un chiaro rimodellamento del compartimento delle cellule T caratterizzato da aumenti relativi dei rapporti naive/effetttrici delle cellule T CD4+ (p = 0,002) e CD8+ (p = 0,002) e una relativa diminuzione di cellule T CD4+ (p = 0,03) e CD8+ (p = 0,004) che producono interferone-gamma».
«Le cellule T CD20+ rappresentano una popolazione cellulare unica con un fenotipo altamente attivato, proinfiammatorio e proprietà migratorie, che è stato proposto svolgano un ruolo importante nella patologia della SM. Anche la sua sottoregolazione può far parte del effetto benefico di ocrelizumab nella PPSM» sostengono gli autori.
«Inoltre, abbiamo osservato un aumento del numero totale di monociti (p = 0,002) che esprimono PD-L1, il ligando del recettore PD-1 di superficie cellulare che promuove l’auto-tolleranza sopprimendo l’attività infiammatoria delle cellule T» riferiscono Fernández-Velasco e colleghi. «Questo potrebbe essere importante nel modulare la risposta anormale nella SM» aggiungono, precisando che non sono stati osservati cambiamenti nei monociti che producono citochine infiammatorie.
Livelli sierici inferiori della catena leggera del neurofilamento
«Le variazioni immunologiche sono state associate a una riduzione dei livelli della catena leggera dell’sNfL. (p = 0,008). La riduzione è stata osservata in pazienti con lesioni positive al gadolinio al basale e in pazienti gadolinio-negativi con sNfL di base >10 pg/ml.
«I nostri dati contribuiscono a mostrare i cambiamenti indotti da ocrelizumab nei leucociti del sangue di pazienti con PPSM, indicando che – oltre al suo impatto sulle cellule B – può rimodellare la risposta delle cellule T verso un basso profilo infiammatorio e indurre una chiara diminuzione dei livelli di sNfL» concludono i ricercatori.
Fernández-Velasco JI, Kuhle J, Monreal E, et al. Effect of Ocrelizumab in Blood Leukocytes of Patients With Primary Progressive MS. Neurol Neuroimmunol Neuroinflamm. 2021 Jan 6;8(2):e940. doi: 10.1212/NXI.0000000000000940.
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