Celiachia, attenzione ai segnali del nostro corpo: oltre ai disturbi gastrointestinali anche afte, alopecia, debolezza muscolare e formicolio alle mani tra i sintomi
La celiachia è una malattia cronica e autoimmune che scatena, nei soggetti geneticamente predisposti, una reazione immunitaria in caso di assunzione di glutine. Con il passare del tempo la reazione immunitaria conduce a un’infiammazione che danneggia le pareti dell’intestino tenue e i villi, impedendo così l’assorbimento di cibi e nutrienti.
La celiachia può essere diagnosticata dopo pochi mesi dalla nascita, come può manifestarsi anche più avanti, nell’infanzia come nell’età adulta.
La dottoressa Paoletta Preatoni, gastroenterologa di Humanitas, spiega quali sono i sintomi che dovrebbero fare da campanello d’allarme in caso di eventuale celiachia.
Quali sono i sintomi della celiachia?
Quando un paziente celiaco inconsapevole di esserlo ingerisce degli alimenti che contengono glutine, la reazione più comune che avrà riguarderà l’apparato gastrointestinale. I sintomi classici della celiachia, infatti, sono diarrea, gonfiore addominale, meteorismo, crampi all’addome e perdita di peso.
Non solo: esistono anche altri sintomi, forse meno conosciuti, a cui prestare attenzione, come la presenza di afte nella bocca, il formicolio alle estremità (mani e piedi), la debolezza muscolare o, anche, l’alopecia.
In certe circostanze anche l’anemia (causata principalmente dal malassorbimento di ferro e vitamine dovuto all’atrofia dei villi intestinali), la perdita di densità ossea e le convulsioni possono essere sintomi di celiachia.
Occorre però sottolineare che i sintomi della celiachia non sempre si manifestano, soprattutto negli adulti
Quali sono le cause della celiachia?
La celiachia è una malattia multifattoriale: “Il glutine è l’agente scatenante della reazione immunitaria nel paziente geneticamente predisposto, ma i fattori ambientali precipitanti che determinano l’innesco della risposta autoimmune possono essere molteplici, alcuni dei quali fisiologici come la gravidanza o le infezioni gastroenteriche”. La celiachia, inoltre, è spesso associata ad altre malattie autoimmuni tra cui tiroidite , diabete mellito di tipo 1, l’artrite reumatoide o la tiroidite e a sindromi genetiche (Down, Turner)”, spiega la dottoressa Preatoni.
Fondamentale seguire un’alimentazione senza glutine
“Il paziente celiaco deve seguire una scrupolosa alimentazione senza glutine, al fine non solo di gestire e ridurre i sintomi, ma di permettere all’intestino e alla mucosa di ritrovare la sua originale funzionalità. In caso contrario, il paziente mantiene costantemente attivo il processo infiammatorio a carico della mucosa duodenale, impedendo la ricostruzione della superficie assorbente dell’intestino e questo lo pone a rischio, anche se asintomatico, di sviluppare carenze nutrizionali importanti che a lungo andare avranno ripercussioni sul benessere dell’organismo”, precisa la specialista.
Cereali, farine e alimenti a base di cereali come l’avena, il frumento, il farro, l’orzo, il grano, il Kamut, il malto sono vietati, così come biscotti, pane, pasta, derivati del pane fatti con i cereali indicati.
Da evitare anche la birra, il caffè solubile, il lievito, il seitan, i piatti pronti che possono contenere tracce di glutine.In generale la lista lunga: è importante seguire le indicazioni poste sulle etichette dei prodotti e rivolgersi allo specialista di fiducia per eventuali dubbi.
Come si diagnostica la celiachia?
Occorre fare una premessa. A oggi, circa un italiano su quattro è convinto di essere intollerante a un alimento (spesso è proprio il glutine a essere messo al bando): il risultato è che molte persone decidono di intraprendere una dieta restrittiva fai-da-te che non solo non migliorerà la situazione, ma potrebbe peggiorarla.La celiachia è una patologia che va diagnosticata da uno specialista. Gli esami del sangue utili sono gli anticorpi anti-transglutaminasi, gli anticorpi anti-endomisio e gli anticorpi anti-gliadina.
In caso di risultato positivo, si può indicare l’esecuzione di una gastroscopia con biopsia a livello del duodeno, per confermare la diagnosi.