Tumore alla vescica: così agisce la mitomicina C


La mitomicina C è il chemioterapico più utilizzato nel tumore della vescica non-muscolo infiltrante. Uno studio italiano analizza il suo funzionamento

Tumore alla vescica: così agisce la mitomicina C

Il chemioterapico mitomicina C uccide le cellule del cancro della vescica non-muscolo infiltrante tramite almeno due meccanismi: uno, noto da tempo, è legato alla tossicità generale del composto per le cellule tumorali. Il secondo meccanismo, appena scoperto, è invece innescato dall’attivazione contro il tumore del sistema immunitario, in grado di provocare la cosiddetta morte cellulare immunogenica. La scoperta, resa possibile dal sostegno di Fondazione AIRC, è del gruppo di ricerca coordinato dalla professoressa Maria Rescigno all’IRCCS Humanitas. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine.

La mitomicina C è il trattamento standard per il tumore della vescica non-muscolo infiltrante” spiega Rescigno. In genere è impiegata subito dopo la rimozione chirurgica del tumore: il farmaco viene lasciato in contatto con la vescica per un’ora, per eliminare eventuali cellule tumorali residue, e poi rimosso. Il suo effetto tossico per le cellule tumorali è noto da tempo, ma poiché il tumore torna a manifestarsi nel 50-60 per cento dei pazienti, c’era il sospetto che potesse essere coinvolto un altro meccanismo più selettivo. Per analogia con quanto accade per altri chemioterapici, il sospetto di Rescigno cadeva sulla morte cellulare immunogenica.

Rescigno e colleghi hanno in effetti dimostrato che la mitomicina C è in grado di stimolare la risposta immunitaria contro il tumore e che lo fa attraverso un meccanismo che altera il metabolismo mitocondriale delle cellule tumorali (i mitocondri sono le centrali energetiche delle cellule). Queste alterazioni portano all’attivazione di risposte infiammatorie che a loro volta provocano la morte cellulare immunogenica. Sembra dunque che la mitomicina C abbia addirittura una marcia in più contro il tumore: perché allora alcuni pazienti risultano resistenti? La risposta sta nelle caratteristiche molecolari del tumore stesso.

“Abbiamo osservato che la resistenza è associata alla carenza di un complesso proteico coinvolto nel metabolismo mitocondriale” spiega Rescigno come riferisce AIRC. Proprio utilizzando questo complesso come biomarcatore, i ricercatori sono riusciti a individuare, in un gruppo di pazienti che dovevano sottoporsi alla terapia, quelli che ne avrebbero beneficiato di più. Un risultato che va nella direzione della personalizzazione delle terapie ma che potrebbe anche aprire la strada a una riformulazione della strategia di trattamento. “Si potrebbe valutare l’ipotesi di trattare il tumore con la mitomicina C prima della sua asportazione, per aumentare la probabilità di scatenare contro la malattia anche la risposta immunitaria”.