Uno studio pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society teorizza la formazione di buchi neri supermassicci a partire dalla materia oscura
Come si sono formati i buchi neri supermassicci nell’universo primordiale? Questa è una delle domande più intriganti della ricerca astrofisica moderna e, a oggi, uno dei maggiori problemi ancora aperti per chi si occupa di evoluzione galattica. I buchi neri supermassicci sono stati osservati già a partire da ottocento milioni di anni dopo il Big Bang, ma come possano formarsi ed evolvere così rapidamente rimane inspiegabile.
Un team di astrofisici guidato Carlos R. Argüelles – ricercatore all’Universidad Nacional de La Plata, in Argentina, e all’ IcraNet (centro internazionale con sede a Pescara) – suggerisce ora la possibilità di un meccanismo che consentirebbe la formazione di buchi neri supermassicci a partire dalla materia oscura presente nelle regioni ad alta densità nei centri delle galassie.
Negli scenari convenzionali, è la normale materia barionica – ovvero, gli atomi e gli elementi che compongono le stelle, i pianeti e tutti gli oggetti che conosciamo, noi compresi – a collassare sotto il peso della gravità, formando così i buchi neri supermassicci, che poi crescono e si evolvono nel tempo. La nuova ipotesi, illustrata sul numero di aprile di Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, prendendo in esame la potenziale esistenza di nuclei galattici stabili fatti di materia oscura e circondati da un alone diffuso sempre di materia oscura, mostra come le zone centrali di queste strutture possano diventare così dense da collassare anch’esse in buchi neri supermassicci una volta raggiunta la soglia critica. Stando a questo modello, ciò avverrebbe molto più rapidamente di quanto non sia possibile attraverso altri meccanismi di formazione, al punto da consentire ai buchi neri supermassicci dell’universo primordiale di essersi formati prima delle stesse galassie in cui abitano – contrariamente a quanto si ritiene sia avvenuto.
«Questo nuovo scenario di formazione», dice infatti Argüelles, «può spiegare in modo naturale come i buchi neri supermassicci abbiano avuto origine nell’universo primordiale, senza richiedere che si fossero già formate le stelle né invocare la presenza di “semi” di buchi neri con tassi di accrescimento irrealistici».
Un altro aspetto interessante del nuovo modello è che la massa critica che induce il collasso in un buco nero potrebbe non essere raggiunta nel caso degli aloni di materia oscura più piccoli, come quelli che circondano alcune galassie nane. Gli autori suggeriscono che ciò potrebbe dar luogo a galassie nane con un nucleo centrale di materia oscura ma senza un buco nero. Un tale nucleo di materia oscura potrebbe imitare la firma gravitazionale di un buco nero centrale convenzionale, mentre la presenza dell’alone esterno di materia oscura potrebbe spiegare le curve di rotazione della galassia.
«Questo modello mostra come gli aloni di materia oscura possano ospitare al loro centro concentrazioni ad alta densità, che potrebero avere un ruolo cruciale per comprendere la formazione dei buchi neri supermassicci», osserva Argüelles.
La speranza degli autori è che, a partire dal loro modello teorico, ulteriori studi saranno in grado di far luce sulla formazione dei buchi neri supermassicci nelle epoche primordiali dell’universo, oltre a indagare se i nuclei delle galassie non attive, inclusa la Via Lattea, possano ospitare questi densi nuclei di materia oscura.
Per saperne di più:
- Leggi su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society l’articolo “On the formation and stability of fermionic dark matter haloes in a cosmological framework“, di Carlos R Argüelles, Manuel I Díaz, Andreas Krut e Rafael Yunis