La CGIA chiede di cambiare con urgenza la definizione di default: Pmi sul filo del rasoio per rischio inadempienza e segnalazione alla Centrale Rischi
A chiedere la modifica della definizione di default a gran forza è la CGIA che da quasi un anno ne reclama la modifica. Dall’inizio di quest’anno, infatti, gli istituti di credito hanno l’obbligo di applicare le nuove regole europee sulla definizione di default. Vale a dire che le banche, ad esempio, definiscono inadempiente un piccolo imprenditore che presenta un mancato rientro da oltre 90 giorni, il cui importo risulta superiore sia ai 100 euro che all’1 per cento del totale delle esposizioni verso il gruppo bancario.
Nel caso superi entrambe le soglie, può scattare la segnalazione presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia che, automaticamente, classifica l’imprenditore come cattivo pagatore, impedendogli così di poter disporre per un determinato periodo di tempo dell’aiuto di qualsiasi istituto di credito. Una situazione che rischia di interessare tantissime partite Iva che tradizionalmente sono a corto di liquidità e con grosse difficoltà, soprattutto in questo momento, a rispettare i piani di rientro dei propri debiti bancari.
“Questa nuova definizione di default va assolutamente cambiata – segnala il segretario Renato Mason – perché sta persuadendo le banche a tenere dei comportamenti molto prudenziali. Con l’abbassamento della soglia di sconfinamento, infatti, corriamo il pericolo di un’impennata dei crediti deteriorati. Per evitare che succeda ciò, Bruxelles ha imposto alle banche la svalutazione in 3 anni dei crediti a rischio non garantiti e in 7-9 anni per quelli con garanzia reali. Pertanto, l’applicazione di queste misure stanno già ora indicendo molti istituti di credito ad adottare un comportamento di estrema cautela nell’erogare i prestiti, per evitare di dover sostenere delle perdite in pochi anni. Insomma, per tantissime Pmi è in arrivo una nuova stretta creditizia che dobbiamo assolutamente evitare”.