Cure oncologiche: nasce la Fondazione Periplo


Oncologia, nasce la Fondazione Periplo: “La gestione del cancro è troppo focalizzata sull’ospedale. Follow up e terapie orali siano affidati al domicilio”

Oncologia, nasce la Fondazione Periplo: "La gestione del cancro è troppo focalizzata sull’ospedale. Follow up e terapie orali siano affidati al domicilio"

In Italia vivono più 3 milioni e 600mila cittadini dopo la diagnosi di tumore. Circa il 30%, pari a oltre un milione di persone, può essere seguito sul territorio, con notevoli risparmi per il sistema sanitario. In particolare, almeno il 20% dei casi di cancro del polmone, il 30% di quelli del colon-retto e più del 50% della mammella vanno gestiti al di fuori degli ospedali.

Ma oggi, nel nostro Paese, non esiste ancora l’oncologia del territorio. Per promuovere un cambiamento profondo dell’assistenza ai pazienti oncologici nasce Fondazione Periplo, che ha già avviato progetti concreti che mirano a definire e a mappare gli indicatori di efficacia dei percorsi assistenziali della neoplasia della mammella, la più frequente in Italia (55mila nuove diagnosi stimate nel 2020), e del cancro del polmone, che rappresenta la prima causa di morte oncologica (34mila decessi nel 2017).

Si parte dalla “fotografia” di 5 centri. La tempestività della presa in carico è requisito essenziale: l’intervento chirurgico deve avvenire entro 30 giorni e la terapia adiuvante, cioè successiva alla chirurgia, va eseguita entro 8 settimane. Il mancato rispetto di questi indicatori può compromettere l’efficacia delle migliori terapie. La Fondazione è presentata oggi in una conferenza stampa virtuale e nel convegno “Periplo: l’evoluzione”.

“I passi in avanti in oncologia sono determinati non solo dal singolo farmaco ma anche dall’appropriatezza di un percorso assistenziale complesso, che va dalla diagnosi precoce, alla corretta stadiazione, all’intervento chirurgico, all’analisi anatomo-patologica e molecolare, fino alla scelta appropriata delle terapie e al follow up – spiega Pierfranco Conte, Presidente Fondazione Periplo e Direttore Divisione di Oncologia Medica 2, Istituto Oncologico Veneto (IOV) di Padova -. Uno studio condotto dallo IOV ha quantificato i costi diretti (cioè per terapie e ospedalizzazione) della forma più comune di tumore del polmone, quella non a piccole cellule che rappresenta l’87% dei casi. Il costo medio è pari a 21.328 euro all’anno per paziente, con differenze in relazione agli stadi della malattia”. Nello stadio I è pari a 16.291 euro, a 19.530 nel II, 21.938 nel III, 22.175 nel IV e a 28.711 nei tumori di Pancoast, che interessano l’apice polmonare e le ultime radici del plesso brachiale. Tra gli studi che hanno considerato i costi del tumore del polmone, questo lavoro, pubblicato su “Thoracic Cancer”, è il più aggiornato perché include anche le uscite determinate dalle nuove terapie, che negli ultimi anni hanno permesso di migliorare la sopravvivenza in una delle neoplasie più difficili da trattare.

“Nelle fasi iniziali della malattia, le spese sono riconducibili soprattutto alla chirurgia, mentre in quelle più avanzate l’impatto economico deriva dalla radioterapia, dai trattamenti farmacologici e dalle cure palliative – continua il Prof. Conte -. Questa analisi è importante, perché vuole sensibilizzare i clinici sull’utilizzo appropriato delle risorse e indirizzare le Istituzioni nelle scelte sulla loro allocazione. Uno degli obiettivi di Fondazione Periplo è promuovere un diverso sistema di rimborsabilità delle prestazioni, che superi le singole voci di costo per considerare la presa in carico complessiva della patologia, che può essere misurata”.

Fondazione Periplo costituisce l’evoluzione di Periplo, associazione formata da clinici che svolgono un ruolo di riferimento nelle reti oncologiche regionali di appartenenza. Anche i progetti Re.Mi, promosso da Associazione Periplo, e MAP, sostenuto da Fondazione Periplo, si inseriscono nel tema dell’appropriatezza delle cure.

“Re.Mi definisce i requisiti minimi del percorso diagnostico terapeutico e assistenziale (PDTA) dei carcinomi della mammella e del polmone – afferma Valentina Guarneri, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università di Padova -. Lo scopo è condividere e uniformare a livello nazionale i requisiti minimi perché il PDTA in queste patologie possa ritenersi adeguato. Ad oggi, infatti, solo alcune Regioni hanno definito PDTA corredati da specifici indicatori. Particolare attenzione è rivolta al rispetto dei tempi. Ad esempio, nel tumore della mammella, l’esito dell’analisi anatomo-patologica deve essere disponibile entro 20 giorni dalla esecuzione della procedura. Dopo la conferma istologica, il caso viene discusso in ambito multidisciplinare, dove è indicata la strategia terapeutica. Il ‘core team’ imprescindibile del gruppo multidisciplinare è costituito dal chirurgo senologo, radiologo, patologo, oncologo medico, radioterapista e case manager. Per la paziente avviata al percorso chirurgico, l’intervento deve essere eseguito entro 30 giorni da quando è posta l’indicazione. E la terapia medica adiuvante, cioè successiva alla chirurgia, va iniziata entro 8 settimane dall’intervento. Sappiamo infatti che il ritardo può compromettere l’efficacia della migliore terapia mirata”.

“Come le Breast Unit per la neoplasia della mammella – sottolinea il Prof. Conte -, anche per il tumore del polmone servono le ‘Lung Unit’, cioè strutture organizzative basate su équipe multidisciplinari costituite da figure professionali specializzate, in grado di assicurare al paziente il miglior percorso di cura: chirurgo toracico, oncologo medico, radioterapista oncologo, pneumologo e radiologo. L’esito della diagnosi anatomo-patologica deve essere disponibile entro 10 giorni e l’intervento va eseguito entro 30”. “Partendo dai requisiti minimi stabiliti da Re.Mi, Fondazione Periplo ha avviato il progetto MAP – continua la Prof.ssa Guarneri -, uno studio osservazionale retrospettivo che coinvolge 5 centri (Bergamo, Ferrara, Padova, Perugia, Torino). L’obiettivo è mappare l’aderenza ai percorsi diagnostici terapeutici e assistenziali, attraverso il monitoraggio di indicatori clinicamente rilevanti, per verificare se vi sia uniforme accessibilità alle cure migliori, sicurezza delle prestazioni correlata ad un’adeguata organizzazione, tempestività della presa in carico, continuità dell’assistenza e appropriatezza prescrittiva. È previsto un periodo di arruolamento di 3 mesi, seguito da un follow up di 5 anni per il cancro della mammella e di 3 anni per quello del polmone”.

L’emergenza Covid-19 ha evidenziato l’importanza dell’integrazione ospedale-territorio. “La pandemia – spiega Gianni Amunni, Presidente Associazione Periplo e Direttore Generale Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica (ISPRO) – ha attivato modelli emergenziali sperimentali di presa in carico del paziente oncologico a distanza e a livello territoriale o domiciliare, con discreta efficacia delle prestazioni, anche in assenza di chiari modelli organizzativi. Ora serve un cambio di passo per istituire l’oncologia del territorio, oggi del tutto assente. Il progetto SMART, sostenuto da Periplo, vuole ridisegnare il paradigma dell’assistenza oncologica, superando i muri tra le istituzioni sanitarie e promovendo competenze adeguate anche al di fuori dell’ospedale. Il punto di partenza è definire quanta parte del percorso oncologico possa essere svolta sul territorio. La storia naturale del paziente oncologico è caratterizzata da brevi fasi ospedaliere ben strutturate e da lunghi periodi territoriali o domiciliari con bisogni che non trovano in questo ambito risposte altrettanto organizzate”. “Alcuni trattamenti oncologici, di medio e basso impegno assistenziale, possono essere eseguiti al domicilio del paziente sotto controllo specialistico in sinergia con il medico di famiglia – continua il Prof. Amunni -. Una quota crescente di pazienti che assumono terapie orali continuative può, sotto controllo specialistico, essere gestita sul territorio da nuove figure come gli oncologi territoriali ambulatoriali. Anche il follow-up si configura come un esempio di medicina di iniziativa da affidare all’esterno dell’ospedale. Deve, inoltre, essere prevista una cartella clinica informatizzata unica (ospedale e territorio), alimentata da tutti i professionisti coinvolti nelle diverse fasi del percorso”.

“Il tumore è sempre più una patologia cronica, grazie anche ad armi molto efficaci – conclude Paolo Pronzato, Presidente Comitato Scientifico Associazione Periplo e Direttore Oncologia Medica 2 IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova –. Per alcune neoplasie in fase avanzata è possibile individuare alterazioni molecolari su cui le terapie mirate agiscono con successo. Queste alterazioni sono presenti in percentuali relativamente basse in pazienti colpiti da specifiche neoplasie, come quelle della mammella, polmone, stomaco, colon-retto e prostata. Si tratta di una vera e propria rivoluzione scientifica e culturale, destinata a condurci lontano da un’oncologia pensata attraverso gli organi colpiti o l’istologia. Nel nuovo modello l’alterazione molecolare guida la scelta del farmaco, indipendentemente dalla sede del tumore. Questo nuovo paradigma dell’oncologia di precisione deve essere integrato all’interno delle reti oncologiche regionali, che però prevedono percorsi assistenziali e gruppi multidisciplinari definiti in relazione alle singole patologie oncologiche. È, quindi, necessario coniugare il concetto di oncologia molecolare con quello di oncologia multidisciplinare. Per questo, all’interno delle reti, sono in fase di definizione i ‘molecular tumor board’, a cui è affidato il compito di definire specifiche strategie in materia di profilazione genomica e di interpretazione dei risultati ottenuti dalle analisi molecolari, con l’obiettivo di individuare una terapia personalizzata sulla base delle conoscenze scientifiche più avanzate”.