Chi parla due lingue ha un cervello più resistente: secondo uno studio ha il doppio delle probabilità di recuperare le abilità cognitive dopo un ictus
Imparate due lingue, avrete un cervello più brillante e “resistente”. I vantaggi del bilinguismo sulle prestazioni cognitive sono noti da tempo; ora uno studio di diversi centri di ricerca tra cui il Nizam’s Institute of Medical Sciences di Hyderabad (India), aggiunge un ulteriore tassello: il bilinguismo protegge dai danni di un ictus.
Chi parla almeno due lingue ha il doppio delle probabilità di recuperare le abilità cognitive dopo un ictus rispetto ai monolingui, concludono i ricercatori. Lo studio, pubblicato su Stroke, è stato condotto su 608 pazienti colpiti da ictus ischemico. Più della metà era bilingue. Fra questi il 40% dei pazienti ha avuto una ripresa normale delle funzioni cognitive rispetto al 20% dei monolingui. L’afasia invece colpiva indistintamente: il bilinguismo non faceva da scudo contro questo disturbo del linguaggio causato da lesioni cerebrali.
Ma che vantaggio dà parlare almeno due lingue?
Per i ricercatori i bilingui riescono a “spostarsi” da un linguaggio a un altro: quando uno viene inibito, l’altro viene attivato. Tuttavia avvertono che questi risultati possono non essere immediatamente estesi a tutte le persone bilingui. La città in cui risiedevano i pazienti è una città multiculturale in cui ogni giorno, per diverse volte al giorno, le persone sono portate a “spostarsi” da un universo linguistico a un altro.
In ogni caso lo studio suggerisce che le attività che stimolano il cervello, portate avanti nel tempo, da giovani o anche da adulti, possono proteggere dai danni causati eventualmente da un ictus.
Perché i bilingui sono più brillanti nelle prestazioni cognitive?
«I risultati dello studio indicano che il bilinguismo consente una maggiore ripresa dopo l’ictus molto probabilmente perché è in grado di aumentare la riserva cognitiva. Il concetto di riserva cerebrale e riserva cognitiva – intesa come la quantità di apprendimenti, abilità e conoscenze acquistate durante tutta la (e non solo nell’infanzia) – è molto utilizzato negli studi che considerano pazienti in età avanzata e affetti da declino cognitivo o demenza», risponde la dottoressa Elisabetta Menna, ricercatrice di Humanitas e dell’Istituto di Neuroscienze del Cnr.
«Questo concetto potrebbe spiegare la possibilità per alcuni individui con elevata riserva cognitiva di resistere più a lungo al danno cerebrale neurodegenerativo manifestando solo lievi sintomi. Tale concetto è pertanto strettamente collegato ai processi neurobiologici di apprendimento, memoria e plasticità».
Oltre al bilinguismo quali altri strumenti possono dare una marcia in più al nostro cervello?
«Anche i giochi da tavola costituiscono eccezionale “mental training”. Il gioco, infatti, è in grado di aumentare le capacità di pianificazione, memoria, attenzione e ragionamento. Durante il gioco, a qualsiasi età, si apprendono nuove regole, nuove informazioni e nuove “forme” mentali e si allenano la memoria, soprattutto quella a breve termine, chiamata “memoria di lavoro”, e la capacità di mantenere la concentrazione. Inoltre è stato osservato che i giochi da tavolo, compresi quelli con le carte, ma con più di due giocatori, arricchiscono le reti neurali, ovvero i legami tra le cellule, e stimolano i neuroni a prendere contatti tra loro, aumentando il numero di sinapsi nel cervello (cioè i punti di contatto tra cellule nervose attraverso cui passa l’informazione) e migliorandone la funzionalità».