Artrite psoriasica: ixekizumab non va interrotto


Artrite psoriasica: secondo i risultati di un nuovo studio ixekizumab non va interrotto al raggiungimento della minima attività di malattia

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I pazienti con artrite psoriasica (PsA) che hanno raggiunto la minima attività di malattia con ixekizumab hanno presentato outcome dalla continuazione, anziché dalla interruzione del trattamento in questione.

Lo dicono i risultati di uno studio recentemente pubblicato su Arthritis & Rheumatology che ha risposto ai dubbi sul cosa fare al raggiungimento della minima attività di malattia grazie ad ixekizumab.

Razionale e disegno dello studio
Numerosi agenti farmacologici di provata efficacia nel trattamento dei pazienti con PsA permettono il raggiungimento dello stato di minima attività di malattia, scrivono i ricercatori nell’introduzione allo studio. Ad oggi, tuttavia, permangono ancora dubbi sulla possibilità di interrompere il trattamento con questi farmaci nei pazienti che mostrano una risposta sostenuta nel tempo.

Ixekizumab è un anticorpo monoclonale avente come bersaglio IL-17 A, dimostrandosi efficace in due trial registrativi di fase 3, lo studio SPIRIT-P1 e SPIRIT-P2.
Il nuovo studio riassunto in questa pubblicazione, lo studio SPIRIT-P3, un trial multicentrico condotto in 86 centri dislocati su 12 Paesi tra il 2015 e il 2018, ha vagliato gli outcome derivanti dalla sospensione del trattamento in questione in pazienti con PsA al raggiungimento della minima attività di malattia.

SPIRIT-P3 ha reclutato 394 pazienti naive ai biologici, sottoposti a trattamento in aperto per 36 settimane con una dose iniziale di ikekizumab sottocute (160 mg), seguita da trattamento quindicinale a dose dimezzata.

Nel periodo compreso tra la 36eisma e la 64eisma settimana di trattamento, i pazienti che erano nello stato di minima attività di malattia sostenuta (>3 mesi) sono stati randomizzati a continuare il trattamento a cadenza quindicinale con ixekizumab 80 mg oppure a placebo fino a 2 anni.

Lo stato di “minima attività di malattia” era definito, nel trial, dal soddisfacimento di almeno 5 dei criteri seguenti:
– Conta articolazioni dolenti e tumefatte pari o inferiore a 1
– Indice PASI pari o inferiore a 1 i BSA pari o inferiore al 3%
– Punteggio relativo al dolore percepito dal pazienti pari o inferiore a 15
– Punteggio di attività globale di malattia da parte del pazienti pari o inferiore a 20
– Punteggio indice di disabilità uguale o inferiore a 0,5
– Non più di un punto dolente entesico

Sul totale dei pazienti reclutati, il 74% ha portato a termine la fase “in aperto” dello studio, mentre il 40% ha raggiunto lo stato di “minima attività di malattia sostenuta”.
Sia il gruppo di pazienti che non aveva interrotto il trattamento che l’altro gruppo erano costituiti, ciascuno, da 79 pazienti.
I pazienti avevano un’età media pari a 47 anni, una durata media di malattia di almeno 8 anni e, nella maggior parte dei casi, erano anche in terapia concomitante con un DMARDcs.

Al basale, l’attività di malattia era considerata elevata, con una conta media di articolazioni dolenti e tumefatte pari, rispettivamente, a 21 e a 10.
Più del 70% dei pazienti era anche affetto da entesite.

Risultati principali
Tra i pazienti randomizzati a sospensione del trattamento dopo aver raggiunto uno stato di attività minima di malattia sostenuta durante la fase di trattamento in aperto con ixekizumab, il tempo mediano alla recidiva è stato pari a 22,3 settimane (IC95%= 16.1-283); nell’altro gruppo di pazienti che non aveva interrotto il trattamento, invece, non è stato possibile determinare il tempo mediano alla recidiva in quanto meno del 50% dei pazienti era andato incontro a ricaduta di malattia.

Non solo: il tasso cumulativo di recidive nel corso delle prime 40 settimane dopo la randomizzazione è stato pari al 73% nel gruppo di pazienti che aveva interrotto il trattamento rispetto al 34% dell’altro gruppo (p<0,0001).

Il tempo alla recidiva è risultati significativamente più breve tra i pazienti che avevano interrotto il trattamento con ixekizumab anche in riferimento ad alcune componenti individuali concorrenti allo stato di “minima attività di malattia”.

Per esempio, la conta di articolazioni dolenti è cresciuta, durante un tempo mediano di 22,3 settimane, sopra 1 nel 72% dei pazienti che hanno sospeso il trattamento rispetto al 48% dei pazienti dell’altro gruppo in un tempo mediano pari a 64,4 settimane (p=0,0022).

La conta di articolazioni tumefatte sopra uno è stata osservata nel 45% dei pazienti che hanno sospeso il trattamento durante un tempo mediano di 28,7 settimane rispetto al 15% dell’altro gruppo durante un tempo mediano non stimabile (p<0,0001).

Il punteggio totale PASI è risultato superiore ad 1 nel 44% dei pazienti dopo un tempo mediano di 36 settimane nel gruppo di pazienti che hanno sospeso il trattamento rispetto al 12% di pazienti dell’altro gruppo (tempo mediano non stimabile) (p<0,0001).

Una BSA>3% è stata osservata nel 24% dei pazienti del gruppo che avevano interrotto il trattamento con ixekizumab rispetto al 4% dei pazienti dei pazienti dell’altro gruppo; ancora un volta, il tempo mediano non era stimabile (p= 0,0001).

Per quanto riguarda il dolore percepito, il 90% dei pazienti che avevano interrotto il trattamento con ixekizumab ha riferito punteggi sopra 15 nel corso di un tempo mediano pari a 16,1 settimane rispetto al 42% dei pazienti dell’altro gruppo, con un tempo mediano non stimabile (p<0,0001), mentre punteggi relativi all’attività globale di malattia secondo il paziente inferiori a 20 sono stati osservati nel 76% dei pazienti che avevano interrotto il trattamento con ixekizumab nel corso di un tempo mediano pari a 20,6 settimane rispetto al 26% dei pazienti dell’altro gruppo (tempo mediano non stimabile) (p<0,0001).

Il tempo mediano al ripristino della condizione di “minima attività di malattia” con la ripresa del trattamento post-ricaduta è stato pari a 4,1 settimane nel gruppo di pazienti che avevano interrotto il trattamento con ixekizumab, mentre è stato pari a 4,7 settimane nell’altro gruppo.

Il tempo mediano al nuovo raggiungimento della condizione di “minima attività di malattia” è stato pari a 16,1 settimane nel primo gruppo e a 28,1 settimane nel secondo.
Da ultimo, per quanto riguarda la safety, il profilo disicurezza di ixekizumab in questo studio è risultata praticamente sovrapponibile a quella degli altri studi effettuati.

Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso, tra i limiti dello studio, l’impiego di un regime di trattamento (80 mg/2 settimane) diverso da quello approvato in Usa e nella Ue (80 mg/mese). A tal proposito, i ricercatori hanno spiegato che “lo studio è partito quando gli altri due trial registrativi sull’impiego di ixekizumab nella Psa erano ancora in corso, prevedendo la valutazione di efficacia e sicurezza del trattamento sia in posologia quindicinale che mensile”.

Ciò detto, “i risultati del trial – concludono i ricercatori – indicano che il trattamento ininterrotto con ixekizumab rappresenta la soluzione ottimale al mantenimento del buon controllo dell’attività di malattia nella PsA. Al contempo, lo studio ha anche dimostrato che, se si interrompe il trattamento, è possibile riguadagnare lo stato di “minima attività di malattia” dopo ripresa della terapia”.

“Resta da comprendere, a questo punto – aggiungono gli autori dello studio – quali caratteristiche dei pazienti e della malattia, compreso l’impiego di alcuni biomarcatori, possa predire gli outcome di interruzione del trattamento”.

Bibliografia
Coates LC, et al “Withdrawing ixekizumab in patients with psoriatic arthritis who achieved minimal disease activity: results from a randomized, double-blind withdrawal study” Arthritis Rheum 2021; DOI: 10.1002/art.41716.
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