Ovaio policistico (PCO) e sindrome dell’ovaio policistico (PCOS): nomi simili eppure così diverse. Ecco le differenze tra queste due condizioni
Ovaio policistico (PCO) e sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) sono la stessa patologia? La questione genera non poca confusione fra le donne, che spesso parlano delle due cose come se si trattasse dello stesso disturbo. Nonostante nomi molto simili però, ovaio policistico e sindrome dell’ovaio policistico sono due situazioni completamente diverse. Infatti, se la prima è una condizione ecografica delle ovaie presente in almeno una donna su 4, la seconda è una vera e propria patologia endocrina, che colpisce in Italia dal 5 al 10% della popolazione femminile.
Per fare chiarezza sul tema, parla Walter Vegetti, ginecologo nell’unità operativa di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) del Policlinico di Milano.
Quali sono le differenze fra ovaio policistico e sindrome dell’ovaio policistico? E quali sono le loro cause e sintomi?
L’ovaio policistico (PCO) è una condizione ecografica delle ovaie: si parla di PCO quando le ovaie hanno ciascuna più di 20 micro-follicoli di diametro compreso tra 2 e 9 mm e/o un volume ovarico superiore a 10 cm3. La presenza di follicoli nelle ovaie è una condizione abbastanza normale e non vi sono sintomi particolari legati alla loro presenza. Diversamente, quando si parla di sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), parliamo di una complessa patologia endocrina. Causa principale è la presenza di un eccesso di ormoni maschili nel sangue (iperandrogenismo) che comporta sintomi come acne, irsutismo (peli in eccesso in zone del corpo “maschili”) e alopecia (perdita di capelli). Altri sintomi sono legati ad alterazioni della regolarità mestruale, come cicli ravvicinati (polimenorrea), molto distanziati (oligoamenorrea), assenza di mestruazioni (amenorrea) e mancanza di ovulazione (anovulazione cronica). A tutto ciò si aggiungono sovrappeso, obesità e disturbi come depressione e ansia.
Avere l’ovaio policistico significa per forza avere la sindrome dell’ovaio policistico?
Partiamo dal presupposto che per diagnosticare la presenza della PCOS è necessaria la presenza di almeno 2 tra i seguenti 3 criteri: presenza all’ecografia pelvica transvaginale di ovaie di aspetto policistico (PCO); presenza di iperandrogenismo clinico e/o biochimico; cicli irregolari con la diminuzione o l’aumento dell’intervallo tra una mestruazione e l’altra o l’assenza completa del ciclo mestruale. Di conseguenza, avere l’ovaio policistico in assenza di almeno uno degli altri 2 criteri, non significa avere la sindrome dell’ovaio policistico. Questo aspetto ecografico delle ovaie con cicli mestruali regolari e senza altri sintomi deve essere considerato normale: fino al 20% delle donne può infatti avere la PCO senza avere la PCOS.
Considerata la normalità e la elevata frequenza della morfologia ecografica PCO nelle ragazze più giovani, quando le ovaie hanno spesso un aspetto multi-follicolare, il primo di questi 3 criteri non può essere considerato nel caso di donne sotto i 20 anni. Allo stesso modo, anche le irregolarità mestruali e disturbi come l’acne sono tipici del periodo adolescenziale. Per questo motivo si suggerisce che la diagnosi della sindrome dell’ovaio policistico non debba essere fatta prima dei 20 anni circa, in quanto si rischierebbe di diagnosticare una sindrome che in realtà non c’è. Queste giovani donne andrebbero rivalutate almeno 8 anni dopo il menarca (il primo ciclo) per formulare una eventuale diagnosi di PCOS.
Quali problematiche può comportare la PCOS?
Una problematica importante della sindrome dell’ovaio policistico (e non delle donne con il solo ovaio policistico) è la presenza in diverse pazienti di una “resistenza” di tessuti come fegato e muscoli all’azione dell’insulina, l’ormone che controlla il nostro livello di zucchero nel sangue. Questa “insulino-resistenza” è più frequente nelle pazienti con PCOS che sono sovrappeso o obese, ma può essere presente anche nelle donne magre con la sindrome. Se presente, di solito è peggiorativa dei sintomi di irregolarità mestruali e di eccesso di ormoni maschili. Questa condizione può contribuire inoltre ad aumentare il rischio di sviluppare o un’intolleranza agli zuccheri oppure il diabete mellito, causato dalla carenza o totale assenza di insulina e che può manifestarsi oltre i 40 anni o in gravidanza (diabete gestazionale). Altre complicazioni possono riguardare le malattie cardiovascolari: di per sé la PCOS non rappresenta un fattore di rischio per questo tipo di patologie, ma eccesso di colesterolo, trigliceridi nel sangue, iperglicemia e diabete spesso presenti nelle donne con PCOS, possono favorire lo sviluppo di queste malattie.
La PCOS può portare al tumore?
Non è chiaro se la PCOS possa portare a forme tumorali. Si parla più che altro di un aumento di rischio del carcinoma dell’endometrio, ma questo rischio probabilmente è più legato alla mancanza di ovulazione e all’obesità.
Quali terapie consigliate in Policlinico per la cura di PCO e PCOS? Vi sono delle differenze terapeutiche per chi vuole avere dei figli?
Dato che è una condizione ecografica normale, per la PCO non è necessaria alcun tipo di terapia. Diverso il discorso della PCOS: se legato a sovrappeso e obesità, il primo trattamento è dimagrire attraverso un regime dietetico e l’esercizio fisico. Una corretta alimentazione e l’attività motoria permettono di ridurre l’insulino-resistenza e di migliorare la ciclicità mestruale, nonché di ridurre i sintomi legati ad acne e irsutismo. Per questi scopi è possibile utilizzare anche la pillola contraccettiva estro-progestinica: gli estrogeni della pillola riducono l’effetto periferico degli ormoni maschili e la produzione ovarica di testosterone, aumentando invece al livello del fegato la produzione di una proteina, la Sex Hormone Binding Globuline (SHBG) che diminuisce gli androgeni nel sangue. Se invece la paziente desidera una gravidanza e la regolarità ovulatoria e mestruale non è migliorata con il calo di peso, occorrono terapie mirate ad indurre l’ovulazione. Queste devono essere però eseguite sotto il controllo di uno specialista in medicina della riproduzione: il rischio è infatti che le terapie di questo genere portino a gravidanze multiple e, per questo motivo, devono essere assunte sotto il controllo di un esperto.