Una diagnosi di tumore può avere conseguenze anche a livello psicologico come lo stress: è importante conoscerle per non farsi cogliere impreparati e per poterle contrastare in modo efficace
Le cosiddette comorbilità, ovvero gli altri disturbi di salute diversi dal tumore, possono influenzare il tipo di terapia che è possibile offrire a un paziente oncologico. Alcune possono non essere utilizzabili in certi casi, anche se potrebbero essere le più efficaci.
Dover tenere a bada più di una malattia può anche influenzare la salute mentale e l’umore dei pazienti. Secondo quanto emerge da un recente studio spagnolo che ha coinvolto poco meno di 1.000 persone (per metà pazienti con tumore e per metà soggetti sani), circa il 30 per cento dei pazienti oncologici soffre di stress psicologico a livelli significativi e solo il 10 per cento si rivolge a uno specialista per questo tipo di disturbo. Gli autori dello studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Psycho-Oncology, hanno osservato che, per ciascuna malattia aggiuntiva, aumenta il rischio di andare incontro a questo tipo di stress psicologico, che gli esperti definiscono, con termine inglese e gergale, “distress”.
“Conoscere la diffusione delle comorbilità tra i pazienti che ricevono diagnosi di tumore e comprenderne le relazioni con la salute mentale è molto importante” spiegano gli autori, ricordando che la popolazione mondiale – anche quella oncologica – sta invecchiando e più si invecchia più facile è trovarsi a convivere con una o più malattie.
Il cervello fa parte del corpo
Alcune malattie croniche, tra cui disturbi cardiovascolari o metabolici, obesità e problemi muscolo-scheletrici, coesistono frequentemente con il tumore nei pazienti oncologici. Ma non mancano anche i disturbi psicologici, in particolare ansia, depressione o disturbo da stress post-traumatico.
Come ricordano anche gli esperti statunitensi del National Cancer Institute (NCI), ansia, stress e depressione possono influenzare pesantemente la qualità di vita dei pazienti oncologici e delle loro famiglie, e possono manifestarsi a diversi livelli di intensità e in qualunque momento della storia della malattia: dalla diagnosi fino ai trattamenti e anche dopo la scomparsa clinica della malattia. Ansia, stress e depressione si possono infatti presentare quando ci si sottopone a un esame di screening per il cancro, quando si aspettano i risultati di un test, nel momento della diagnosi o del trattamento – con la paura che le cose possano andare per il verso sbagliato – oppure dopo i trattamenti, per il timore che la malattia si ripresenti.
Inoltre non bisogna dimenticare che queste sensazioni negative a volte possono dare origine a sintomi come nausea e vomito, in particolare prima del trattamento, difficoltà nel sonno e dolore, fino a spingere alcune persone a interrompere le terapie.
Quando aumenta il rischio
I pazienti con tumore del polmone, del pancreas o del cervello sembrano avere maggiori probabilità di manifestare questi disturbi, ma in genere il rischio di dover fare i conti con stress psicologico, ansia e depressione non dipende dal tipo di tumore.
“I fattori che aumentano questo tipo di rischio non sempre sono legati al cancro” affermano i ricercatori del NCI. Tra i principali, i ricercatori elencano la difficoltà a svolgere le normali attività della vita quotidiana, effetti collaterali del trattamento come fatigue o dolore, impossibilità di soddisfare le proprie necessità sociali, problemi in casa, presenza di depressione o altri problemi emotivi. Stando ai dati, inoltre, anche avere un basso livello di istruzione ed essere donne e giovani sono fattori che aumentano il rischio.
Pazienti diversi, soluzioni diverse
Gestire l’ansia e lo stress psicologico legati al tumore non è sempre facile: dipende dall’entità del problema e anche dall’indole di ciascuna persona. Ciò che è certo è che non esiste una formula che possa andare bene per tutti.
Conservare un certo equilibrio e benessere psicologico è per esempio più semplice quando è possibile continuare a mantenere la propria routine (di lavoro, sociale, eccetera) anche in presenza del tumore, anziché isolarsi dal punto di vista sociale.
Un passo importante è parlare con il proprio medico curante, con l’oncologo e con uno psicologo o psichiatra specializzato in questo tipo di problemi e proporre soluzioni adeguate. Medico e oncologo potranno invece aiutare a gestire meglio gli effetti avversi delle terapie e a rendere meno pesante il trattamento (per esempio prescrivendo farmaci contro la nausea o per controllare il dolore), un aiuto che si può tradurre anche in maggiore benessere psicologico.
In alcuni casi possono essere utili sessioni di rilassamento, gruppi di supporto, ma anche yoga, meditazione ed esercizi di respirazione, senza dimenticare il ruolo fondamentale di amici e familiari.
Infine, psicologi e psichiatri possono lavorare più direttamente su ansia e stress. La psico-oncologia – la disciplina che si colloca come interfaccia tra l’oncologia da un lato e la psicologia e la psichiatria dall’altro – trova oggi spazio in molti centri di cura oncologici italiani, come si legge nel sito della Società italiana di psico-oncologia (SIPO), nel quale è possibile anche trovare un elenco dei centri attivi sul territorio nazionale.
“Il trattamento del paziente oncologico deve avere come obiettivo principale migliorare la qualità di vita e limitare il rischio di conseguenze psicopatologiche che condizionino la vita futura del malato” si legge sul sito SIPO.