Il trattamento con denosumab sembra favorire in processi di guarigione delle erosioni ossee dopo 2 anni nei pazienti con artrite reumatoide
Il trattamento con denosumab (inibitore di RANKL) sembra favorire in processi di guarigione delle erosioni ossee dopo 2 anni nei pazienti con artrite reumatoide (AR) nei quali l’attività di malattia è ben controllata. Queste le conclusioni di uno studio di recente pubblicazione su ARD che suggeriscono nuove indicazioni d’impiego di questo farmaco di provata efficacia nell’osteoporosi.
Razionale e obiettivi dello studio
Le erosioni ossee nell’AR sono il riflesso della progressione di malattia e sono associate con la disabilità funzionale. Lo sviluppo di erosioni è regolato dal pathway RANKL, che influenza la funzione e la sopravvivenza degli osteoclasti.
Denosumab, come è noto, è un anticorpo monoclonale che inibisce il pathway RANKL e che si è dimostrato in grado di bloccare la progressione delle erosioni dei pazienti con AR.
Quello che però, fino ad oggi, non era ancora chiaro era se il farmaco fosse in grado anche di promuovere la guarigione di queste lesioni.
In un piccolo studio pilota, gli autori di questo studio avevano dimostrato come la larghezza, la profondità e il volume delle erosioni, misurato mediante Tomografia Computerizzata Quantitativa Periferica a risoluzione elevata, fossero ridotti dopo 6 mesi di terapia con denosumab.
Ora, nei pazienti con AR che hanno raggiunto una ridotta attività di malattia o remissione sostenuta, la sintomatologia potrebbe essere ridotta ma, al contrario, proseguire l’avanzamento delle erosioni, risultato dell’infiammazione di grado-ridotto e dell’attivazione persistente del pathway RANKL.
Al fine di esplorare la possibilità per denosumab di indurre la guarigione delle erosioni ossee nel lungo termine in pazienti con AR, i ricercatori hanno avviato i pazienti inclusi nello studio a trattamento sottocute con iniezioni di denosumab 60 mg o a placebo al basale, nonché a 6, 12 e a 18 mesi.
I pazienti in questione erano stati sottoposti, naturalmente, a trattamento concomitante con DMARDcs secondo un protocollo treat-to-target, con aggiustamenti di dose e di farmaco (DMARD, FANS e glucocorticoidi al bisogno) per controllare l’attività di malattia.
Le erosioni venivano misurate mediante Tomografia Computerizzata Quantitativa Periferica a risoluzione elevata tra i pazienti che avevano raggiunto la ridotta attività di malattia o la remissione e che mostravano almeno un’erosione iniziale.
La guarigione dell’erosione era definita, in questo studio, come una riduzione del volume dell’erosione di entità maggiore della più piccola variazione osservabile, pari a 0,2 mm3, insieme ad un incremento della densità minerale ossea marginale al di sopra della più piccola variazione osservabile, pari a 6,3 mmHA/cm3, o alla scomparsa totale della lesione.
Su 110 pazienti reclutati tra il 2017 e l 2018, l’80% era rappresentato da donne aventi un’età media pari a 57 anni. La durata media di malattia era pari almeno a 8 anni, mentre la media del punteggio DAS28 era pari a 2,51 (remissione= punteggio DAS28<2,6). Il punteggio di disabilità HAQ-DI al basale era pari, invece, a 0,25.
Di questi pazienti, 102 hanno portato a termine lo studio nel periodo di osservazione previsto pari a 2 anni.
Risultati principali
All’inizio dello studio erano state rilevate, rispettivamente, 137 e 114 erosioni nei gruppi denosumab e placebo.
Dall’analisi dei dati è emerso che il numero di pazienti che mostrava guarigione delle erosioni a 12 mesi era simile tra quelli randomizzati a denosumab e quelli trattati con placebo (18% vs. 13%; p=0,45).
Al contempo, però, una proporzione significativamente più ampia di pazienti trattati con l’inibitore di RANKL è guarita dalle erosioni a 24 mesi (20% vs. 6%; p=0,045).
E’ stata successivamente condotta una analisi di regressione logistica, previo aggiustamento di alcune covariate (età, sesso, durata e attività di malattia, volume delle erosioni, indice di disabilità HAQ-DI e mantenimento della remissione): da questa analisi è emerso che l’impiego di denosumab era associato con la guarigione delle erosioni (OR=3,39, IC95%= 1,08-10,63, P=0,036).
Inoltre, sono risultati predittori aggiuntivi di guarigione dalle erosioni la giovane età (OR=0,93; IC95%=0,87-1, P=0,039) e una larghezza iniziale maggiore delle erosioni (OR=3,25; IC95%=1,30-8,12, P=0,012).
Dal confronto delle erosioni individuali è emerso che il trattamento con denosumab era associato a 24 mesi con:
– Un numero più ridotto di nuove erosioni (9% vs 19%, P=0,009)
– Una minore progressione delle erosioni (8% vs 18%, P=0,019)
– Una maggiore regressione delle erosioni (18% vs 9%, P=0,046)
Tra le altre differenze osservate tra i gruppi in studio vi erano una proporzione marginalmente superiore di progressione radiografica osservata nel gruppo placebo (27,3% vs 12,7%, P=0,057) e incrementi maggiori di densità minerale ossea a livello dell’anca in toto e del collo femorale nel gruppo denosumab, mentre non sono state rilevate differenze in relazione alla disabilità (HAQ-DI).
Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso la presenza di alcuni limiti metodologici dello studio quali la mancata potenza statistica nell’individuare variazioni radiografiche significative, il reclutamento di pazienti con attività di malattia di grado lieve-moderato e la mancanza di informazioni sul metabolismo osseo e i marker di turnover della cartilagine.
Inoltre, non hanno escluso che fosse necessario pianificare un tempo di follow-up più lungo per individuare le differenze di disabilità funzionale intercettate dall’indice HAQ-DI. Ciò premesso, in conclusione, i risultati suggeriscono che denosumab potrebbe essere considerata una opzione di trattamento utile per ritardare la progressione di danno osseo.
Bibliografia
So H, et al “Effects of RANKL inhibition on promoting healing of bone erosion in rheumatoid arthritis using HR-pQCT: a 2-year, randomized, double-blind, placebo-controlled trial” Ann Rheum Dis 2021; DOI: 10.1136/annrheumdis-2021-219846.
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