Censimento dei pazienti affetti da Sindromi Mielodisplastiche: una fotografia di questa popolazione di malati con le caratteristiche cliniche ed epidemiologiche
Si è concluso il censimento, relativo all’ultimo dato annuale disponibile, dei pazienti affetti da Sindromi Mielodisplastiche (MDS) all’interno del quale sono state identificate persone, diagnosticate e curate, negli oltre 70 Centri FISIM dislocati su tutto il territorio nazionale, per fornire una vera e propria fotografia di questa popolazione di pazienti, definendone le caratteristiche cliniche ed epidemiologiche. L’Associazione Italiana Pazienti Sindrome Mielodisplastica (AIPaSIM) insieme alla Fondazione Italiana Sindromi Mielodisplastiche (FISIM) ha deciso di realizzare e pubblicare un importante aggiornamento del Registro di Patologia, creato dalla FISIM nel 2011, con l’inserimento di 288 nuovi casi di MSD confrontati con una casistica retrospettiva (2011-2018) di 6.309 pazienti.
“Individuare e raccogliere in maniera sistematica i casi di sindrome mielodisplastica diagnosticati in Italia, ma soprattutto migliorare la qualità di vita dei pazienti grazie agli importanti progressi effettuati in questi ultimi anni sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico è l’obiettivo principale che l’Associazione si è posta col Censimento – afferma Paolo Pasini, Presidente di AIPaSiM – Le sindromi mielodisplastiche per troppo tempo non sono state infatti percepite adeguatamente non solo rispetto alla loro diffusione, ma soprattutto relativamente all’impatto socio-sanitario che effettivamente generano a carico dei pazienti e della società più in generale. Questo primo registro, che sarà aggiornato annualmente, realizzato con il contributo di Fisim, ci consente come Associazione di raccogliere le informazioni più importanti per sostenere la comunità di pazienti e sollecitare l’attenzione delle Istituzioni e del sistema sanitario per un miglior percorso diagnostico assistenziale”.
Le sindromi mielodisplastiche sono patologie del sangue complesse, classificate tra le malattie rare, che colpiscono prevalentemente persone in età avanzata e si manifestano attraverso anemia, diminuzione dei globuli bianchi e piastrinopenia. Hanno un’incidenza di circa 3.000 nuovi casi all’anno, tuttavia questi numeri sottostimano il problema, poiché in alcuni casi i pazienti non ricevono un corretto inquadramento diagnostico e per questo non iniziano tempestivamente il percorso terapeutico. Il Registro evidenzia infatti che, al momento della diagnosi, circa il 70% dei casi è diagnosticato in una fase precoce di malattia, mentre in circa il 30% dei casi la malattia è già avanzata.
Ad oggi è possibile effettuare una diagnosi accurata e una corretta valutazione della prognosi attraverso l’esame del sangue, l’aspirazione del midollo seguita da una biopsia ed esami citogenetici che servono per determinare quale modificazione dei cromosomi si è verificata – dichiara Matteo Della Porta, Responsabile Unità Leucemie – IRCCS Humanitas Research Hospital, Milano e Presidente Comitato Scientifico AIPaSiM – Dal punto di vista diagnostico, negli ultimi anni, stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione e mi riferisco in particolar modo allo studio del Genoma attraverso il sequenziamento del DNA con tecnologie di nuova generazione, che consente di produrre una mappatura specifica, per ogni paziente, dei difetti molecolari della malattia. Altra cosa molto importante è che questa tecnologia è stata recentemente inclusa nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) come test diagnostico rilevante per le persone con sindrome mielodisplastica e questo permetterà d’ora in avanti di sviluppare dei percorsi di diagnosi, terapia e assistenza sanitaria mirati”.
Le MDS sono patologie estremamente eterogenee: si va da pazienti che hanno la stessa aspettativa di vita della popolazione generale della stessa età, a casi che, invece, hanno una rapidissima evoluzione in leucemia acuta nel giro di pochi mesi. La terapia dunque è molto diversa, a seconda del livello di rischio, ovvero della gravità della malattia.
“Ad oggi esistono dei parametri che permettono allo specialista di stabilire in maniera accurata il ‘grado di rischio’ della malattia per impostare la terapia più appropriata e, fortunatamente, le sindromi mielodisplastiche non hanno tutte la stessa probabilità di trasformarsi in leucemie, cosa che si verifica nei casi più gravi – dichiara Valeria Santini, Responsabile MSD Unit, AOU Careggi, Università degli Studi, Firenze e Presidente Comitato Scientifico FISiM – Per quanto riguarda la terapia, se è vero che negli ultimi 10-15 anni è aumentata la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti ad alto rischio – passando dalla trasfusione a farmaci più mirati come l’azacitidina – è anche vero che spesso si tratta di miglioramenti solo temporanei e questo accade in circa il 60% dei pazienti. Ad oggi, l’unica cura definitiva dalla malattia resta il trapianto di cellule staminali, a cui però può accedere solo il 4% dei pazienti”.
Ma nei pazienti di età avanzata, ovvero la maggior parte, il trapianto non rappresenta una strada praticabile. Grazie alle ultime scoperte scientifiche, è possibile individuare sia dal punto di vista clinico che dal punto di vista biomolecolare, una adeguata scelta terapeutica, “mirata” per quel particolare paziente. “In questo senso gli studi sperimentali con farmaci innovativi rappresentano la nuova fonte di progresso del percorso di cura perché permettono ai pazienti di poter usufruire, senza alcun rischio, di farmaci che in quanto sottoposti a studi clinici saranno disponibili solo tra uno o due anni. I pazienti vengono seguiti con grandissima attenzione all’interno dei protocolli sperimentali, tutti ovviamente approvati e controllati, anche se ad oggi in Italia la percentuale dei pazienti che partecipa a sperimentazioni cliniche si attesta solo al 3%” – dichiara Valeria Santini.
Recentemente sono stati approvati nuovi farmaci come il recentissimo inibitore della via di segnalazione del TGF-beta per il trattamento dell’anemia nelle mielodisplasie a basso rischio, o, ormai alcuni anni or sono, i farmaci ipometilanti che riducono il rischio di evoluzione in leucemia negli alti rischi. Questi ultimi hanno contribuito a rivoluzionare l’approccio terapeutico al paziente con mielodisplasia. “Si tratta di terapie innovative in grado di bersagliare alterazioni molecolari specifiche che hanno dimostrato di aumentare in maniera significativa la risposta dei pazienti e, in alcuni casi, anche la loro sopravvivenza, con lunghe durate della risposta – afferma Valeria Santini – I progressi scientifici degli ultimi anni, infatti, hanno consentito di conoscere i meccanismi molecolari delle sindromi mielodisplastiche che, oltre a migliorare le capacità diagnostiche, hanno reso possibile definire in modo più accurato il quadro prognostico-evolutivo della patologia in funzione delle sue diverse tipologie, oltre che sviluppare trattamenti innovativi e mirati sui casi specifici, per una terapia sempre più personalizzata e di precisione”.