Ipercolesterolemia familiare omozigote: l’anticorpo monocloonale evinacumab riceve il parere positivo del Chmp per pazienti dai 12 anni
Un nuovo anti colesterolo si profila all’orizzonte. Si tratta di evinacumab un anticorpo monocloonale che ha ricevuto il parere positivo del Chmp per il trattamento di pazienti adulti e adolescenti di 12 anni e più con ipercolesterolemia familiare omozigote (HoFH). Il farmaco viene sviluppato dalla biotech americana Regeneron.
L’ipercolesterolemia familiare omozigote è una malattia ereditaria ultra-rara e grave, causata da un difetto genetico – ereditato da entrambi i genitori – che altera la funzione del recettore responsabile della rimozione del ‘colesterolo cattivo’ (LDL-C o lipoproteine a bassa densità) dal sangue. Negli Stati Uniti colpisce circa 1.300 pazienti.
La ipercolesterolemia familiare omozigote si verifica quando due copie dei geni che causano ipercolesterolemia familiare (FH) sono ereditati, uno da ciascun genitore, con conseguente livelli pericolosamente elevati (>400 mg/dL) di LDL-C. I pazienti con HoFH sono a rischio di malattia aterosclerotica prematura e di eventi cardiaci fin dall’adolescenza.
Evinacumab è un anticorpo monoclonale che si lega alla proteina angiopoietin-like 3 (ANGPTL3) inibendone l’attività. Costituita da 431 aminoacidi e strutturalmente analoga alle angiopoietine, proteine chiave nelle regolazione dell’angiogenesi, la proteina ANGPTL-3 viene sintetizzata quasi esclusivamente dal fegato e sebbene la sua funzione non sia stata completamente chiarita, è stato dimostrato il suo coinvolgimento nella regolazione del metabolismo lipidico. In particolare, ANGPTL3 inibisce la lipasi lipoproteica (LpL) e quindi l’idrolisi dei trigliceridi trasportati dai chilomicroni e dalle VLDL ]; inattiva inoltre la lipasi endoteliale (HL), un enzima presente nel lume dei vasi che contribuisce al rimodellamento delle HDL, idrolizzandone i fosfolipidi.
Altri farmaci con lo stesso meccanismo di azione
Ci sono anche altri farmaci che hanno come bersaglio ANGPTL3 ma sono un po’ indietro nello sviluppo. Il più avanzato è vupanorsen. un farmaco antisenso di Ionis/Pfizer, che l’anno scorso ha iniziato la fase IIb. Sia vupanorsen che il farmaco della biotech Arrowhead che sfrutta la RNAi e noto per ora con la sigla ARO-ANG3 sono disponibili per via sottocutanea, dando loro un potenziale vantaggio futuro su evinacumab, che è dato per via endovenosa ogni quattro settimane.
Studio registrativo con evinacumab
Il parere europeo positivo si basa sui risultati dello studio di fase 3 ELIPSE HoFH, pubblicato sul New England Journal of Medicine (NEJM) nell’agosto 2020. Nello studio, 65 pazienti sono stati randomizzati a ricevere evinacumab 15 mg/kg per via endovenosa ogni quattro settimane (n=43) più altre terapie di riduzione dei lipidi, rispetto alle sole terapie di riduzione dei lipidi (placebo, n=22). Il livello medio di LDL-C al basale dei pazienti in entrambi i gruppi era di 255 mg/dL.
Lo studio ha raggiunto il suo endpoint primario, con i pazienti trattati con evinacumab che hanno ridotto il loro LDL-C dal basale del 49% in media rispetto al placebo alla settimana 24 (47% di riduzione evinacumab, 2% di aumento placebo, p<0,0001).
Allo stesso punto temporale, rispetto al basale, i pazienti trattati con evinacumab hanno anche sperimentato 132 mg/dL di riduzione media di LDL-C rispetto al placebo (135 mg/dL di riduzione evinacumab, 3 mg/dL di riduzione placebo, p<0,0001).
Riduzioni significative sono state osservate anche in altri endpoint secondari chiave, compresi i livelli di apolipoproteina B (ApoB), colesterolo non ad alta densità (non-HDL-C) e colesterolo totale, rispetto al placebo (p<0,0001 per tutti).
Livelli simili di riduzione delle LDL-C sono stati osservati anche nei pazienti più difficili da trattare, che spesso non rispondono a certe altre terapie a causa di una funzione limitata dei recettori delle LDL, descritti come pazienti “nulli/null” (<15% di funzione dei recettori delle LDL mediante saggi in vitro) o “negativi/negativi” (varianti genetiche che probabilmente comportano una funzione minima o nulla dei recettori delle LDL mediante analisi delle mutazioni).
Le riduzioni di LDL-C osservate con evinacumab sono state osservate già alla settimana 2 e mantenute per tutto il periodo di trattamento in doppio cieco (settimana 24) e il periodo di prova in aperto (fino alla settimana 48).
Le reazioni avverse più comuni (>3% dei pazienti) riportate dall’analisi di sicurezza combinata degli studi controllati con placebo dopo 24 settimane che si sono verificate più frequentemente nei pazienti evinacumab (n=81) rispetto al placebo (n=54) sono state nasofaringite (16% vs 13%), malattia simile all’influenza (7% vs 6%), vertigini (6% vs 0%), rinorrea (5% vs 0%), nausea (5% vs 2%), dolore alle estremità (4% vs 0% placebo) e astenia (4% vs 0%).
Negli studi clinici, le reazioni avverse hanno portato all’interruzione del trattamento nel 2% dei pazienti con ipercolesterolemia familiare omozigote trattati con evinacumab, compreso 1 caso di anafilassi che si è risolto con il trattamento, e nel 2% dei pazienti che hanno ricevuto placebo. Il farmaco viene studiato anche in altri due studi di fase II: uno nella ipercolesterolemia refrattaria e l’altro in ipertrigliceridemia grave.