La Cina cresce, nonostante la pandemia. Il gigante asiatico è l’unico, tra le grandi potenze economiche mondiali, ad avere un segno positivo davanti al numero che ne segna il tasso di crescita
Il 2020 non avrebbe potuto iniziare peggio per l’economia cinese. Il Paese, a causa dei lockdown, aveva chiuso il primo trimestre con un pesantissimo -6,8% (il dato peggiore dal 1976, anno in cui fu lanciato il primo programma di riforme e aperture). La pandemia, tuttavia, non ha indebolito a lungo la Cina. La ripresa non solo c’è stata, ma è anche andata al di là delle più rosee aspettative degli analisti. La potenza orientale ha infatti chiuso il 2020 con un Pil in crescita del 2,3%. A sorprendere è stato specialmente il +6,5% messo a segno tra ottobre e dicembre dello scorso anno.
Gli effetti della pandemia di Covid sui mercati: il caso cinese
La prima ondata pandemica, come si legge in un articolo pubblicato sul portale di investimenti IG, aveva scatenato un grande panico sui mercati azionari a livello globale. Il crollo delle Borse internazionali era riconducibile alle chiusure forzate, ai lockdown e alle misure di contenimento messe in atto dai governi di tutto il mondo per impedire la diffusione dei contagi. Alcuni indici azionari hanno subito perdite da record, con il prezzo dei titoli che crollava come conseguenza della drastica flessione della domanda di beni e servizi.
La Cina, il primo Paese a essere stato colpito dall’emergenza coronavirus, tra gennaio e marzo dello scorso anno ha applicato misure di contenimento drastiche e un assiduo tracciamento dei contagi. Parallelamente a un’efficace campagna di sensibilizzazione sociale, il Governo centrale ha sostenuto le banche affinché continuassero a erogare prestiti, e i lavoratori assicurando loro uno stipendio minimo e bloccando i licenziamenti. Contenuta la prima ondata, l’economia del Dragone è tornata a crescere. Cruciale è stata la ripresa dell’export, che ha fatto il +10,4% nel 2020, spinta dall’esportazione di macchinari e materiali sanitari. Ma anche quella dei consumi interni, che sono un potenziale enorme, e che fanno gola anche alle aziende occidentali (Tesla e Bmw in primis).
Può avere senso investire in Cina?
I consumi domestici appena citati sono uno dei principali motivi per cui, oggi, può valere davvero la pena investire nell’economia cinese. Il Paese sta incrementando la produzione industriale per stimolare i propri consumatori. Ed è un dato, questo, che influenzerà positivamente il Pil cinese, se si pensa che la Cina conta una popolazione di oltre 1,5 miliardi di persone (e che i consumi stimati per il 2030 arriverebbero a toccare una quota di quasi 10mila miliardi di dollari).
Un altro punto di forza, che fa pensare a un’ulteriore crescita del Paese orientale è il suo ruolo sempre più centrale nel settore hi-tech. La Cina è all’avanguardia nel campo della robotica, dell’intelligenza artificiale e dell’informatica. E ha l’ambizioso obiettivo di levare agli USA lo scettro di prima potenza economica al mondo.
Infine, investire nel Paese del Dragone può essere conveniente grazie ai prezzi bassi dell’azionariato, dovuti a una relativamente scarsa esposizione debitoria. Proprio per questo i mercati asiatici sono generalmente poco volatili, e adatti a chi non desidera assumersi rischi troppo elevati.
Su che cosa investire in Cina
Ma quali sono le migliori opportunità per chi intende investire in Cina? Secondo gli esperti, i titoli di maggior interesse sono quelli di Classe A quotati alla Borsa di Shanghai e di Shenzen. Per acquistarli bisogna affidarsi a dei gestori, meglio se collegati a quelli locali.
Gli stranieri sono invece autorizzati ad acquistare le azioni H o red chips, di aziende private o partecipate statali quotate a Hong Kong. Sono da prendere in considerazione i titoli tecnologici, con il settore del tech che è sempre più trainato dai pagamenti online, e quelli legati alla spinta verso lo sviluppo in ottica green.
Conclusioni
Il Covid non ha arrestato la crescita economica di Pechino. Il gigante asiatico, che continuerà a evolversi, è destinato ad attirare l’interesse di investitori e gestori di fondi.