E-Glove del Gruppo Kos è un guanto comunicatore ipertecnologico per pazienti con disturbi del linguaggio: ecco come funziona
Un guanto ipertecnologico e innovativo che diventa strumento di comunicazione per chi ha difficoltà dal punto di vista del linguaggio. Si tratta di E-Glove, un progetto che nei giorni scorsi è entrato nell’importante fase della sperimentazione su un gruppo di pazienti. L’agenzia di stampa Dire (www.dire.it) ha approfondito l’argomento con il dottor Massimo Vallasciani, responsabile Tecnologie innovative applicate alla Riabilitazione del Gruppo Kos-Santo Stefano Riabilitazione.
Un guanto ipertecnologico, attualmente in fase di sperimentazione, che può servire alla riabilitazione. Di che cosa si tratta, quante persone sono state sinora arruolate e soprattutto a chi è rivolto?
“Il guanto in sé non è una tecnologia sperimentale, lo è piuttosto l’uso che ne stiamo facendo. Si tratta di uno strumento basato su dei sensori inerziali in grado di rilevare la posizione tridimensionale della parte del corpo dove vengono applicati e rilevano i movimenti del braccio, della mano e del polso attraverso un collegamento gestito da smartphone o da un tablet. In questo modo è possibile trasformare ciascun movimento in suono, il cui contenuto cambia a seconda della programmazione, che viene definita sulle necessità del singolo individuo. In questo momento del guanto comunicatore esiste la copertura del dorso della mano e del polso, ma in realtà tornerà a essere un guanto vero e proprio in quanto i sensori potranno essere applicati su tutte le dita anche in maniera modulare. La nostra scommessa è usare questo guanto non solo come protesi per la comunicazione verbale, ma stiamo verificando se l’oggetto è utile come strumento di riabilitazione. Ovvero se l’utilizzo del guanto facilita la produzione verbale in persone con lesione del sistema nervoso centrale. Questo significa che lo strumento sarebbe applicabile in tutte le persone appartenenti a ogni fascia d’età affette da problemi di lesione del cervello. In questo momento lo stiamo testando su 5 persone tra adulti e bambini affetti da disturbi dello spettro autistico”.
Da dove è nata l’idea di sviluppare E- Glove? E avete dei partner?
“E-Glove è una creazione dei ricercatori dell’Università di Camerino e alcuni di questi hanno poi dato vita a una spin-off chiamata Limix s.r.l., che è una dei nostri due partner nel progetto. Sono proprietari dell’oggetto e di diversi brevetti internazionali. E poi c’è la società Acme Lab s.r.l. di Ascoli Piceno che è una società di software e si occupa della gestione del progetto. Il partner più importante, in termini di risorse economiche, è la Regione Marche grazie a un cofinanziamento stanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale”.
L’uso dei robot e dell’Intelligenza Artificiale all’interno dei protocolli riabilitativi sicuramente costituisce la nuova frontiera di trattamento per determinate patologie. Qual è il valore dell’innovazione tecnologia in termini di esiti sul paziente? E anche i tempi di recupero sono per questo più celeri?
“La questione è controversa. Che le tecnologie avanzate siano un fattore molto importante, a diversi livelli, è chiaro ed evidente anche dal punto di vista scientifico. Tutto il mondo sta sperimentando dispositivi robotici. Grazie anche all’emergenza Covid siamo stati in grado di implementare le tecniche di teleriabilitazione e di telemedicina in generale. Oggi sono molto diffuse le tecnologie come la realtà virtuale e la realtà aumentata. Qual è l’utilità in termini di recupero? Stiamo raccogliendo le evidenze, ma sappiamo l’esercizio con i robot permette una reiterazione dell’esercizio che ha degli effetti benefici anche sulle condizioni croniche di una patologia. Le tecnologie più affascinanti rimangono quelle robotiche che possono essere delle protesi che si sostituiscono sia anatomicamente che funzionalmente ai pazienti e in molti casi li stiamo usando come device per la riabilitazione”.
Va comunque ricordato che la macchina non sostituisce il lavoro che il paziente, all’interno di un percorso riabilitativo, porta avanti con il fisioterapista o il logopedista. Ci sono altri protocolli che avete messo a punto all’interno del vostro Gruppo e che vuole brevemente raccontarci?
“Nessun robot naturalmente è in grado di fare riabilitazione da solo. Per quanto sviluppate possono essere queste soluzioni tecnologiche vanno comunque gestite. L’intervento del professionista rimane fondamentale, quello che cambia piuttosto è la qualità con cui il professionista lavora perché il robot offre delle potenzialità del tutto nuove. Il robot propone delle modalità di funzionamento ma la scelta rimane al fisioterapista o logopedista in base alle capacità funzionali del paziente e scegliendo lo strumento più utile e le funzioni più adatte per quel caso specifico. Da noi sono previsti diversi protocolli e abbiamo tecnologie sparse nelle strutture del nostro Gruppo che vanno dalla realtà virtuale ai robot per il cammino, dai robot per la stazione eretta a quelli per l’esercitazione del ‘cammino libero’. Ma possediamo anche dei robot ‘classici’ che camminano sul tapis roulant. Molta altra tecnologia si sta sviluppando per quel che riguarda la riabilitazione cognitiva. Va ricordato che i robot però ‘non sono per tutti’. Esistono dei requisiti minimi per ogni tecnologia affinché il paziente possa essere riabilitato. La valutazione va compiuta basandosi su requisiti strutturali, funzionali e cognitivi. In ogni caso è comunque richiesta la partecipazione attiva dal punto di vista riabilitativo del soggetto riabilitato”.