Tumore rettale: la chemioterapia neoadiuvante associata alla radiochemioterapia preoperatoria ha migliorato la sopravvivenza libera da malattia
La chemioterapia neoadiuvante associata alla radiochemioterapia preoperatoria, nel trattamento del tumore rettale localmente avanzato, ha migliorato la sopravvivenza libera da malattia (DFS) con una tossicità più bassa rispetto a un regime standard di radiochemioterapia preoperatoria più terapia adiuvante. È quanto emerge dallo studio randomizzato UNICANCER-PRODIGE 23, pubblicato recentemente sulla rivista Lancet Oncology.
La DFS a 3 anni è migliorata, passando dal 69%, con il trattamento standard, al 76% con un approccio combinato di chemioterapia neoadiuvante seguita da radiochemioterapia prima dell’intervento chirurgico. Inoltre, gli eventi avversi di grado 3-4 associati alla chemioterapia adiuvante si sono verificati con minore frequenza nei pazienti che hanno ricevuto il regime sperimentale.
«La sopravvivenza libera da malattia significativamente migliorata e la tossicità ridotta riscontrate nel gruppo della chemioterapia neoadiuvante, indicano che l’approccio perioperatorio è più efficace e meglio tollerato rispetto alla terapia adiuvante. Pertanto, questi risultati potrebbero cambiare la pratica clinica» concludono Thierry Conroy, dell’Institut de Cancérologie di Lorraine, e i suoi colleghi.
Le premesse
Per i pazienti con cancro rettale localmente avanzato (stadi T3, T4 o N+), l’attuale standard di cura consiste nella radiochemioterapia seguita da escissione mesorettale totale, si legge nell’introduzione. Sebbene l’approccio fornisca un buon controllo locale della malattia, le metastasi a distanza rimangono un problema.
Secondo gli autori della ricerca, la validità della terapia adiuvante dopo la radiochemioterapia preoperatoria rimane controversa, in quanto non ha mostrato un miglioramento della sopravvivenza globale (OS), anche a causa della scarsa aderenza al trattamento. Inoltre, sebbene gli studi di fase 2 relativi alla terapia neoadiuvante totale abbiano mostrato risultati promettenti, mancano dati provenienti da studi di fase 3 che potrebbero cambiare la pratica clinica.
Lo studio UNICANCER-PRODIGE-23
Per colmare questa lacuna, i ricercatori francesi hanno condotto lo studio UNICANCER-PRODIGE-23, uno studio di confronto in cui i pazienti hanno ricevuto una radiochemioterapia preoperatoria, seguita da un intervento chirurgico e da una chemioterapia adiuvante di 3 mesi nel braccio sperimentale e di 6 mesi nel braccio di controllo. Inoltre, i pazienti assegnati al braccio trattato con la chemioterapia neoadiuvante sono stati trattati con il regime FOLFIRNOX6 modificato prima della radiochemioterapia.
Lo studio UNICANCER-PRODIGE 23 è un trial di fase 3 randomizzato e controllato nel quale sono stati arruolati complessivamente 461 pazienti in 35 ospedali francesi. I pazienti erano adulti di età compresa tra 18 e 75 anni e avevano ricevuto una nuova diagnosi, confermata dalla biopsia, di adenocarcinoma rettale in stadio cT3 o cT4 M0, con performance status WHO pari a 0-1.
I pazienti sono stati assegnati secondo un rapporto di randomizzazione 1:1 al braccio sottoposto a terapia neoadiuvante totale (231 pazienti) o al braccio di controllo (230 pazienti).
Il trattamento neoadiuvante totale comprendeva: chemioterapia neoadiuvante con FOLFIRINOX (oxaliplatino 85 mg/m2, irinotecan 180 mg/m2, leucovorina 400 mg/m2 e fluorouracile 2400 mg/m2 endovena ogni 14 giorni per 6 cicli), seguita da radiochemioterapia (50 Gy per 5 settimane e capecitabina orale concomitante 800 mg/m2 per 5 giorni alla settimana), successiva escissione mesorettale totale e, infine, chemioterapia adiuvante con il regime FOLFOX6 (oxaliplatino, leucovorina e fluorouracile) modificato, somministrato per 3 mesi.
I pazienti del braccio di controllo sono stati sottoposti, invece, a un trattamento standard (radiochemioterapia neoadiuvante, chirurgia e successiva chemioterapia adiuvante per 6 mesi).
L’endpoint primario era la DFS a 3 anni valutata nella popolazione intention to treat, mentre gli endpoint secondari includevano l’OS, la sopravvivenza libera da metastasi (MFS) e la sopravvivenza cancro-specifica (CSS).
I risultati di efficacia
Dopo un follow-up mediano di circa 4 anni, i tassi di DFS a 3 anni sono risultati significativamente più alti nel braccio sperimentale rispetto a quello sottoposto al trattamento standard (76% contro 69%; HR 0,69; IC al 95% 0,49-0,97; P = 0,034), con una riduzione del 31% del rischio di ripresa di maalttia o decesso.
Benché, questo beneficio non si sia tradotto in un guadagno significativo nella sopravvivenza complessiva, né in quella cancro-specifica (OS a 3 anni 91% con la terapia neoadiuvante totale contro 88% nel braccio di controllo, con P = 0,077, e CSS a 3 anni 92% contro 89% rispettivamente), la terapia sperimentale ha fatto registrare un tasso di risposte patologiche complete significativamente più alto (P < 0,0001) e una MFS a 3 anni significativamente migliore (79% contro 72%; P = 0,017).
Regime sperimentale con minore tossicità
Per quanto riguarda la sicurezza, durante la chemioterapia neoadiuvante, gli effetti avversi acuti di grado 3/4 più frequenti sono stati la neutropenia (17%) e la diarrea (11%).
Durante la chemioradioterapia, l’evento avverso di grado 3/4 più comune è stato la linfocitopenia (28% nel gruppo sottoposto alla chemioterapia neoadiuvante contro 30% nel gruppo assegnato alla terapia standard).
Inoltre, la chemioterapia neoadiuvante è stata meglio tollerata della chemioterapia adiuvante. Infatti, nel braccio di controllo si è verificato un numero significativamente maggiore di eventi avversi di grado 3/4 associati alla chemioterapia adiuvante (79% contro 45%; P < 0,0001). La neutropenia di grado 3/4, la trombocitopenia e la linfocitopenia si sono verificate con una frequenza significativamente maggiore nei pazienti sottoposti a 6 mesi di terapia adiuvante.
In generale, gli eventi avversi non ematologici si sono verificati con maggiore frequenza nel gruppo di controllo, sia quelli di qualsiasi grado sia quelli di grado 3/4.
Siamo già nell’era del trattamento neoadiuvante totale per il cancro del retto?
In un editoriale di commento, Joanna Socha e Krzysztof Bujko, entrambi del Wojskowy Instytut Medyczny (Istituto Militare di Medicina) di Varsavia scrivono che i risultati di questo studio, insieme con quelli dello studio di fase 3 RAPIDO, avvalorano la tesi che, da un punto di vista clinico, è iniziata l’era della terapia totalmente neoadiuvante. Tuttavia, l’impatto di tale approccio sulla pratica clinica potrebbe differire nei diversi centri di cura a seconda degli standard attualmente in uso.
«Considerando i risultati dei due studi RAPIDO e UNICANCER-PRODIGE 23, l’evidenza della superiorità della chemioterapia neoadiuvante rispetto a quella adiuvante è forte» affermano i due esperti.
«Pertanto, nei centri dove la chemioterapia adiuvante è stata finora lo standard di cura, la risposta alla domanda se siamo già o no nell’era della terapia totalmente neoadiuvante per il tumore del retto è: sì, lo siamo. D’altro canto, nei centri in cui la chemioterapia adiuvante fino ad ora non è stata lo standard di cura, la risposta potrebbe essere negativa» proseguono i due esperti.
Che la terapia adiuvante possa essere evitata trova riscontro nei risultati di una metanalisi che non ha dimostrato un beneficio in termini di OS e di DFS nei pazienti trattati con la chemioterapia adiuvante rispetto all’approccio di osservazione senza trattamento.
«Prove inequivocabili in grado di modificare la pratica clinica potrebbero essere fornite dai risultati di futuri studi di fase 3 che dimostrino la conservazione dell’organo in un’alta percentuale di pazienti o una migliore sopravvivenza globale dopo un trattamento totalmente neoadiuvante» concludono i due editorialisti.
Bibliografia
T. Conroy, et al. Neoadjuvant chemotherapy with FOLFIRINOX and preoperative chemoradiotherapy for patiens with locally advanced rectal cancer (UNICANCER-PRODIGE 23): A multicenter, randomized, open-label, phase III trial. Lancet Oncol 2021; https://doi.org/10.1016/S1470-2045(21)00079-6