Dal mare il carburante delle alluvioni lampo secondo uno studio congiunto tra ricercatori Cnr, Università dell’Aquila/CETEMPS, STO CMRE e Max Plank Institute
Il ruolo del mare nella formazione delle “alluvioni lampo” (traduzione in italiano del termine “Flash Floods” usato nella letteratura scientifica) è stato evidenziato da uno studio congiunto tra ricercatori di Cnr-Ismar, Cnr-Isp, Cnr-Isac, Università dell’Aquila/CETEMPS, STO CMRE e Max Plank Institute.
Lo studio, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Scientific Reports, evidenzia il ruolo chiave che il mare ha nella formazione e nell’evoluzione di questi fenomeni: infatti, una piccola variazione nella temperatura del mare condiziona fortemente il posizionamento, l’intensità e la tempistica di queste tempeste. Inoltre lo studio dimostra come, grazie all’approccio innovativo rappresentato dai modelli accoppiati atmosfera-oceano-onde, sia possibile incrementare la capacità di previsione di questi fenomeni, rendendo opportuno l’utilizzo di questi modelli per finalità operativa non appena le risorse di calcolo lo renderanno possibile.
L’eccesso di calore di origine antropica prodotto dal 1960 al 2018 a causa dell’innalzamento del livello dei gas serra è “stipato” per oltre il 90% nei nostri oceani, che svolgono un ruolo di vero e proprio volano termico e che con la loro inerzia condizionano la distribuzione del calore sull’intero pianeta. Negli ultimi anni è apparso sempre più evidente come il calore rilasciato attraverso la superficie del mare possa modulare la dinamica dei primi strati di atmosfera, in un continuo rimpallo energetico alla base dell’evoluzione meteorologica e climatica.
Nello studio “Simulation of a flash-flood event over the Adriatic Sea with a high-resolution atmosphere–ocean–wave coupled system”, pubblicato su Scientific Report (https://www.nature.com/articles/s41598-021-88476-1), viene dimostrato come i complessi fenomeni di interazione aria-mare (attraverso flussi di calore, umidità e quantità di moto) possano avere un forte impatto su fenomeni meteorologici violenti, anche locali e di breve durata.
Partendo da simulazioni effettuate con modelli puramente atmosferici, come quelli usati normalmente per le previsioni meteorologiche, in cui la temperatura del mare non evolve nel tempo ma rimane fissa, e passando a modelli via via più complessi, in cui l’atmosfera e l’oceano sono accoppiati tra loro e con il moto ondoso, è stato possibile dimostrare un progressivo miglioramento nella simulazione di eventi di pioggia intensa, come quello disastroso verificatosi nei dintorni di Venezia nel settembre 2007.
Lo studio ha confermato come la disponibilità di valori di temperatura superficiale del mare a scala spaziale temporale dettagliata consenta di migliorare la rappresentazione dei processi oceanici, influenzando in modo determinante le dinamiche dei primi metri dell’atmosfera. Si è inoltre osservato come piccole variazioni nella velocità del vento (nell’ordine del metro al secondo) possano condizionare la formazione del sistema temporalesco. La novità dello studio consiste però nell’analizzare tutti questi fattori in modo realmente accoppiato, evidenziando quindi le distribuzioni di energia tra oceano, atmosfera e onde. Queste ultime sono il mezzo attraverso il quale il calore si rimescola all’interfaccia mare-atmosfera, modificando pertanto il vento e la circolazione marina, e riuscendo a modulare direttamente o indirettamente la distribuzione energetica in atmosfera.
Possiamo migliorare la previsione di questi rapidi e distruttivi eventi estremi? La risposta è sì; ma servirà implementare modelli accoppiati atmosfera-oceano-onde per finalità operative, investendo adeguate risorse di calcolo.
Lo studio dimostra quindi come questi avanzati strumenti modellistici, supportati da tecniche di “data assimilation”, possono incrementare la possibilità di prevedere correttamente gli eventi intensi in prossimità delle coste, in un contesto di cambiamento climatico in cui anche le “alluvioni lampo” stanno drasticamente aumentando.