Secondo uno studio italiano la fenotipizzazione profonda, l’identificazione precoce dei fattori associati a una buona risposta ai triptani, può essere una nuova strategia per l’emicrania
La fenotipizzazione profonda, ovvero l’identificazione precoce dei fattori associati a una buona risposta ai triptani (quali dolore unilaterale, presenza di fonobia, presenza di uno o più sintomi autonomici cranici [CAS] e premonitori) può offrire potenzialmente una strategia più su misura per il trattamento dell’emicrania acuta. È quanto emerge da uno studio condotto in Italia e pubblicato su “Cephalalgia”.
«I triptani, farmaci sintomatici specifici per l’emicrania, non sono efficaci in una quota di pazienti o in tutti gli attacchi; da qui l’importanza di identificare i predittori di risposta» premettono gli autori, coordinati da Cristina Tassorelli, Headache Science Center, Fondazione IRCCS Mondino, e Dipartimento di Scienze cerebrali e comportamentali, Università di Pavia. L’obiettivo dei ricercatori era quello di indagare l’associazione tra l’efficacia di frovatriptan orale 2,5 mg e le caratteristiche cliniche degli attacchi di emicrania.
Segni e sintomi riportati nel diario dei pazienti
Tra ottobre 2012 e marzo 2014 sono stati arruolati consecutivamente 29 pazienti affetti da emicrania senza aura presso il Centro Cefalea dell’Istituto “Mondino” di Pavia. I partecipanti avevano un’età compresa tra i 18 e i 65 anni ed erano stati affetti per almeno 1 anno da cefalea che soddisfaceva i criteri ICHD-2 per emicrania senza aura. I partecipanti dovevano avere avere una frequenza di attacco mensile compresa tra 1 e 5.
«A ogni paziente è stato dato un diario e gli è stato chiesto di registrare prospetticamente le caratteristiche di tre attacchi consecutivi di emicrania durante l’uso di frovatriptan 2,5 mg» spiegano i ricercatori. Degli attacchi di emicrania sono state registrate le seguenti caratteristiche:
- posizione (unilaterale)
- qualità (pulsante) e intensità di dolore (su una scala di quattro punti compresa da 3 = forte a 0 = assente) di dolore
- presenza dei seguenti sintomi: nausea e/o vomito; fotofobia, fonobia, osmofobia, allodinia cranica
- sintomi autonomici cranici (CAS), tra cui edema palpebrale, sudorazione della fronte e del viso, iniezione congiuntivale e/o lacrimazione, congestione nasale e/o rinorrea, miosi e/o ptosi;
- altri sintomi premonitori come stanchezza, cambiamenti di umore, rigidità del collo, sete, problemi di concentrazione
- tempo di assunzione di frovatriptan dall’insorgenza del dolore.
«L’intensità del dolore 2 ore dopo l’assunzione di triptani e la durata dell’attacco, contrassegnata dalla risoluzione dei sintomi dell’emicrania, sono state registrate nel diario» specificano Tassorelli e colleghi.
«L’efficacia del frovatriptan è stata valutata come risoluzione del dolore entro 2 ore dall’uso del farmaco. In caso di persistenza del dolore in questo momento, ai pazienti è stato permesso di usare un analgesico come farmaco di salvataggio» scrivono.
A tutti i pazienti è stato chiesto di tornare al Centro cefalea quando erano riusciti a registrare tre attacchi consecutivi o al più tardi dopo 3 mesi dalla visita iniziale. Per esaminare la relazione tra le variabili fenotipiche dell’attacco e la risposta indolore al frovatriptan, è stato usato un singolo approccio di equazioni di stima generalizzate con una matrice di correlazione non strutturata, scrivono gli autori.
Caratteristiche demografiche ed indicatori clinici
Sono stati arruolati 39 pazienti; 10 pazienti non sono riusciti a registrare i dati per tre attacchi e sono stati quindi esclusi dalla valutazione dei dati. I restanti 29 hanno registrato con successo le caratteristiche di tre attacchi consecutivi di emicrania durante l’utilizzo di frovatriptan 2,5 mg, fornendo dati per un totale di 87 attacchi. I dati di due attacchi su 87 registrati erano incompleti, quindi il set di dati finale includeva 85 attacchi.
Tra i pazienti inclusi, l’83% erano di genere femminile (25/29), l’età media +/- deviazione standard era di 32,9 +/- 8,3 anni. L’età media all’inizio dell’emicrania era di 21 +/- 11 anni, la durata della malattia era di 16,0 +/- 9,5 anni. La frequenza degli attacchi di emicrania senza aura al mese era 3 (mediana, IQR: 2–4).
«I partecipanti hanno fornito dati completi per 85 attacchi. Trenta di questi pazienti (34%) hanno riferito di non avere dolore 2 ore dopo l’assunzione di frovatriptan 2,5 mg» riportano Tassorelli e coautori. «Dolore unilaterale, presenza di fonobia, presenza di uno o più CAS e presenza di uno o più sintomi premonitori erano ciascuno associato all’essere indolore a 2 ore» specificano.
Strategia fattibile per sviluppare approcci personalizzati
«Il nostro studio suggerisce che la fenotipizzazione profonda come strategia per sviluppare approcci personalizzati al trattamento acuto dell’emicrania è perseguibile» affermano gli autori. Utilizzando la risposta indolore a 2 ore per frovatriptan 2,5 mg come endpoint clinico, il dolore unilaterale, la presenza di fonobia, la presenza di uno o più CAS e di uno o più sintomi premonitori erano ciascuno associati a quell’esito, specificano.
«I pazienti e i medici vogliono modi migliori per associare i loro trattamenti ai risultati e sono in gran parte insoddisfatti delle attuali terapie di prescrizione. Finora, alcuni studi hanno identificato caratteristiche di emicrania associate a (scarsa) efficacia dei triptani» affermano i ricercatori.
«Tuttavia, alcune di queste caratteristiche – forte dolore, nausea, vomito – sono tipiche dell’attacco ben sviluppato quando i triptani hanno meno probabilità di essere efficaci» proseguono. «In effetti, la raccolta di una serie più completa di caratteristiche dell’attacco di emicrania, e la successiva analisi rispetto alla risposta a frovatriptan, suggeriscono che una migliore previsione dei risultati è una questione verificabile».
Dalla fisiopatologia dei disturbi il razionale dell’utilità clinica del metodo
«Abbiamo anche scoperto che la presenza di CAS e il dolore unilaterale sono predittori di una buona risposta a un triptano. La presenza di CAS e dolore unilaterale può rappresentare un epifenomeno di intensa attivazione afferente periferica trigeminale, che può reclutare recettori neurovascolari periferici 5-HT1B/1D» sottolineano Tassorelli e colleghi.
«Per quanto riguarda la presenza di sintomi premonitori, suggeriscono un coinvolgimento dell’ipotalamo, che è in grado di facilitare il processo dell’emicrania con conseguente disinibizione della modulazione discendente dell’attività trigeminale. Forse questa attivazione attraverso meccanismi ipotalamici è importante in termini di effetto di un triptano» aggiungono.
Tutte queste caratteristiche si manifestano nella fase iniziale dell’emicrania, quando l’attacco è più curabile dai triptani. I risultati supportano l’esplorazione in studi più grandi che utilizzino la fenotipizzazione profonda dell’attacco per ottimizzare il trattamento acuto dell’emicrania, concludono gli autori.
Riferimenti
Viana M, Sances G, Terrazzino S, Zecca C, Goadsby PJ, Tassorelli C. Predicting the response to a triptan in migraine using deep attack phenotyping: A feasibility study. Cephalalgia. 2021;41(2):197-202. doi: 10.1177/0333102420959786.