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Insufficienza cardiaca: benefici da supporto nutrizionale su misura

Statine, ezetimibe e anti-PCSK9: un metodo per fornire ai pazienti con sindrome coronarica acuta una terapia ottimizzata in grado di ridurre i tassi di mortalità e morbilità

Il supporto nutrizionale personalizzato per gli adulti ricoverati con insufficienza cardiaca cronica e considerati ad alto rischio nutrizionale ha ridotto il rischio di morte

Il supporto nutrizionale personalizzato per gli adulti ricoverati con insufficienza cardiaca (HF) cronica e considerati ad alto rischio nutrizionale ha ridotto il rischio di morte o di subire eventi cardiovascolari (CV) avversi rispetto al cibo ospedaliero standard. È quanto emerge dallo studio Swiss EFFORT, i cui risultati sono stati pubblicati sul “Journal of the American College of Cardiology”.

Tale studio si è focalizzato su pazienti con HF cronica e alto rischio di malnutrizione definito dal basso indice di massa corporea (BMI), dalla perdita di peso e dal basso apporto alimentare all’ammissione in ospedale.

Significativo miglioramento della mortalità dopo screening dietologico 
«Questo gruppo ad alto rischio di pazienti con HF cronica ha mostrato un significativo miglioramento della mortalità in 30 e 180 giorni, così come altri esiti clinici, quando sono stati offerti interventi di supporto nutrizionale individualizzati ai pazienti» scrivono gli autori, guidati da Philipp Schuetz, del Kantonsspital Aarau (Svizzera).

«Mentre il monitoraggio dello stato nutrizionale dovrebbe essere effettuato anche in ambienti ambulatoriali da medici di medicina generale, lo screening della malnutrizione al momento del ricovero in ospedale può aiutare a identificare i pazienti ad alto rischio con un elevato pericolo di deterioramento dello stato nutrizionale durante la degenza ospedaliera che beneficeranno della valutazione e del trattamento nutrizionale» affermanto Schuetz e colleghi.

Non va considerata solo la restrizione dell’assunzione di sale
I riscontri si basano su un’analisi secondaria prespecificata dei risultati in 645 pazienti (età mediana, 78,8 anni, 52% uomini) ricoverati con HF cronica che avevano partecipato allo studio EFFORT in aperto. Un terzo dei pazienti è stato ricoverato in ospedale per HF acuta scompensata e due terzi hanno avuavevano una HF cronica e altre malattie mediche acute che richiedevano il ricovero in ospedale.

Tutti i pazienti erano a rischio di malnutrizione sulla base di un punteggio Nutritional Risk Screening (NRS) pari o superiore a 3. I pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1 al supporto nutrizionale individualizzato per raggiungere obiettivi di energia, proteine e micronutrienti o il consueto cibo ospedaliero (gruppo di controllo).

Entro 30 giorni, 27 pazienti su 321 (8,4%) che riceveva supporto nutrizionale era deceduto rispetto a 48 pazienti su 324 (14,8%) nel gruppo di controllo (OR aggiustato: 0,44; IC al 95%, 0,26 – 0,75; P = 0,002).I pazienti ad alto rischio nutrizionale (NRS > 4 punti) hanno mostrato il massimo beneficio dal supporto nutrizionale.

Rispetto ai pazienti con punteggi di rischio nutrizionale moderati (punteggio NRS da 3 a 4), quelli con un alto rischio nutrizionale (NRS > 4) hanno avuto un altamente significativo aumento di rischio di mortalità del 65% in 180 giorni.

Pericoli da pregresso basso apporto alimentare e scarso intake proteico
La componente individuale dell’NRS con la più forte associazione con la mortalità era il basso apporto alimentare nella settimana precedente il ricovero in ospedale. I pazienti che hanno ricevuto supporto nutrizionale in ospedale hanno anche avuto un rischio inferiore per i principali eventi CV a 30 giorni (17,4% contro 26,9%; OR, 0,50; IC al 95%, 0,34 -0,75; P = 0,001).

«Storicamente, cardiologi e internisti che si prendono cura dei pazienti con HF si sono concentrati principalmente su diete restrittive di sale per ridurre il volume del sangue e quindi ottimizzare la funzione cardiaca» fanno notare Schuetz e coautori. «Tuttavia, non è stato dimostrato che la riduzione dell’assunzione di sale migliori efficacemente l’esito clinico, ma potrebbe, al contrario, aumentare il rischio di malnutrizione poiché le diete a basso contenuto di sale spesso non sono gradevoli al palato».

«I nostri dati suggeriscono che dovremmo spostare la nostra attenzione dalle diete restrittive del sale alle diete ad alto contenuto proteico per coprire gli obiettivi nutrizionali individuali in questo gruppo di pazienti ad alto rischio che includendo lo screening, la valutazione e il supporto nutrizionale da parte dei dietologi» sottolineano gli autori.

Poche indicazioni sul tema nelle raccomandazioni ACC 2021
C’è stata «relativamente poca attenzione» al ruolo della dieta nell’HF se non raccomandare una ridotta assunzione di sale, conferma in un editoriale collegato Sheldon Gottlieb, della Johns Hopkins School of Medicine di Baltimora.

Infatti, nelle raccomandazioni di consenso degli esperti dell’American College of Cardiology del 2021 per ottimizzare il trattamento dell’HF, alla dieta e all’esercizio fisico sono dedicate circa cinque parole e non c’è menzione della valutazione nutrizionale da parte di un dietologo, sottolinea.

«Questo studio aggiunge un’altra tessera all’immagine a mosaico ancora frammentaria del paziente con HF a rischio nutrizionale che potrebbe beneficiare del supporto dietetico» scrive Gottlieb. «La “buona assistenza medica” impone che tutti i pazienti ricoverati meritino una valutazione nutrizionale standardizzata. Resta  una sfida: come determinare quale paziente con HF a rischio nutrizionale beneficerà della terapia nutrizionale medica».

Riferimenti

Hersberger L, Dietz A, Bürgler H, et al. Individualized Nutritional Support for Hospitalized Patients With Chronic Heart Failure. J Am Coll Cardiol. 2021;77(18):2307-2319. doi: 10.1016/j.jacc.2021.03.232. 
leggi

Gottlieb SH. Food and Pharma: Linking 2 Silos of Heart Failure Research and Therapy. J Am Coll Cardiol. 2021;77(18):2320-2322. doi: 10.1016/j.jacc.2021.03.311.

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