Carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico: tremelimumab aggiunto a durvalumab e alla chemio migliora la sopravvivenza globale in prima linea
La combinazione dell’immunoterapia con l’anti-PD-L1 durvalumab più l’anti-CTLA-4 tremelimumab e la chemioterapia è in grado di offrire un beneficio di sopravvivenza globale (OS) statisticamente significativo e clinicamente rilevante rispetto alla sola chemioterapia nel trattamento di prima linea dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio IV (metastatico). Lo evidenziano i risultati dell’analisi finale dello studio di fase 3 POSEIDON, annunciati da AstraZeneca in una nota.
Durvalumab è l’attuale standard di cura per il NSCLC non resecabile in stadio III dopo la chemioradioterapia. Attualmente, è l’unica immunoterapia approvata nel setting dell’intento curativo di questa neoplasia; inoltre, è indicato per il trattamento del carcinoma polmonare a piccole cellule in stadio esteso.
«Siamo lieti di vedere che lo studio di fase 3 POSEIDON ha dimostrato, per la prima volta, un beneficio significativo e clinicamente rilevante in termini di sopravvivenza globale per durvalumab più tremelimumab in aggiunta alla chemioterapia nel carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico e siamo particolarmente soddisfatti dal profilo di sicurezza» ha dichiarato Dave Fredrickson, vicepresidente esecutivo della business unit Oncologia di AstraZeneca: «Stiamo assistendo a un incoraggiante ingresso di nuove combinazioni in questo setting e crediamo che questo nuovo approccio aggiungerà un’ulteriore opzione per i pazienti per i quali vi è ancora un forte bisogno medico non soddisfatto» ha aggiunto Fredrickson, anticipando che l’azienda intende ora sottoporre la domanda di approvazione di questa terapia con le autorità regolatorie.
Lo studio POSEIDON
POSEIDON (NCT03164616) è uno studio multicentrico globale, randomizzato, in aperto, nel quale si è confrontata l’efficacia di o durvalumab più tremelimumab e la chemioterapia a base di platino (braccio 1) verso durvalumab più la chemioterapia (braccio 2) verso la sola chemioterapia (braccio 3) come trattamento di prima linea in pazienti con NSCLC metastatico, senza mutazioni attivanti dell’EGFR né fusioni di ALK.
Sono stati arruolati in tutto 1013 pazienti, che potevano presentare istologia squamosa o non squamosa e dei quali si doveva conoscere il grado di espressione di PD-L1. Inoltre, i pazienti dovevano avere un performance status WHO/ECOG pari a 0 o 1.
Nei bracci sperimentali (1 e 2), i pazienti sono stati trattati con una dose fissa di durvalumab pari a 1500 mg con un massimo di quattro cicli di chemioterapia una volta ogni 3 settimane o durvalumab e tremelimumab 75 mg più la chemioterapia, seguiti da un trattamento di mantenimento con durvalumab, o durvalumab e una dose di tremelimumab con un programma di dosaggio una volta ogni 4 settimane. Il braccio di controllo permetteva fino a sei cicli di chemioterapia. Il trattamento di mantenimento con pemetrexed era consentito in tutti i bracci nei pazienti con malattia non squamosa se somministrato durante la fase di induzione.
Gli outcome primari dello studio includevano l’OS fino a 3 anni dopo la randomizzazione e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) fino a 4 anni dopo la randomizzazione, mentre fra gli outcome secondari vi erano il tasso di risposta obiettiva (ORR), la durata della risposta (DOR), il tempo intercorso tra la randomizzazione e la seconda progressione, la quota di pazienti vivi e liberi da progressione a 12 mesi dalla randomizzazione, la migliore OR, la farmacocinetica, l’immunogenicità, la qualità della vita correlata alla salute, la sicurezza e la tollerabilità.
Miglioramento anche della PFS
Un’analisi precedente dello studio già riportata nel 2019 ha evidenziato che lo studio ha centrato anche il secondo endpoint primario, in quanto la tripletta ha dimostrato di offrire un miglioramento statisticamente significativo della PFS rispetto alla chemioterapia.
Profilo di sicurezza senza sorprese
Inoltre, ogni combinazione ha mostrato un profilo di sicurezza accettabile e nella nuova analisi non sono emersi segnali nuovi inerenti alla sicurezza. La combinazione dei due immunoterapici con la chemioterapia ha mostrato un profilo di sicurezza ampiamente simile a quello della combinazione durvalumab più chemioterapia, a sua volta risultato coerente con il profilo di sicurezza già noto di durvalumab.
Inoltre, l’utilizzo della tripletta non ha portato a un aumento del tasso di interruzioni del trattamento.
Dati più dettagliati dello studio POSEIDON saranno ora presentati in uno dei prossimi congressi di oncologia e saranno condivisi con le autorità regolatorie.