Un libro, un sito e una mostra per gli scatti di Luigi Ghirri nell’azienda Marazzi: il grande fotografo emiliano aveva realizzato negli anni Settanta una serie di scatti per la fabbrica di ceramiche
Luigi Ghirri (1943) è nato a Scandiano in provincia di Reggio Emilia ma a tre anni si trasferisce a pochi chilometri di distanza, negli spazi del Collegio San Carlo di Sassuolo, nella frazione di Braida, un grande edificio neoclassico adattato ad abitazione per gli sfollati. Dal Collegio, ogni mattina, la maggior parte delle donne e degli uomini prende la bici e va a lavorare nelle fabbriche di ceramica vicine. Una di queste era la Marazzi, fondata a Sassuolo nel 1935 da Filippo Marazzi. In questo territorio tra Modena e Reggio Emilia, dove il fotografo fa sempre ritorno e che vede la nascita di tanti dei suoi progetti seminali, Luigi Ghirri incontra Marazzi per la prima volta.
È il 1975 quando Ghirri varca le soglie dell’azienda: è in una fase di crescita e sperimentazione che lo porterà nel 1979 alla prima grande mostra personale a Parma. Marazzi è un’azienda leader nel settore della ceramica grazie al brevetto della monocottura, ha aperto filiali in Francia e Spagna, fa disegnare le sue piastrelle da artisti e stilisti e di lì a poco inaugurerà un laboratorio di ricerca, il Crogiolo, in cui artisti, designer, fotografi, architetti sono liberi di sperimentare. In questo contesto la poetica sensibile del fotografo e l’attitudine sperimentale dell’azienda si incontrano e danno vita ai Portfolio Marazzi, un progetto di ricerca fotografica in cui Ghirri coinvolge i fotografi John Batho, Cuchi White, Charles Traub per interpretare i nuovi brevetti e collezioni di Marazzi, e in cui la ceramica è letta come superficie e spazio mentale, possibilità infinita di composizione, luce e colore.
“Trasformare la materia attraverso la forma, la luce e il colore per renderla viva: questo per Marazzi è fare ceramica – così Filippo Marazzi presentava il lavoro di ricerca della Marazzi e di Ghirri, spiega la Dire (www.dire.it) -. Non sorprende che l’occhio attento di un grande fotografo come Luigi Ghirri abbia colto con esattezza l’espressione di questa realtà e l’abbia interpretata secondo la propria personale lettura”. Le molte immagini create da Ghirri per Marazzi sono state conservate da allora nell’archivio dell’azienda: un corpus di opere quasi totalmente inedito di foto e stampe in edizione limitata per lo più mai esposte o pubblicate, se non per il nucleo scelto per Foto/Industria 2019, a cura di Francesco Zanot, la Biennale dedicata alla fotografia della Fondazione Mast. Un patrimonio consistente che oggi, grazie all’impegno di Marazzi e alla collaborazione con l’Archivio Eredi Luigi Ghirri, è al centro di un’importante operazione di valorizzazione: la condivisione di un’esperienza culturale unica che aggiunge un tassello importante alla conoscenza dell’opera e della ricerca di un maestro assoluto della fotografia italiana.
Primo elemento di questa operazione è ‘Luigi Ghirri. The Marazzi Years 1975-1985‘, un prezioso volume non destinato alla vendita che raccoglie una selezione di 30 fotografie realizzate dall’artista nel corso dei dieci anni di sodalizio con l’azienda, accompagnate da testi dello scrittore Cosimo Bizzarri e del critico fotografico e curatore Francesco Zanot. Questa stessa selezione è anche il primo nucleo di opere presentate all’interno del sito dedicato, creato per rendere accessibile a tutti gli estimatori di Ghirri e al grande pubblico questo patrimonio: il sito sarà progressivamente arricchito con apparati, testi e informazioni sulle iniziative che verranno organizzate nel tempo. Infine, le immagini saranno protagoniste di un progetto espositivo su scala europea che ha il suo simbolico inizio con il piccolo focus sull’opera simbolo di questa operazione, ospitata nelle sale dei Musei Civici di Reggio Emilia fino al 4 luglio 2021 nell’ambito di Fotografia europea.
“Essere riusciti a creare un solido e appassionato sodalizio con un artista così sensibile, peculiare, attento alla materia come Luigi Ghirri è una ragione di orgoglio per tutta l’azienda– sottolinea l’ad di Marazzi Mauro Vandini– Mi fa piacere che in qualche modo questo sodalizio continui e sia oggi portato alla conoscenza di tutti gli amanti della fotografia e della creatività. Ringrazio soprattutto l’Archivio e Adele Ghirri per il prezioso supporto ricevuto per questo progetto”.
Nelle fotografie realizzate in quegli anni per Marazzi, Ghirri guarda appunto alla piastrella in modo nuovo. A differenza dei fotografi commerciali, si interessa profondamente al soggetto e lo interpreta liberamente: la piastrella diventa sfondo per una rosa, superficie su cui posare due pastelli, palcoscenico in miniatura per un pianoforte. “La ceramica- scrive Luigi Ghirri a proposito del suo lavoro- ha una storia che si perde nella notte dei tempi. È sempre stata un ‘oggetto’ su cui si vengono a posare altri oggetti: i mobili, i gesti, le immagini, le ombre delle persone che abitano quegli spazi. Realizzando queste immagini, ho ripensato a tutto questo e ho cercato di ricostruire, con l’aiuto di superfici di diversi colori, nella sovrapposizione degli oggetti e delle immagini, uno spazio che, invece di essere lo spazio fisico e misurabile di una stanza, fosse l’idea dello spazio mentale di un momento, di una sovrapposizione che può prodursi o si produce, in una delle numerose stanze riscoperte grazie a queste superfici. Questo lavoro, al di là di altri significati, è la ricostruzione di alcune stanze della mia memoria”.