Dolore cronico da osteoartrosi: nuovo studio di esperti italiani sull’uso dei FANS, i farmaci antinfiammatori non steroidei
L’osteoartrosi (OA) è una delle principali cause di disabilità tra gli anziani in tutto il mondo. Obiettivi del trattamento servono ad alleviare il dolore infiammatorio e migliorare la funzione fisica attraverso interventi non farmacologici e farmacologici. Come andrebbe scelta la terapia a base di antinfiammatori non steroidei? A questa domanda hanno cercato di rispondere degli esperti italiani di dolore in una revisione pubblicata su Pain and Therapy.
I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono consigliati come terapia di prima linea. Tuttavia, la selezione è messa in discussione dall’età del paziente, dalle comorbidità, dalla polifarmacia e dal rapporto rischio/beneficio del farmaco, che insieme influenzano il rischio di eventi avversi cardiovascolari (CV), gastrointestinali (GI) e renali (EA).
Mentre il profilo di efficacia dei vari FANS è delineato, le differenze nel loro profilo di sicurezza non sono semplici.
Una recente revisione narrativa di dati presenti in letteratura fornisce indicazioni pratiche da parte di un gruppo multidisciplinare di esperti italiani per medici generici e specialisti che gestiscono pazienti affetti da OA con dolore infiammatorio cronico.
L’obiettivo, sottolineano gli autori, è massimizzare l’efficacia della terapia riducendo al contempo gli sfavorevoli effetti causati da un uso inappropriato di FANS.
Innanzitutto, gli esperti definisco il dolore cronico e i vari tipi di dolore cronico. Il termine “cronico” si riferisce a un dolore persistente nel tempo (secondo l’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore IASP), che si ripresenta per almeno 3 mesi ma non fornisce dettagli sul fatto che gli stimoli persistono o se intervengono altri meccanismi patogenetici.
Certamente, la persistenza del dolore influisce sulla vita dei pazienti e complica il loro stato clinico. Per alcuni ricercatori, il termine “cronico” implica il coinvolgimento del sistema nervoso centrale, dove si sviluppano meccanismi patogenetici in grado di mantenere la cronicità anche in assenza di stimoli periferici. Altri identificano il termine “cronico” con meccanismi neuronali tipici del dolore neuropatico e fare riferimento ad esso come a un dolore misto o di tipo neuropatico.
Ci sono disturbi degenerativi e neurologici caratterizzati da lesioni croniche e in cui il dolore è cronicamente indotto (es. fibromialgia, OA, artrite reumatoide ecc.). Molte condizioni sono accompagnate da episodi di dolore di persistenza variabile che interessa parti distinte del corpo nel tempo. Infine, il dolore potrebbe essere definito cronico quando non trattato efficacemente o se correlato a malattie non diagnosticate.
La lunga revisione si concentra poi su aspetti prima legati alla diagnosi e quindi al work out sul paziente e poi ai possibili interventi secondo il seguente schema:
(1) La valutazione del paziente: indagare l’origine, la durata e le componenti del dolore insieme a possibili fattori di rischio per eventi avversi CV, GI e renali;
(2) Gli interventi non farmacologici: il fisiatra fornisce un approccio centrato sulla persona, approccio olistico che tiene conto di tutti gli aspetti;
(3) Gli interventi farmacologici: il profilo del paziente e le proprietà farmacologiche dei farmaci influenzano la selezione dei FANS, quali farmaci devono essere usati in combinazione o sono da evitare, formula e durata della terapia;
(4) I punti di vista del farmacista, medico generico e del terapista del dolore;
(5) La sicurezza dei FANS: l’individuo e il profilo di sicurezza del farmaco sono i maggiori determinanti di rischio CV, GI e renale; tenere conto possibili interazioni farmaco-farmaco;
(6) rivalutazione periodica della risposta e dell’aderenza al trattamento, utilizzando scale per valutare il dolore e la funzione.
Vengono anche elencati dei consigli pratici come evitare l’uso di paracetamolo in caso di dolore infiammatorio; usare i FANS per brevi trattamenti e alla dose più bassa che garantisca l’effetto sull’infiammazione e il miglioramento della funzione fisica; definire la durata della terapia in base a profilo del paziente ed evitare l’ uso on-demand di FANS: in caso di dolore da infiammazione, la terapia deve essere somministrata per almeno 10 giorni per ottenere l’analgesia e per 3 settimane per ottenere il pieno effetto antinfiammatorio; è possibile combinare i FANS con analgesici centrali come il paracetamolo e oppioidi; evitare la combinazione di FANS con steroidi; considerare le formulazioni che si basano su uno o poche somministrazioni per migliorare l’aderenza.
Per quanto riguarda la sicurezza, gli autori evidenziano che il principale determinante del rischio di eventi avversi è il rischio di base individuale (in caso di alto rischio, parametri specifici dovrebbero essere monitorato durante la terapia) e il profilo di sicurezza del farmaco.
Devono essere prese in considerazione le possibili interazioni farmaco-farmaco; per limitare il rischio CV, l’unica indicazione è rispettare i dosaggi consigliati e la durata e, possibilmente, eseguire cicli di terapia con interruzioni periodiche.
L’utilizzo di ASA limita la scelta dei FANS; il danno gastrointestinale indotto da FANS può essere ridotto in modo significativo mediante la somministrazione di inibitori di pompa in presenza di particolari fattori di rischio.
I FANS hanno effetti molto modesti su individui con reni sani e/o giovani e sono generalmente ben tollerati in soggetti con funzionalità renale normale.
Gli autori consigliano di adattare il trattamento alle esigenze individuali, mantenendolo il più breve tempo possibile ed eseguire il monitoraggio dei parametri chiave della funzionalità renale in pazienti anziani o soggetti con malattia renale nota, ridotta funzionalità renale o condizioni ad alto rischio, tra cui nefropatia diabetica o cardio-renale sindromi.
Riferimenti
Alberto Magni et al., Management of Osteoarthritis: Expert Opinion on NSAIDs Pain Ther . 2021 Apr 19. doi: 10.1007/s40122-021-00260-1. Online ahead of print.
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