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Giornata Mondiale del Rifugiato: in Myanmar è allarme

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Giornata Mondiale del Rifugiato: il colpo di stato dei militari dell’1 febbraio ha costretto almeno 200.000 persone a lasciare le proprie case in Myanmar

La Giornata mondiale del rifugiato che si celebra domenica tocca anche il tema degli sfollati interni e dei profughi all’estero del Myanmar: secondo Indrika Ratwatte, direttrice regionale della sezione Asia e Pacifico dell’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), il colpo di stato dei militari dell’1 febbraio ha costretto almeno 200.000 persone a lasciare le proprie case. La maggior parte, spiega la Dire (www.dire.it), proviene dalle regioni di Kayah e di Kayin, dove il golpe dell’esercito ha riacceso il conflitto tra i militari e le milizie interne, ma i profughi provengono anche da dalle regioni dello Shan e del Kachin.

RIFUGIATI, PER L’EX BIRMANIA NUMERI DA RECORD

Più in generale, l’Unhcr avverte che il Myanmar è tra i primi cinque Paesi al mondo per rifugiati: 1,1 milioni, di cui 680.000 della comunità rohingya, attualmente costretti nei sovraffollati campi profughi di Cox’s Bazar, nel vicino Bangladesh. Un quadro complesso, peggiorato dalla crisi economica innescata dalla pandemia e poi da scioperi e boicottaggi. Persino la campagna vaccinale anti-Covid gestita dal ministero della Sanità della giunta è naufragata, costringendo le autorità a consentire i vaccini a chiunque si presenti nei punti di distribuzione, pur di non far scadere le dosi. In tanti nel Paese vogliono che i militari lascino il potere, ripristinando il governo frutto delle elezioni di fine 2020, la Lega nazionale per la democrazia (Nld).

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IL MISTERO SULLA DETENZIONE DI SUU KYI

Per questo partito non sono tempi facili: vari leader sono finiti agli arresti tra cui “la madre della nazione”, come molti birmani la chiamano, la premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Che proprio oggi compie 76 anni, 15 dei quali già trascorsi agli arresti domiciliari per la sua opposizione alla giunta militare. Nel giorno del golpe guidato dal generale Min Aung Hlaing, Suu Kyi è stata tra le prime ad essere arrestata. In settimana è iniziato il processo a suo carico a porte chiuse, nella capitale Naypyidaw, nel corso del quale l’accusa le ha contestato i reati di “istigazione ai disordini” e “violazione delle norme anti-Covid”. Sono solo alcuni tra quelli citati nelle varie inchieste aperte a suo carico dalla magistratura militare. Organi della stampa internazionale concordanti confermano che neanche gli avvocati di Suu Kyi sanno dove la leader della Lega nazionale per la democrazia sia detenuta e che in aula hanno avuto solo pochi minuti per concordare la linea difensiva.

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