Gli anticolinergici possono peggiorare la funzione cognitiva nei pazienti con schizofrenia, secondo i dati di una nuova ricerca
L’onere anticolinergico determinato dai farmaci antipsicotici, antidepressivi e altri agenti psicotropi ha un effetto cumulativo sul peggioramento della funzione cognitiva nei pazienti con schizofrenia, secondo una nuova ricerca pubblicata online su “The American Journal of Psychiatry”.
«Il legame tra l’uso a lungo termine di farmaci anticolinergici e il deterioramento cognitivo è ben noto e in aumento» affermano gli autori dello studio, guidati dal ricercatore principale, Yash B. Joshi, del Dipartimento di Psichiatria della University of California San Diego School of Medicine. «Sebbene questa associazione sia rilevante per tutti, è particolarmente importante per coloro che convivono con la schizofrenia, i quali spesso lottano con le difficoltà cognitive conferite dalla malattia stessa» specificano.
«La salute del cervello nella schizofrenia è determinata da margini ristretti e anche piccoli effetti negativi sul funzionamento cognitivo attraverso il carico di farmaci anticolinergici possono avere grande impatto sulla vita dei pazienti» aggiungono gli autori.
Valutazioni effettuate mediante la scala ABC e i domini PCNB
Joshi e colleghi hanno deciso di caratterizzare in modo completo come il carico cumulativo anticolinergico di diverse classi di farmaci influenzi la cognizione nei pazienti con schizofrenia. Hanno valutato le cartelle cliniche, analizzando tutti i farmaci prescritti, di 1.120 soggetti adulti con una diagnosi di schizofrenia o disturbo schizoaffettivo.
Per ogni partecipante, i farmaci prescritti sono stati classificati e riuniti utilizzando una scala di carico cognitivo anticolinergico (ACB) modificata. Il funzionamento cognitivo è stato valutato in base alle prestazioni sui domini della Penn Computerized Neurocognitive Battery (PCNB).
I ricercatori hanno scoperto che il 63% dei partecipanti aveva un punteggio ACB di almeno 3, un dato definito «sorprendente» dal gruppo di Joshi, dato che studi precedenti avevano dimostrato che un punteggio ACB di 3 in un adulto sano e più anziano è associato a disfunzione cognitiva e un aumento del 50% del rischio di sviluppare demenza.
Circa un quarto dei partecipanti aveva un punteggio ACB di 6 o superiore. Tuttavia, questi alti punteggi ACB non sono difficili da raggiungere nelle cure psichiatriche di routine, fanno notare i ricercatori. Per esempio, un paziente che assume olanzapina ogni giorno per alleviare i sintomi della psicosi potrebbe avere un punteggio ACB di 3; se venisse aggiunta idrossizina per ansia o insonnia, il punteggio ACB del paziente salirebbe a 6, spiegano gli autori.
Se possibile, ridurre il carico cumulativo della polifarmacia
Gli antipsicotici avevano contribuito per più della metà al carico anticolinergico, mentre gli anticolinergici tradizionali – antidepressivi, stabilizzatori dell’umore e benzodiazepine – rappresentavano il resto. «È facile anche per i medici ben intenzionati contribuire inavvertitamente al carico di farmaci anticolinergici attraverso cure di routine e appropriate. La scoperta unica della nostra ricerca è che quest’onere proviene da farmaci ai quali di solito non pensiamo come tipici agenti anticolinergici» sottolineano i ricercatori.
L’onere farmacologico anticolinergico era significativamente associato a decadimento generalizzato del funzionamento cognitivo in tutti i domini cognitivi del PCNB con entità comparabile e dopo aver controllato per molteplici dati forniti per procura (proxy) su funzionamento o gravità della malattia.
Un maggiore carico di farmaci anticolinergici era associato a peggiori prestazioni cognitive. Le medie cognitive globali PCNB per carichi anticolinergici nulli, bassi, medi, alti e molto elevati erano, rispettivamente (in valori z), -0,51, –0,70, –0,85, –0,96 e –1,15.
I risultati, scrivono gli autori, suggeriscono che «il carico cumulativo totale anticolinergico – piuttosto che un onere anticolinergico attribuibile a una specifica classe di farmaci antipsicotici o psicotropi – è un fattore chiave per il deterioramento cognitivo nella schizofrenia». I risultati implicano che i medici che trattano pazienti con schizofrenia possono essere in grado di migliorare la salute cognitiva riducendo il carico cumulativo dei farmaci anticolinergici se ciò è clinicamente sicuro e pratico, scrivono Joshi e colleghi.
«Questo può essere ottenuto riducendo la polifarmacia complessiva o passando a farmaci equivalenti con un minore carico generale anticolinergico. Mentre i farmaci anticolinergici “tradizionali” dovrebbero sempre essere esaminati, tutti i farmaci dovrebbero essere attentamente valutati per capire se contribuiscono al carico cumulativo di farmaci anticolinergici» aggiungono gli autori.
Più attenzione in caso di comorbilità come depressione e ansia
Questi risultati «non sono sorprendenti ma il lavoro effettuato dai ricercatori è stato piuttosto completo e penso che abbia ulteriormente approfondito alcune delle nostre preoccupazioni sull’impatto degli anticolinergici sulla funzione cognitiva nei pazienti con schizofrenia» commenta Jessica Gannon, docente di Psichiatria all’University of Pittsburgh School of Medicine – che non ha partecipato allo studio.
Peraltro, ha rilevato, «dobbiamo certamente usare alcuni di questi farmaci per i pazienti, come gli antipsicotici che hanno un peso anticolinergico associato. Non abbiamo altre opzioni».
«Penso però che queste evidenze certamente ci chiedono di essere migliori amministratori dei farmaci in generale. E quando prescriviamo per condizioni di comorbilità, come depressione e ansia, dovremmo stare attenti nelle nostre decisioni terapeutiche, cercare di non somministrare un farmaco anticolinergico e, in caso di già avvenuta prescrizione, ricorrere alla pratica della deprescrizione» ha concluso Gannon.
Joshi YB, Thomas ML, Braff DL, et al. Anticholinergic Medication Burden-Associated Cognitive Impairment in Schizophrenia. Am J Psychiatry. 2021 May 14. doi: 10.1176/appi.ajp.2020.20081212. Epub ahead of print.
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