Tumori e ciclo cellulare: uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati su Nature, fornisce un pezzo del puzzle che ancora mancava per la comprensione
In uno studio dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù e dell’Università di Roma “Tor Vergata”, Francesco Cecconi e colleghi hanno chiarito come si scatena la crescita incontrollata delle cellule, da cui dipende la formazione dei tumori. Professore di biologia dello sviluppo all’Università di Roma “Tor Vergata” e ricercatore dell’Ospedale Bambino Gesù, Cecconi ha coordinato lo studio, in collaborazione con alcuni gruppi europei e statunitensi. Insieme hanno scoperto che il ciclo cellulare accelera quando manca la proteina Ambra1, e che in tali condizioni i danni al DNA sono più probabili. La ricerca, sostenuta anche da AIRC, apre a nuovi approcci terapeutici per diversi tipi di tumore.
Nel ciclo cellulare la cellula si prepara alla divisione in due cellule figlie, che avviene al termine del ciclo stesso. Il momento più delicato del ciclo è la fase S, quando il DNA si duplica, garantendo un’equa e completa ripartizione del patrimonio genetico tra le nuove cellule figlie. La progressione del ciclo cellulare è regolata da una famiglia di proteine, chiamate cicline, prodotte e distrutte con tempi precisi. Alterazioni delle cicline sono comuni nel cancro. Utilizzando numerose tecniche di laboratorio e analizzando campioni di tumori sia animali sia umani, i ricercatori hanno osservato che la degradazione della ciclina D è strettamente dipendente dalla concentrazione della proteina Ambra1. Se Ambra1 è presente a bassi livelli o è assente, gli elevati livelli di ciclina D stimolano la proliferazione incontrollata della cellula. Ciò crea una situazione di “stress” che favorisce l’accumulo di errori nella duplicazione del DNA e la formazione di tumori. L’osservazione è stata confermata in molti tipi di tumore, tra cui tumori del polmone, del cervello e dei tessuti molli.
In futuro si potrebbero sviluppare farmaci capaci di interferire con i livelli di Ambra1 e di ciclina D, ostacolando in tal modo la crescita dei tumori. Nel frattempo si potrebbe utilizzare la strategia descritta nell’articolo pubblicato su Nature, utilizzando gli inibitori del sistema di riparazione che sono farmaci già disponibili,.
Ogni cellula possiede enzimi che riparano i danni al DNA. Se i danni non vengono riparati, la cellula viene indotta a morire. Gli inibitori del sistema di riparazione, come suggerisce il nome, ostacolano la riparazione dei danni al DNA, provocando la morte delle cellule tumorali.
“Qualora l’assenza o i bassi livelli di Ambra1 in associazione a un accumulo di ciclina D vengano individuati nelle cellule tumorali, si potrebbe provare a sopprimere con farmaci specifici, già noti in terapia, la capacità delle cellule tumorali di riparare il materiale genetico. Se potessimo così limitarne la riparazione, potremmo puntare a uccidere le cellule tumorali, sfruttando il loro tallone d’Achille, ovvero quella stessa instabilità genomica che le ha indotte a proliferare” spiega Francesco Cecconi.