Variante Delta: per Claudio Giorlandino, direttore scientifico di Altamedica “non è più contagiosa di altre e i vaccini sono efficaci”
“La diffusione della variante Delta del virus Sars-CoV-2 non deve destare preoccupazione. Il virus muta continuamente, anche la stessa variante Delta già presenta ulteriori piccole mutazioni, e non è più contagiosa delle altre. Dunque, non si comprende l’allarme, sia perché la presenza del virus, comprese tutte le sue varianti, nella nostra casistica (una delle maggiori in Italia con oltre 60.000 tamponi eseguiti) è attualmente di un caso su 200 tamponi, sia perché, nonostante le continue mutazioni del virus, i vaccini risultano efficaci”.
E’ quanto afferma Claudio Giorlandino, direttore scientifico dell’Istituto Clinico Diagnostico di Ricerca Altamedica di Roma, che ha condotto numerosi studi internazionali sulla genomica e diffusione virale, mettendo a punto nuove metodologie di analisi del virus, tra cui un nuovo test per la rilevazione della variante Delta.
“E’ vero che in Italia il sequenziamento delle varianti è limitato perché la metodologia di indagine è riservata a pochi centri di alta ricerca in biologia molecolare e genetica, che posseggono strumentazioni per il sequenziamento del genoma mediante NextGeneration Sequencing di ultima generazione – prosegue l’esperto – Altamedica cerca costantemente altre varianti e ne ha trovate diverse sporadiche e occasionali ma non ripetute. La variante Delta del virus Sars-Cov-2 rappresenta un sottotipo della variante indiana (B.1.617), rilevata nella nazione asiatica a ottobre 2020, che porta con sé un numero di mutazioni paragonabile alle varianti che circolano nel nostro Paese già da inizio anno. Essa presenta una delle principali mutazioni, la E484Q, che colpisce lo stesso residuo amminoacido della variante sudafriacana e brasiliana. La seconda mutazione che potrebbe rendere il virus più infettivo è la L452R, rilevata anche nella variante californiana”.
“I vaccini, sia quelli a mRNA che quelli che sfruttano l’adenovirus, utilizzano tutta la proteina Spike per cui una o poche mutazioni di qualsiasi variante del virus non riusciranno a vanificare l’intero armamento della risposta immunitaria di una vaccinazione che abbia già determinato una protezione. Soprattutto – osserva ancora Giorlandino – non bisogna avere alcuna preoccupazione per chi è guarito dall’infezione perché costoro non hanno solo anticorpi contro la proteina Spike, ma contro tutto il genoma virale e quindi sono perfettamente ‘attrezzati’ a difendersi da tutte le varianti e, qualora venissero a contatto del virus, le loro cellule di memoria (attualmente in corso di studio da parte del nostro istituto) sarebbero immediatamente operanti nell’immettere in circolo una nuova ondata anticorpale che impedisce la malattia e la contagiosità”.