Gastroplastica endoscopica e semaglutide per perdere peso


Quando non è possibile la chirurgia bariatrica la gastroplastica endoscopica e semaglutide sono efficaci nei pazienti con diabete e sovrappeso

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Nei pazienti con diabete e sovrappeso che non sono candidati alla chirurgia bariatrica, la combinazione della gastroplastica endoscopica a manica mininvasiva (ESG) e di una iniezione settimanale del GLP-1 agonista semaglutide porta a una perdita di peso significativamente maggiore rispetto all’ESG da sola. Sono i risultati di uno studio brasiliano presentato al congresso Digestive Disease Week (DDW) 2021.

«È importante che i pazienti diabetici perdano più peso possibile, perché una riduzione del 10% comporta un grande miglioramento dei livelli glicemici e in alcuni casi può anche consentire di interrompere la terapia con i farmaci ipoglicemizzanti» ha spiegato il responsabile della ricerca Anna Carolina Hoff, fondatrice e direttrice della clinica Angioskope a São José dos Campos, in Brasile. «Abbiamo scoperto che aggiungendo semaglutide possiamo aumentare la perdita di peso, passando da una media di circa il 16-18% con la sola ESG fino al 27%, quindi è un’ottima combinazione per il metabolismo».

Gastroplastica endoscopica con manicotto e semaglutide
L’ESG è un surrogato della gastrectomia a manica laparoscopica che offre i vantaggi di tale procedura a quanti non possono o non desiderano sottoporsi alla chirurgia bariatrica. Può essere eseguita in uno stadio precoce della malattia, ovvero nei soggetti con un indice di massa corporea (BMI) di 30 kg/m2, dato che le procedure bariatriche generalmente vengono proposte in caso di BMI ≥ 35 e comorbidità o di BMI ≥ 40.

Durante l’ESG minimamente invasiva, un endoscopio flessibile dotato di un dispositivo per la sutura endoscopica viene inserito nell’esofago e nello stomaco. Vengono quindi applicate le suture alla porzione superiore dello stomaco per ridurne al minimo le dimensioni e limitare la quantità di cibo che un paziente può ingerire.

La Fda ha di recente approvato semaglutide per via iniettiva alla dose di 2,4 mg a somministrazione settimanale per la perdita di peso negli adulti con obesità (BMI ≥30) o sovrappeso (BMI ≥27) e almeno una comorbidità correlata al peso, in aggiunta a una dieta ipocalorica e all’aumento dell’attività fisica.

Riduzione del peso e della massa grassa
Lo studio brasiliano ha coinvolto 58 pazienti diabetici con obesità o sovrappeso che si stavano sottoponendo a ESG minimamente invasiva. Sono stati randomizzati a ricevere anche semaglutide o placebo 1 mese dopo la procedura e sono stati monitorati ogni mese per valutare il calo ponderale e il tipo di grasso perso con la combinazione rispetto alla sola ESG. La dose iniziale di semaglutide utilizzata era di 0,25 mg per via sottocutanea a settimana, ma poteva essere titolata fino a un massimo di 1,5 mg.

Alla fine di 11 mesi di trattamento (quindi 12 mesi dopo l’ESG), i pazienti che hanno ricevuto semaglutide hanno ridotto dell’86,3% il loro peso corporeo in eccesso, la quantità che dovevano perdere per raggiungere un BMI normale, rispetto a solo il 60,4% per i controlli ESG.

In particolare la percentuale media di perdita di peso totale alla fine dei 12 mesi è stata del 25,2% per il gruppo di combinazione rispetto al 18,6% per il gruppo ESG (p<0,001). Inoltre i pazienti nel gruppo di combinazione hanno perso il 12,6% della massa grassa rispetto al 9% per i controlli ESG, mentre i livelli medi di emoglobina glicata si sono ridotti in misura superiore nei soggetti trattati con semaglutide (p=0,0394).

Cinque pazienti nel gruppo di combinazione sono tornati a uno stato non diabetico e hanno potuto sospendere la terapia ipoglicemizzante.

«Il nostro obiettivo principale non è solo perdere peso, ma ridurre il grasso corporeo, che è una questione ben diversa» ha affermato Hoff. Se i pazienti perdono peso ma mantengono ancora un’alta percentuale di massa grassa hanno una condizione chiamata “obesità sarcopenica”, ossia hanno perso molta massa muscolare ma hanno ancora alti livelli di grasso viscerale metabolicamente attivo e il suo alto contenuto di inflammasomi è stato associato ai tumori correlati all’obesità.

«L’obesità è una malattia progressiva, quindi stiamo cercando di far guadagnare tempo ai pazienti in modo da evitare la chirurgia bariatrica e questo approccio offre loro la possibilità di agire prima che l’obesità prenda il sopravvento e si verifichino maggiori conseguenze metaboliche» ha concluso. «Ora abbiamo una procedura minimamente invasiva che può avere lo stesso successo della chirurgia e che può essere resa disponibile a un numero ancora maggiore di persone che cercano di perdere una quantità significativa di peso».