Idrogeno verde: al via il progetto Ue ribattezzato GICO. A disposizione 4 milioni di euro per la prossima generazione di rinnovabili
Produrre idrogeno verde da biomasse e rifiuti e contemporaneamente catturare la CO2 emessa per la sua valorizzazione energetica. È uno degli obiettivi del progetto europeo GICO[1] a guida italiana, con l’Università Guglielmo Marconi nel ruolo di coordinatore ed ENEA tra i partner scientifici.
Finanziato dal programma Horizon 2020 con circa 4 milioni di euro, il progetto svilupperà la prossima generazione di tecnologie per le energie rinnovabili che formeranno la ‘spina dorsale’ del sistema energetico al 2030 e al 2050.
Il team ENEA parteciperà al progetto GICO occupandosi delle attività sperimentali per la produzione di idrogeno verde da gassificazione di biomasse, con cattura di CO2 mediante sorbenti solidi. Saranno sviluppati impianti a biomasse residue di piccola e media taglia (500 – 5.000 kWe) che utilizzeranno da 2 a 20 tonnellate di scarti al giorno disponibili a livello locale, secondo un approccio di utilizzo sostenibile e circolare delle risorse. “In questo modo, riusciremo a convertire in risorsa energetica quello che altrimenti sarebbe uno scarto, quando non un rifiuto da smaltire, attribuendogli nuovo valore economico e ambientale”, sottolinea Donatella Barisano, ricercatrice ENEA del Laboratorio di Processi Termochimici per la Valorizzazione di Biomasse, Residui e Rifiuti.
I ricercatori dell’Agenzia si occuperanno anche della valorizzazione energetica dell’anidride carbonica catturata, attraverso l’impiego di reattori altamente innovativi in cui la CO2 viene dissociata in monossido di carbonio (CO) e ossigeno (O2) mediante un gas ionizzato (plasma freddo). Per raggiungere questi obiettivi, ENEA metterà in campo le infrastrutture di ricerca ZECOMIX[2] del Centro Ricerche ENEA Casaccia (Lazio) e quelle del polo di Trisaia (Basilicata), in particolare gli impianti di gassificazione, la torcia al plasma e i laboratori analitici. E, sempre nel centro della Trisaia, i ricercatori (nella prima fase del progetto) si occuperanno di caratterizzare e testare diverse tipologie di scarti e residui, selezionate tra quelle ritenute di maggiore interesse e potenzialità di impiego.
In entrambi i centri di ricerca si studieranno le migliori condizioni di processo per ottenere la massima resa di idrogeno green dalle biomasse residuali e da frazioni biogeniche di rifiuti (legno, carta e scarti organici). Per fare ciò saranno utilizzati un impianto di gassificazione a letto fluidizzato prototipale (Centro Ricerche Trisaia) e a tamburo rotante (Centro Ricerche Casaccia) in presenza di specifici sorbenti per la cattura della CO2[3]. Attraverso l’aggiunta di sorbenti direttamente nel reattore, durante la fase del processo di gassificazione, si otterrà una corrente gassosa che avrà un alto contenuto di idrogeno e un ridotto livello di contaminanti. Infine, i ricercatori valuteranno la possibilità per un ulteriore miglioramento della qualità del gas prodotto a valle del processo, attraverso purificazione in sistemi al plasma che, utilizzando gas ionizzati, interverranno sui contaminanti residui.
Il passo successivo sarà, poi, l’avvio della sperimentazione per la valorizzazione della CO2 in combustibili rinnovabili. Grazie a un reattore al plasma freddo alimentato da eccedenze di energia elettrica rinnovabile, presso il Centro Ricerche Casaccia (Roma), l’anidride carbonica (CO2) catturata verrà dissociata in monossido di carbonio (CO) e ossigeno (O2) promuovendone la sua valorizzazione come combustibile elettrico rinnovabile (electro-fuel). Il monossido di carbonio così prodotto, unito all’idrogeno verde da biomassa, potrà essere utilizzato in celle a combustibile ad ossido solido (SOFC) per produzione di energia elettrica, oppure avviato a una sezione chimica per la sua conversione in biocombustibili liquidi (metanolo, benzina o diesel).
Attraverso l’approccio proposto nel progetto GICO, il ciclo del carbonio viene così chiuso in maniera efficiente senza alcun incremento nelle emissioni nette globali di CO2. Quest’ultima, sebbene prodotta, non solo non contribuisce all’incremento di emissioni climalteranti, ma anzi, essendo valorizzata come electro-fuel rinnovabile, potrebbe rendere economicamente sostenibile la produzione di idrogeno verde da biomassa, favorendone la diffusione in settori ad alte emissioni di carbonio come per esempio quelli dell’acciaio, del cemento e del petrolchimico. “La CO2 potrebbe diventare una pietra angolare della transizione energetica, su cui costruire un’economia del carbonio che soddisfi i principi della circolarità – riduzione, rimozione, riuso e riciclo del carbonio – attraverso tecnologie neutrali e potenzialmente anche ad impatto negativo”, conclude Stefano Stendardo, ricercatore ENEA del Laboratorio Ingegneria dei Processi e dei sistemi per la Decarbonizzazione Energetica.
Oltre a ENEA e Università Guglielmo Marconi, il progetto GICO comprende partner attivi nel campo della ricerca di base (Università degli Studi dell’Aquila, Eindhoven University of Technology), della ricerca applicata (Csic, Tecnalia, Forschungszentrum Jülich) e del settore industriale (Iris srl, Ici Caldaie, Calida, Marion Technologies).
[1] GICO – Gasification Integrated with Carbon capture and cOnversion
[2] ERIC ECCSEL ZECOMIX – Zero Emission of Carbon with MIXed technologies
[3] Nel letto fluidizzato le particelle di biomasse si trovano disperse in una fase sabbiosa tenuta in turbolenza da una corrente gassosa, mentre nel tamburo rotante tali particelle attraversano una camera rotante attorno al proprio asse longitudinale per poter essere messe in contatto con vapore acqueo.