Cuore: interventi preventivi allungano la vita


Se l’inizio degli interventi preventivi per il cuore fosse ritardato gli individui potrebbero perdere da 2 a 6 anni di vita liberi da malattie cardiovascolari

Cuore, frequenza cardiaca

Gli individui i cui livelli di rischio aumentano più velocemente del previsto in base all’invecchiamento dovrebbero essere identificati per stabilire le decisioni sugli interventi preventivi da assumere. È quanto emerge da uno studio condotto da ricercatori finlandesi e inglese, pubblicato su “The Lancet Digital Health”.

Se l’inizio degli interventi preventivi fosse ritardato, questi individui potrebbero perdere da 2 a 6 anni di vita liberi da malattie cardiovascolari (CVD), a seconda del loro tasso di progressione del rischio, sostengono gli autori, guidati da Joni V. Lindbohm, del Dipartimento di Salute Pubblica ed Epidemiologia dell’University College di Londra e dell’Università di Helsinki.

Occorre ricordare che le attuali linee guida dell’American Heart Association (AHA), della European Society of Cardiology (ESC) e del National Health Service (NHS) del Regno Unito raccomandano un controllo sanitario ogni 5 anni per lo screening delle persone ad alto rischio di CVD.

Questi controlli sanitari includono la misurazione dei principali fattori di rischio, come la pressione arteriosa sistolica, il profilo del colesterolo, la glicemia e l’abitudine al fumo.
Se gli interventi sullo stile di vita fossero inefficaci nel ridurre i livelli dei fattori di rischio, le linee guida di prevenzione raccomandano l’avvio di terapie preventive come le statine. Tuttavia, le attuali linee guida indicano di utilizzare solo la misurazione del rischio più recente e non di rivedere le informazioni della storia individuale dei fattori di rischio.

Non bastano le misure dell’ultima visita, occorre valutare la storia del paziente
Al contrario, scrivono Linbohm e colleghi, «il nostro studio mostra che la storia del rischio individuale può fornire informazioni importanti nell’ambito dell’assistenza primaria per identificare meglio gli individui ad alto rischio di CVD. Allo stesso modo queste informazioni consentono di identificare individui che riescono a ridurre i loro livelli di rischio tra una valutazione dello stato di salute e l’altra, e quindi sono a minore rischio di CVD».

«Nel Regno Unito, circa 160.000 persone muoiono ogni anno di CVD ed è stato stimato che l’80% di tali decessi sarebbe prevenibile con interventi tempestivi. Quindi anche piccoli miglioramenti nel sistema di prevenzione possono avere un grande impatto» affermano i ricercatori.

Lo studio ha seguito oltre 7.000 uomini e donne in due decenni
Lo studio si è basato sulla coorte di Whitehall II di 7.000 adulti britannici. Seguendo le attuali linee guida, i loro livelli di fattore di rischio sono stati sottoposti a screening ogni 5 anni su un follow-up di 22 anni.«Abbiamo analizzato i dati di individui senza storia di ictus, infarto del miocardio, innesto di bypass dell’arteria coronarica, intervento coronarico percutaneo, angina definita, insufficienza cardiaca o malattia arteriosa periferica» specificano gli autori.

I livelli e i cambiamenti a 5 anni nel rischio di CVD  sono stati valutati utilizzando i punteggi di rischio SCORE e ASCVD e sono stati analizzati come predittori di CVD. I partecipanti erano collegati a cartelle cliniche elettroniche dei registri dell’NHS, comprendenti le registrazioni relative a eventi di CVD.

Per l’esattezza, sono stati inclusi nelle analisi del cambiamento del punteggio di rischio 7.574 partecipanti (5.233 [69,1%] uomini, 2.341 [30,9%] donne) di età compresa tra 40 e 75 anni. Nel corso del follow-up, 1.441 partecipanti (19,0%; 1042 [72,3%] uomini e 399 [27,7%] donne) hanno sviluppato CVD.

L’aggiunta di una modifica di 5 anni del punteggio di rischio a un modello che includeva una sola valutazione del punteggio di rischio ha determinato un miglioramento delle prestazioni del modello per il calcolo del rischio di CVD, riportano i ricercatori.

«Sia le variazioni favorevoli che sfavorevoli del SCORE e dell’ASCVD sono state associate al rischio di CVD e agli anni di vita liberi da malattia.  Le associazioni sono state viste in entrambi i sessi e in tutte le fasce d’età fino all’età di 75 anni» spiegano. All’età di 45 anni, ogni miglioramento di 2 unità nei punteggi di rischio era associato ad altri 1,3 anni di vita (IC al 95% 0,4 a 2,2) liberi da CVD per SCORE e ad aggiuntivi 0,9 anni di vita (IC al 95% 0,5 a 1,3) per ASCVD, riportano.

All’età di 65 anni, aggiungono, questo stesso miglioramento è stato associato ad altri 0,4 anni di vita (IC al 95% 0,0 a 0,7) liberi da CVD per SCORE e 0,3 anni di vita (IC 95% 0,1 a 0,5) per ASCVD. In particolare, Linbohm e colleghi hanno scoperto che la progressione accelerata del rischio era più dannosa tra i partecipanti più giovani di età compresa tra i 40 e i 50 anni. In modo analogo, i benefici della riduzione del rischio erano più elevati in questo gruppo.

Lo sviluppo di uno strumento online interattivo
Questi modelli sono stati sviluppati mediante un calcolatore interattivo, che consente di stimare il numero di anni di vita liberi da CVD per un individuo in funzione di due misurazioni del punteggio di rischio. Sulla base dei loro risultati i ricercatori hanno quindi messo a punto uno strumento online che può essere utilizzato per studiare come la storia dei rischi modifichi il rischio stimato di CVD.

Da ricordare, infine, che attualmente i residenti nel Regno Unito possono determinare il loro rischio individuale di CVD con il calcolatore QRISK3 che include domande su età, sesso, fumo, colesterolo totale, colesterolo HDL, pressione arteriosa sistolica, uso di farmaci antipertensivi, stato del diabete e varie altre condizioni mediche.

Valutazioni nel tempo più informative di quelle puntuali
«Questi risultati sono promettenti, ma raramente le linee guida nazionali vengono modificate sulla base di un unico studio» precisano gli autori «I vantaggi derivanti dall’utilizzo di ulteriori informazioni sulla storia dei rischi nei controlli sanitari dovrebbero però essere ulteriormente studiati in studi controllati randomizzati».

In ogni caso, «le variazioni nei punteggi di rischio SCORE e ASCVD nel tempo informano la previsione del rischio di CVD meglio di una singola valutazione del punteggio di rischio. I dati ripetuti potrebbero consentire una stratificazione più accurata del rischio cardiovascolare e rafforzare la base di prove per le decisioni sugli interventi preventivi» concludono i ricercatori.

Lindbohm JV, Sipilä PN, Mars N, et al. Association between change in cardiovascular risk scores and future cardiovascular disease: analyses of data from the Whitehall II longitudinal, prospective cohort study. Lancet Digit Health. 2021;3(7):e434-e444. doi: 10.1016/S2589-7500(21)00079-0. 
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