Studio scopre che i tempi di dispersione dei dischi protoplanetari, e in generale i tempi disponibili per formare pianeti, sono più rapidi in ambienti a bassa metallicità
I dischi protoplanetari sono strutture a disco da cui si formano i sistemi planetari, e che caratterizzano le stelle di piccola massa tipicamente più giovani di 10 milioni di anni, dette stelle di pre-sequenza. Negli ultimi anni, la comunità scientifica ha rivolto una grande attenzione allo studio dell’evoluzione e della dispersione dei dischi protoplanetari. Questo per merito di strumenti come Alma che, grazie ad una risoluzione angolare senza precedenti, hanno permesso di osservare molti dischi protoplanetari con un grande dettaglio spaziale, e anche grazie all’evidenza – ottenuta in questi ultimi anni di ricerca sugli esopianeti – che la presenza di pianeti è una caratteristica comune tra le stelle della nostra galassia.
Negli ultimi decenni diversi autori hanno stimato il numero di stelle con dischi protoplanetari associati a ammassi stellari con età diverse. Grazie a questi studi, sappiamo che i dischi si disperdono rapidamente: in ammassi stellari di 5 milioni di anni la frazione di stelle con disco è tipicamente molto bassa. Questo ovviamente pone un importante limite superiore ai tempi in cui una stella può formare un sistema planetario. Inoltre, alcuni studi hanno anche dimostrato che in determinati ambienti di formazione stellare i dischi possono disperdersi ancora più rapidamente, tanto da non permettere la formazione di pianeti. Si tratta principalmente di ambienti caratterizzati da intensi campi locali di radiazione ultravioletta, emessi da ricche popolazioni di stelle massicce, o da alte densità stellari. Ambienti con queste caratteristiche sono tipici delle regioni centrali degli ammassi stellari mediamente massicci, come Ngc 6611 (l’ammasso stellare nella Nebulosa dell’Aquila) e associazioni OB più popolate, come Cygnus OB2.
I tempi di dispersione dei dischi protoplanetari possono dipendere anche dalla metallicità dell’ambiente in cui si sono formati, ossia dall’abbondanza di elementi chimici più pesanti di idrogeno ed elio. Dall’abbondanza di elementi pesanti, infatti, dipendono diverse proprietà dei dischi, come la quantità di polveri presenti e l’opacità del materiale nel disco, ossia la capacità di assorbire la radiazione esterna, proprietà che possono essere importanti nel determinare i tempi di dispersione dei dischi. Tali ambienti però sono tipicamente lontani, e quindi difficili da studiare.
Un’eccezione a questa regola è l’ammasso stellare giovane (circa un milione di anni) Dolidze 25, alla distanza di circa 15mila anni luce da noi, caratterizzato da una metallicità bassa. Studiando dati d’archivio in banda ottica e infrarossa e osservazioni ai raggi X ottenute con il satellite della Nasa Chandra, un team guidato dall’astrofisico Mario Giuseppe Guarcello dell’Inaf di Palermo ha identificato 1091 stelle associate all’ammasso stellare, determinandone i parametri stellari e calcolando che circa il 34 per cento delle stelle di Dolidze 25 ha ancora un disco protoplanetario. Se confrontata con ammassi stellari della stessa età, questa frazione risulta essere significativamente bassa, e confrontabile con quelle regioni di formazione stellare dove i dischi sono dispersi più rapidamente a causa delle proprietà dell’ambiente circostante.
«Questo risultato indica quindi che i tempi di dispersione dei dischi protoplanetari, e in generale i tempi disponibili per formare pianeti, sono più rapidi in ambienti a bassa metallicità: un risultato importante se si considera che la metallicità della galassia dipende sia dalla distanza dal centro galattico che dall’epoca considerata».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Dispersal timescale of protoplanetary disks in the low-metallicity young cluster Dolidze 25”, di M. G. Guarcello, K. Biazzo, J. J. Drake, G. Micela, L. Prisinzano, S. Sciortino, F. Damiani, E. Flaccomio, C. Neiner e N. J. Wright