Nuove conferme di efficacia sull’uso della terapia di somministrazione del ferro per via endovenosa in alcuni pazienti con insufficienza cardiaca
L’uso della terapia di somministrazione del ferro per via endovenosa in alcuni pazienti con insufficienza cardiaca (HF) e frazione di eiezione ridotta (HFrEF) si è rafforzato negli ultimi anni, con diversi studi che mostrano guadagni in esiti surrogati come capacità di esercizio fisico e qualità della vita e uno che evidenzia un calo del 21% del rischio di riammissione per HF o morte cardiovascolare (CV).
Ora, un piccolo studio randomizzato, IRON-CRT, può evidenziare un potenziale meccanismo per tali benefici. I risultati sono stati presentati all’incontro annuale dell’Heart Failure Association of the European Society of Cardiology (ESC-HFA), condotto virtualmente e dal vivo a Firenze, e pubblicati contemporaneamente online sull’”European Heart Journal”.
Spiegato il meccanismo d’azione di un beneficio noto in carenza marziale
Ciò che viene evidenziato è un effetto salutare diretto della preparazione iniettabile del carbossimaltosio ferrico (FCM) sul rimodellamento inverso in pazienti carenti di ferro con HFrEF.
In una nuova svolta della ricerca, lo studio IRON-CRT includeva solo pazienti con impianti di terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT), in modo da poter sfruttare i dispositivi per la valutazione delle prestazioni cardiache dopo 3 mesi di terapia con FCM, secondo i ricercatori, guidati da Pieter Martens, dell’Ospedale Oost-Limburg, a Genk (Belgio). Di conseguenza, lo studio «offre alcune intuizioni meccaniche sul potenziale modo benefico di azione del carbossimaltosio ferrico nei pazienti con HFrEF» ha dichiarato Martens.
I suoi pazienti, che stavano già ricevendo «una terapia medica di fondo molto robusta e un intenso trattamento mediante dispositivo costituito dalla CRT» ha osservato Martens, hanno beneficiato di un nuovo significativo rimodellamento inverso cardiaco dopo 3 mesi di trattamento con FCM, rispetto a pazienti simili assegnati a un gruppo di controllo con cure standard.
Aumento della gittata cardiaca nei test di esercizio fisico
Le loro frazioni di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) sono aumentate e i volumi telesistolici (LVESV) del ventricolo sinistro sono diminuiti. Hanno mostrato anche guadagni relativi nella capacità di esercizio fisico e punteggi più alti al Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire (KCCQ), che misura lo stato funzionale.
I risultati si adattano bene all’attuale comprensione della carenza di ferro e dei suoi effetti sull’energetica del miocardio, ha spiegato Martens. La carenza di ferro può compromettere il beneficio di modellamento inverso della CRT e attenuare la positiva relazione forza-frequenza (FFR) del cuore, una misura della meccanica contrattile che normalmente sale esponenzialmente con l’accelerazione della frequenza cardiaca.
In altre parole, la gittata cardiaca nei test di esercizio fisico tende ad aumentare meno nei pazienti con HFrEF con carenza di ferro rispetto a quelli che non sono carenti di ferro.
Positivizzazione della relazione forza-frequenza
Lo studio IRON-CRT suggerisce che l’integrazione di ferro con FCM in tali pazienti «migliora le prestazioni cardiache ed è in grado di trasformare l’FFR negativo in un FFR positivo», potenziando così la gittata cardiaca e la capacità di esercizio fisico, ha affermato Martens.
Poiché lo studio è stato randomizzato e quindi può indicare la causalità, lo studio IRON-CRT suggerisce che «l’FCM offre un rimodellamento inverso incrementale». Sebbene includa solo pazienti con HFrEF progressiva nonostante l’intensiva terapia medica e mediante i dispositivi, «non c’è motivo di credere che l’FCM non abbia effetti simili in altri pazienti con HFrEF e carenza di ferro».
IRON-CRT può aiutare a spiegare i benefici della terapia FCM osservata nell’HFrEF per endpoint per lo più funzionali in studi come CONFIRM-HF, FAIR-HF ed EFFECT-HF e per i risultati clinici in AFFIRM-AHF.
Disegno e risultati della sperimentazione clinica, in dettaglio
L’IRON-CRT ha assegnato casualmente 75 pazienti carenti di ferro, il cui LVEF era <45% al momento dell’impianto del CRT e che erano stabili in classe NYHA II o superiore in terapia medica diretta dalle linee guida, alla gestione delle cure standard con o senza iniezioni di FCM.
Lo studio includeva solo pazienti tra i quali la prevalenza della stimolazione biventricolare dalla CRT era almeno del 98% e per i quali c’era «un uso quasi universale» di inibitori del sistema renina-angiotensina, beta bloccanti e antagonisti del recettore mineralcorticoide, ha detto Martens.
L’integratore di ferro è stato somministrato per oltre 12 settimane a dosi standard che variavano in base al peso del paziente e al livello di emoglobina. La variazione media minima in LVEF a 12 settimane, l’endpoint primario, è stata di +4,22% punti assoluti per i pazienti assegnati a FCM ma di -0,23% nel gruppo in terapia standard.
«Ciò è stato determinato da una significativa riduzione del LVESV nei pazienti trattati con carbossimaltosio ferrica, mentre il volume telediastolico (LVEDV) è rimasto praticamente invariato» ha osservato Martens.
Le prestazioni cardiache in entrambi i gruppi al basale sono state caratterizzate da un FFR negativo durante gli studi di stimolazione biventricolare. L’FFR negativo è diventato positivo nel gruppo FCM dopo 12 settimane di terapia mentre è rimasto negativo nel gruppo in assistenza standard (P < 0,001).
Coloro che hanno ricevuto FCM hanno anche mostrato miglioramenti significativi nel picco VO2 (P = 0,023) e nello stato funzionale come valutato dal KCCQ (P =0,.011). Non ci sono state differenze significative nei livelli di peptide natriuretico o prevalenza di eventi avversi.
Bibliografia
Martens P, Dupont M, Dauw J, Nijst P, Herbots L, Dendale P, Vandervoort P, Bruckers L, Tang WHW, Mullens W. The effect of intravenous ferric carboxymaltose on cardiac reverse remodelling following cardiac resynchronization therapy-the IRON-CRT trial. Eur Heart J. 2021 Jun 29:ehab411. doi: 10.1093/eurheartj/ehab411. Epub ahead of print.
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