Oltre 20mila negozi rischiano di chiudere con la crisi economica legata alla pandemia: Confcommercio chide misure straordinarie al governo
Federazione Moda Italia-Confcommercio ha pesantemente criticato ufficialmente la scelta effettuta nell’ambito della discussione parlamentare per la conversione in legge del Decreto Sostegni bis, di escludere il retail della moda dal credito d’imposta sulle eccedenze di magazzino. Una scelta formalmente assunta “per assenza di risorse” e che non tiene conto che la distribuzione commerciale è stato il settore realmente più colpito durante la pandemia.
Il drastico giudizio è stato espresso dal vicepresidente Marco Cremonini e dal Segretario Generale Massimo Torti nel corso del Tavolo della Moda presso il Ministero dello sviluppo economico, convocato dal Viceministro Gilberto Pichetto Fratin alla presenza del Sottosegretario al Ministero della Cultura, Lucia Borgonzoni.
Il settore è andato in forte sofferenza per la chiusura forzata proseguita per ben 138 giorni, pari ad una perdita del 35% della propria capacità lavorativa. Come conseguenza poi va annoverata la notevole concorrenza esercitata dall’online e dai colossi del web: durante la pandemia il settore ha visto chiudere quasi 9 mila negozi su 115 mila negozi di moda, abbigliamento, calzature, pelletteria e accessori in Italia con 22 mila addetti, scesi dai 310 mila addetti del 2019 ai 288.237 di oggi. Ed è concreto il rischio che si arrivi a breve alla chiusura di 20mila punti vendita di moda.
Gli operatori chiedono alle Istituzioni, oltre alla riapertura delle attività in sicurezza, anche l’estensione a tutta la filiera del settore moda, non solo all’industria, del credito d’imposta per contenere gli effetti negativi sulle rimanenze finali di magazzino nel settore tessile, della moda, della calzatura e degli accessori.
Auspicano inoltre un concreto sostegno e la stimolazione della domanda interna di prodotti di moda anche attraverso l’introduzione di un’aliquota agevolata temporanea del 10% e di detrazioni fiscali dedicate al consumo sulla scia di quanto messo in campo altri settori quali l’edilizia, l’automotive, il mobile/arredo.
Infine è stata presentata la richiesta di sgravi sul costo del lavoro, sulla scorta della “Decontribuzione sud” a chi mantiene occupazione lungo tutta la filiera della moda, dalla produzione alla distribuzione commerciale.