Alcuni paesi dell’Unione Europea si distinguono per un assetto pubblico-privato che stimola e favorisce l’apprendimento di una nuova lingua straniera mentre altri arrancano più o meno faticosamente. Paesi i cui i cittadini faticano ad acquisire le competenze necessarie per parlare correttamente un nuovo idioma. Lo afferma l’European Language Index: lo studio di Preply realizzato sui 27 stati dell’Unione che illustra luci e ombre del vecchio continente. La classifica è piuttosto ingenerosa nei confronti dell’Italia che sconta il penultimo posto in graduatoria mentre al vertice spicca il Lussemburgo, il paese più virtuoso in cui studiare e apprendere una nuova lingua.
L’indagine pubblicata nel 2021 da Preply, la piattaforma di tutoraggio online che connette da remoto professori e studenti tramite i tool di videochiamata e videoconferenza digitale, ruota attorno a 18 fattori elaborati con un processo di standardizzazione statistica e successivamente raggruppati nelle seguenti macroaree: il numero di lingue ufficiali nei paesi di analisi, il numero di lingue straniere parlate dai cittadini, lo studio delle lingue straniere nella scuola pubblica primaria, il livello di competenza dei cittadini in una seconda lingua, l’accesso alle tecnologie digitali per lo studio, l’utilizzo di sottotitoli e doppiaggio di film e serie TV, il livello di diversità linguistica.
Il Lussemburgo è sul gradino più alto del podio. Tra i dati statistici che avvalorano la posizione di vertice figurano il 100% dei bambini che inizia a studiare una nuova lingua a partire dalla scuola primaria e il 98,4% che indica la percentuale di abitazioni con accesso alla TV e ai sottotitoli. L’accesso ai sottotitoli in un paese come il Lussemburgo, che tralascia volutamente il doppiaggio, è uno strumento fondamentale per acquisire un lessico ampio e perfezionare l’ascolto di un nuovo idioma. Il Lussemburgo è inoltre il paese che annovera tre lingue ufficiali parlate entro i confini nazionali: accanto al lussemburghese figurano il tedesco e il francese, retaggio evidente della dominazione secolare da parte delle due potenze limitrofe.
L’Italia deve accontentarsi del 26° posto, praticamente penultima. È il paese che utilizza con più frequenza il doppiaggio di film, programmi e serie TV riducendo così l’apprendimento spontaneo che avverrebbe tramite l’ascolto in lingua originale e la lettura dei sottotitoli. Il 95,3% dei più piccoli inizia a studiare una seconda lingua a partire dalla scuola primaria e rappresenta il dato statistico più confortante tra quelli inerenti il bel paese. Le 47 lingue non ufficiali parlate sul territorio nazionale fruttano all’Italia il 6° posto nel mondo alle spalle di Stati Uniti, Canada, Germania, Regno Unito e Olanda ma non rappresentano una garanzia di multilinguismo tra i cittadini italiani. Oltre ai numeri e alle statstiche ecco invece la clamorosa curiosità legata al sito del Governo che per qualche strana ragione è consultabile esclusivamente in lingua italiana.
Secondo uno studio del 2012 condotto da Li Wei, i poliglotti acquisiscono un vantaggio cognitivo strategico che favorisce il successo personale e lavorativo anche e soprattutto negli attuali contesti globali interconnessi. Una buona ragione in più per comprendere quanto sia ormai indispensabile la conoscenza di una o più lingue differenti rispetto a quella parlata entro i confini nazionali. Un buon motivo affinchè l’Italia provi a recuperare il gap con le prime.