Pnrr Cultura: Promo PA chiede attenzione per i borghi


L’appello di Promo PA: ridare forza ai borghi con il Pnrr Cultura. Identità locali a rischio con una gestione centralizzata

borghi in festival

Un’occasione senza precedenti di cambiamento e rigenerazione culturale dei territori, come motore di una transizione accelerata verso il rinnovamento economico, sociale e urbano: per coglierla, il Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrà coinvolgere le comunità locali nel fornire proposte di valorizzazione delle identità e del patrimonio diffuso. È l’orientamento di Promo PA, fondazione che organizza LuBeC – Lucca Beni Culturali, l’evento annuale dedicato ai temi della filiera beni culturali – tecnologie – turismo, in calendario il 7 e 8 ottobre sul tema“Cultura 2026 | Competitività, innovazione e digitalizzazione”, riguardo il Piano Nazionale Borghi prefigurato nel Pnrr.

Finanziato con 1,02 miliardi di euro nella Missione 1 (digitalizzazione), il Piano Nazionale Borghi sarà un programma di sostegno allo sviluppo economico e sociale delle zone svantaggiate, basato sulla rigenerazione culturale dei piccoli centri e sul rilancio turistico. Progetti locali a base culturale permetteranno di articolare le azioni, volte a valorizzare un turismo sostenibile alternativo, ma a tutt’oggi non sono ancora chiare le modalità di gestione della spesa di competenza degli enti locali nell’ambito del Pnrr.

Il capitolo di investimento “Attrattività dei borghi” rappresenta un’opportunità, soprattutto a confronto con le risorse solitamente disponibili: la legge sui Piccoli Comuni ha stanziato finora un fondo annuale di soli 15 milioni di euro. Il dispiegamento effettivo dei nuovi capitali tra i territori dipenderà dalla rapidità delle procedure amministrative, considerando il vincolo di spesa entro il 2026. In caso di stallo o inadempienza, la Soprintendenza speciale presso il ministero della Cultura potrà esercitare facoltà di avocazione, prevista nel decreto legge 77 del 2021.

“La governance centralizzata dei ‘fondi borghi’ è un rischio da evitare, perché sortirebbe l’effetto contrario rispetto a quanto desiderato, ossia far emergere dai centri piccoli e medi le potenzialità di un diffuso reticolo culturale, assai ricco in un paese dove ‘tutte le città sono capitali’ – avverte Gaetano Scognamiglio, presidente di Promo PA -. Garantire che siano i borghi stessi a esprimere il proprio retroterra nel Piano nazionale che li riguarda è di per sé un gesto culturale. Una progettualità calata dall’alto, magari per aderire alle tempistiche stringenti del Recovery Plan, causerebbe al contrario una diminutio di valore delle identità. Per questo, è importante anche agire presto, senza per questo derogare ai criteri di trasparenza”.

Amministrazioni centrali, Regioni ed enti locali dovranno provvedere alla realizzazione operativa degli interventi previsti dal Pnrr, sulla base delle competenze istituzionali o di quanto disposto dal piano stesso. “Le risorse per la sola cultura ammontano a 5,7 miliardi di euro e le linee di intervento su cui gli enti locali avranno un importante ruolo riconosciuto sono cinque, per circa 2 miliardi di euro: una di queste riguarda i borghi, con l’obiettivo ambizioso del recupero della vivibilità dei luoghi abbandonati o a rischio abbandono”, ha spiegato Lorenzo Casini, capo di Gabinetto del Ministro della cultura, nel corso del webinar “Il Pnrr per la cultura”, organizzato dall’Osservatorio Recovery Plan OreP, di Promo PA e Università degli studi di Roma Tor Vergata.

“Il piano Borghi non è finalizzato solo al recupero e alla manutenzione edilizia, ma punterà anche a rafforzare la rete dei servizi primari e secondari – ha aggiunto Casini -. Il piano è curato da questo ministero perché costruito sulla dimensione culturale. Sono investimenti importanti, ma non potrà essere il Ministero da solo a identificare tutti gli strumenti: per questo scopo sarà sicuramente fondamentale il ruolo delle amministrazioni locali. Regioni e comuni dovranno essere coinvolti, secondo modalità che saranno via via definite nelle prossime settimane”.

Nel corso dello stesso evento, Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, ha portato il punto di vista di Ali – Lega delle autonomie locali italiane: “Il Pnrr Cultura è ottimo per la ripartenza dell’Italia, ma sarà opportuno dare il più possibile la gestione ai comuni, innescando meccanismi di semplificazione e velocità, altrimenti con le regole attuali non ce la faremo – ha detto in veste di presidente dell’associazione di enti locali -. La preoccupazione dei sindaci riguarda la velocità, il paese rischia di essere troppo lento e complicato per cogliere le opportunità del Pnrr: tolte le altre materie di competenza regionale, chiediamo che sulla cultura ci sia un rapporto diretto tra governo, comuni e province in modo da evitare ulteriori livelli sulle formule autorizzative”.

“Grandi progetti integrati fra beni dello Stato e quelli del territorio, percorsi di formazione apposita per la pubblica amministrazione e strumenti di misurazione dell’impatto degli investimenti: sono questi i tre punti su cui lavorare per far sì che il Pnrr Cultura possa attivare programmi capaci di guardare oltre il 2026 – ha concluso Francesca Velani, direttrice di Lubec -. Connettere gli investimenti in questo settore con l’Agenda 2030 per gli obiettivi di sostenibilità dell’Onu potrebbe aiutarci a fissare meglio l’orizzonte, restare in linea con gli obiettivi del Pnrr e intercettare al meglio le risorse. Questo è già un Paese di buone pratiche che spesso però non dialogo: ora abbiamo l’opportunità di imparare a lavorare anche su politiche omogenee”.

In programma al Real Collegio di Lucca, la XVII edizione di LuBeC focalizzerà l’attenzione sulle sfide, gli strumenti e le azioni pilota che verranno attuate integrando Pnrr e misure nazionali, per tastare il polso di una transizione culturale volta ad attivare sistemi socio-economici innovativi, fondata sulla progettazione di interventi in grado di valorizzare gli asset del patrimonio diffuso.

“Da alcuni anni Lubec ha posto l’attenzione sul tema dei neoluoghi, come chiave per il recupero di un’Italia diversa, tornata di richiamo con l’emergere di nuove forme di residenzialità e di un turismo locale , anche in funzione di un decentramento dei flussi e di una destagionalizzazione delle presenze – ricorda Scognamiglio -. Il momento è ora: il Pnrr Cultura può instradare queste tendenze su un orizzonte di lungo corso, ben oltre la scadenza del 2026 e la contingenza della pandemia, tenendo conto dell’orizzonte fissato dall’Agenda 2030 per gli obiettivi sostenibili dell’Onu. Il recente studio del Comitato europeo delle regioni ha evidenziato che l’esclusione degli enti locali dalla costruzione dei piani di Recovery, rischia di depotenziarne l’impatto e l’efficacia – conclude il presidente di Promo PA-. Lungi dall’essere una scelta meramente tecnica, la governance non è un fatto neutrale: la centralizzazione è un rischio da evitare, se il governo vorrà davvero ridare forza e centralità all’Italia dei borghi”.