Nasce la nuova etichetta ambientale che sperimentalmente sarà apposta sui prodotti alimentari a partire dal prossimo autunno
“L’ambizione è quella di aiutare a costruire un’industria alimentare più sostenibile”: è da questo assunto che nasce la nuova etichetta ambientale che sperimentalmente sarà apposta sui prodotti alimentari a partire dal prossimo autunno.
Mentre tra i Paesi europei si diffonde l’etichetta nutrizionale NutriScore, e l’Italia difende la sua proposta alternativa ‘a batteria’, M&S, Sainsbury’s e The Co-op si uniscono alla più grande azienda alimentare del mondo Nestlé, al colosso delle proteine Tyson Foods e al supermercato spagnolo Eroski nel gruppo consultivo industriale della Fondazione Earth’s.
Questa nasce da un’idea di Denis Lynn: l’imprenditore alimentare nordirlandese, morto tragicamente a maggio a seguito di un incidente in quad, si era posto l’obiettivo di esplorare il potenziale dell’etichettatura ambientale sui prodotti alimentari.
La Fondazione ha ora riunito i due sistemi leader a livello mondiale per misurare l’impatto ambientale di un singolo prodotto alimentare e comunicare le informazioni in modo chiaro e semplice ai consumatori tramite un punteggio sulla parte anteriore della confezione.
Un lancio pilota, a partire da questo settembre, vedrà un gruppo dei principali marchi alimentari del Regno Unito esporre i punteggi ambientali ‘front-of-pack’ su una gamma selezionata di prodotti, mentre Nestlé sta finanziando un intenso programma di ricerca e sviluppo di nove mesi per preparare la Fondazione Earth’s al lancio completo in tutta Europa nel 2022.
Il lancio pilota della Fondazione, questo autunno, combinerà il metodo Mondra con un sistema ideato da un consorzio, finanziato dalla UE, dell’Università belga di Leuven e dell’agenzia di ricerca spagnola AZTI.
I sistemi Mondra ed EIT Food sono unici a livello globale, in quanto entrambi consentono di confrontare due prodotti dello stesso tipo in base ai loro meriti individuali tramite un’analisi completa del ciclo di vita del prodotto, anziché utilizzare semplicemente dati secondari per stimare l’impatto ambientale di un intero gruppo di prodotti.
Il panel intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ha avvertito che l’industria alimentare contribuisce già fino al 37% dei gas serra globali e che, senza intervento, è probabile che questi aumentino di un altro 30% entro il 2050.