Hiv: conferme per la combinazione DOR/3TC/TDF


Hiv: la combinazione doravirina/lamivudina/tenofovir disoproxil fumarato (DOR/3TC/TDF) mantiene la soppressione virale

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Il passaggio a doravirina/lamivudina/tenofovir disoproxil fumarato (DOR/3TC/TDF) una volta al giorno è un’opzione generalmente ben tollerata per mantenere la soppressione virale negli adulti che considerano un cambiamento nella terapia. L’aumento di peso, una delle problematiche più studiate in questo momento nelle persone che vivono con l’HIV, è stato limitato e di poco superiore al chilogrammo in 3 anni di terapia. E’ quanto evidenziano i risultati dello studio DRIVE-SHIFT pubblicati da poco sul Journal of Acquired Immune Deficiency Simdromes.

Le stime epidemiologiche non lasciano dubbi, il numero di persone over 65 che vivono con l’HIV è destinato a crescere nei prossimi dieci anni grazie alle terapie antiretrovirali che permettono di trasformare l’infezione da malattia mortale a cronica. Questo fa sì che si debba porre particolare attenzione a tutte le problematiche legate all’età e all’invecchiamento, soprattutto dal punto di vista cardiometabolico, anche perché le persone con HIV sono particolarmente a rischio dato che l’infezione virale cronica accelera il processo di invecchiamento e favorisce le patologie croniche associate all’età.

Nell’analisi primaria dello studio DRIVE-SHIFT, il passaggio a doravirina/lamivudina/tenofovir disoproxil fumarato (DOR/3TC/TDF) ha mantenuto la soppressione dell’HIV-1 fino alla 48a settimana.

In questa ulteriore analisi vengono presentati i risultati di efficacia e sicurezza a lungo termine fino alla settimana 144 dello studio DRIVE-SHIFT.

Si tratta di uno studio di fase 3, randomizzato, in aperto che ha valutato il passaggio da un regime antiretrovirale stabile a DOR/3TC/TDF una volta al giorno in adulti con soppressione dell’HIV-1 superiore a 6 mesi e nessun precedente fallimento virologico.

“Nella gestione del paziente con HIV diventa prioritaria la gestione delle comorbosità, soprattutto dal punto di vista del rischio cardiovascolare. Iniziando dal controllo dell’aumento del peso corporeo che è strettamente correlato all’insorgenza della sindrome metabolica – spiega Massimo Andreoni, Direttore Scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) – e in questo senso un aiuto può venire anche dallo switch ad una terapia di combinazione”.

I partecipanti hanno fatto lo switch farmacologico al giorno 1 [switch immediato (ISG); n=447] o alla settimana 24 [gruppo di switch ritardato (DSG); n=209].

Alla settimana 144, l’HIV-1 RNA inferiore alle 50 copie/mL è stato mantenuto dall’80,1% del gruppo ISG (351/438) e dall’83,7% del DSG (175/209), mentre nel 2,7% (12/438) e nel 4,8 % (10/209), rispettivamente, aveva HIV-1 RNA pari o superiore alle 50 copie/mL.

Il fallimento virologico definito dal protocollo dopo lo switch si è verificato nel 2,1% di ISG (9/438) e nel 3,3% di DSG (7/209); nessuna resistenza virale alla doravirina è stata rilevata in 4 partecipanti con campioni disponibili.

Riduzioni dei lipidi a digiuno sono state osservate a 24 settimane dopo il passaggio e mantenute fino alla settimana 144. La variazione di peso media dal passaggio alla settimana 144 è stata di +1,4 kg per ISG e +1,2 kg per DSG.

Gli eventi avversi più comuni sono stati nasofaringite (16,2%), cefalea (12,3%) e diarrea (9,1%). Nel complesso, il 4,1% ha interrotto a causa di eventi avversi e non si sono verificati decessi.

“Lo studio DRIVE –SHIFT ha analizzato lo switch in pazienti in terapia antiretrovirale di successo – quindi, con viremia controllata – ad un regime che prevedeva l’utilizzo del tenofovir con l’emtricitabina associato alla doravirina, ha fornito dati metabolici promettenti dimostrando un miglioramento, in una grande percentuale di soggetti, dei valori legati all’assetto lipidico. Inoltre, ha mostrato dati relativi al weight gain e cioè all’incremento del peso ponderale. Noi sappiamo che questa problematica è estremamente rilevante oggi, perché l’aumento del peso ponderale viene descritto comunemente con i nuovi regimi terapeutici. E sappiamo che l’aumento del peso corporeo, evidentemente, correla con lo sviluppo della sindrome metabolica che rappresenta un problema nel paziente con infezione da HIV.

Perché già sappiamo che la presenza del virus è in grado di determinare quello stato infiammatorio che fa sì che i nostri pazienti con infezione da HIV possano andare incontro a patologie cosiddette ‘non aids correlate’.

Con lo studio DRIVE-SHIFT allo switch del trattamento si è visto come a distanza di 3 anni, quindi una osservazione molto lunga, l’incremento del peso corporeo risulta essere stato estremamente modesto, con un valore medio di 1,4 kg. Inoltre l’82 per cento di pazienti non ha avuto un incremento significativo del BMI (Body Mass Index)».

Kumar P. et al., Brief Report: Switching to DOR/3TC/TDF Maintains HIV-1 Virologic Suppression Through Week 144 in the DRIVE-SHIFT Trial J Acquir Immune Defic Syndr. 2021 Jun 1;87(2):801-805. leggi

Kasaie P et al. Multimorbidity in people with HIV using ART in the US: projections to 2030. Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, abstract 102, 2021. leggi