Oltre 100mila bambini a rischio carestia, focolai di epatite E tra i rifugiati: nella regione etiope del Tigray è crisi umanitaria
È sempre più drammatica la situazione nel Tigray e tra i rifugiati che fuggono nel Sudan orientale. La regione dell’Etiopia è teatro di un forte scontro tra il Fronte di liberazione del Tigray (TPLF) e il governo centrale di Addis Abeba. Il conflitto, scoppiato ormai otto mesi fa, nonostante il recente ‘cessate il fuoco’ non si è ancora interrotto e sarebbero oltre due milioni le persone che sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni. Un’enorme crisi umanitaria, denunciano le organizzazioni internazionali, che rischia ora di peggiorare per la difficoltà nel distribuire aiuti umanitari ed il conseguente aumento di malnutrizione ed epidemie.
MSF: TRA RIFUGIATI TIGRAY AUMENTANO CASI EPATITE E
Tra le varie conseguenze del conflitto nella regione etiopica del Tigray, c’è anche la diffusione dell’epatite E tra i rifugiati che fuggono nel Sudan orientale, un’epidemia che mette a rischio anche le popolazioni locali. A dare l’allarme in una nota è Medici senza frontiere (Msf): nel campo di Umm Rakouba e nel centro di transito ad Al Hashaba/Village 8 a Gedaref, il team di Msf fa sapere di aver ricevuto 278 pazienti, di cui 16 sono stati ospedalizzati, incluse tre donne in stato di gravidanza.
Molti pazienti, denuncia ancora Msf come riferisce la Dire (www.dire.it), riportano itterizia acuta, uno dei segnali principali del virus, vomito e dolori addominali. Il campo di Umm Rakouba registra una media giornaliera di 15 casi di epatite E, mentre ad Al-Tanideba sono stati identificati sei casi e altri tre a Hamdayet.
L’ong internazionale ricorda che l’epatite E è un virus contagioso che colpisce il fegato. Come altre malattie come tifo, dissenteria e colera, prolifera in ambienti in cui manca l’acqua potabile e le condizioni igienico sanitarie sono scarse. Causa una colorazione giallastra di occhi e pelle, stanchezza e urine scure, può portare a un grave malfunzionamento del fegato e persino alla morte. Alcuni pazienti curati dai team di Msf sono entrati in stato di coma. Il virus è particolarmente pericoloso per le donne in gravidanza, per le quali il rischio di mortalità è del 25% circa.
“Sin dal primo giorno, la risposta umanitaria è stata insufficiente rispetto alle necessità della popolazione” ha riferito François Zamparini, coordinatore emergenza di Msf nello stato di Gedaref, che con lo stato di Kassala ospita i campi. “I primi segnali delle scarse condizioni igienico-sanitarie non sono stati presi in considerazione e la costruzione di latrine e distributori di acqua potabile è stata troppo lenta. I rifugiati del Tigray stanno pagando con la loro salute lo scarso coordinamento degli aiuti internazionali” ha detto ancora Zamparini.
Secondo Msf, nei campi di Al-Tanideba e Umm Rakouba, che ospitano circa 40.000 persone, le latrine sono insufficienti o inutilizzabili: nel primo molte latrine sono state distrutte da forti piogge e vento, mentre nel secondo ci sono solo 175 latrine per 20.000 persone. L’organizzazione riferisce che è già in corso la costruzione di nuove latrine ma con la stagione delle piogge in arrivo, molte non saranno pronte prima di diversi mesi. Alcune sono posizionate proprio vicino ai punti di accesso all’acqua e questo aumenta il potenziale rischio di contaminazione. Questa settimana, le forti piogge hanno inondato alcune parti del campo di Al-Tanideba peggiorando ulteriormente la situazione. Msf conclude esortando gli attori umanitari a incrementare la quantità e la qualità delle latrine, soprattutto con l’arrivo della stagione delle piogge in cui probabilmente aumenterà la diffusione delle malattie che si trasmettono con l’acqua.
In risposta all’aumento dei casi di epatite E, i team di Msf hanno innalzato i livelli di cloro nell’acqua distribuita e hanno adottato diverse misure per la protezione e la disinfezione dei pozzi di propria gestione dalle acque superficiali sporche. Msf sta inoltre portando avanti attività di promozione della salute nei campi, tra cui una campagna di pulizia delle taniche per far sì che i contenitori utilizzati dai rifugiati siano sicuri. Alle donne in gravidanza, l’ong fornisce scorte aggiuntive di detergenti come ulteriore misura di prevenzione.
UNICEF: CON CARESTIA IN TIGRAY A RISCHIO 100MILA BAMBINI
“Mentre l’Unicef raggiunge le aree del Tigray inaccessibili negli scorsi mesi a causa dell’insicurezza, le maggiori preoccupazioni sulla salute e sul benessere dei bambini nella regione nel nord dell’Etiopia colpita dal conflitto vengono confermate. L’Unicef stima che nei prossimi 12 mesi oltre 100.000 bambini del Tigray potrebbero soffrire di malnutrizione acuta grave, pericolosa per la vita – un aumento di dieci volte rispetto alla media annuale dei casi”. Così in un comunicato Marixie Mercado, Portavoce Unicef.
“I dati delle visite- prosegue il portavoce Unicef- indicano anche che circa la metà (il 47%) di tutte le donne in gravidanza e che allattano sono fortemente malnutrite. Questi tassi allarmanti suggeriscono che le madri potrebbero affrontare maggiori complicazioni durante la gravidanza, aumentando il rischio di morte materna durante il parto o di dare alla luce bambini con basso peso alla nascita, molto più inclini a malattie e morte. Le stime sulla malnutrizione dei bambini sono basate sull’analisi di dati attraverso la misurazione settimanale della circonferenza del braccio condotta dall’Unicef e dai partner dall’inizio del confitto nella regione, circa 9 mesi fa. I dati raccolti su oltre 435.000 bambini forniscono una stima del 2,3% di malnutrizione grave e del 15,6% di malnutrizione acuta moderata, oltre la soglia di emergenza del 15%. I dati sulle madri si basano sulle visite condotte nello stesso periodo. Questa crisi di malnutrizione avviene tra danni estesi e sistematici ai sistemi e ai servizi alimentari, sanitari, nutrizionali, idrici e igienico sanitari da cui i bambini e le loro famiglie dipendono per sopravvivere. Il rischio di epidemie di malattie è alto, soprattutto nei siti che ospitano famiglie sfollate, sovraffollati e poco salubri”.
“La scorsa settimana ho realizzato una missione per valutare le condizioni nutrizionali a Wajirat e Gijet woredas, due distretti inaccessibili durante il conflitto. Ho visto una serie di condizioni che espongono le vite dei bambini a gravi rischi: in molti posti non c’erano scorte di alimenti terapeutici necessari per curare la malnutrizione acuta grave, non c’erano antibiotici, le strutture sanitarie non avevano elettricità. I bambini non sono stati vaccinati per mesi. La recente recrudescenza dei combattimenti nelle regioni vicine di Afar e Amhara, dove circa 1,5 milioni di persone già affrontano l’insicurezza alimentare acuta, stanno ulteriormente aggravando le condizioni in tutto il nord dell’Etiopia. Decine di migliaia di persone sono sfollate, i negozi di alimentari sono stati saccheggiati, senza sufficiente assistenza umanitaria la malnutrizione infantile crescerà oltre livelli già allarmanti, portando anche maggiori rischi di mortalità nella popolazione vulnerabile”.
“L’Unicef sta distribuendo aiuti per rispondere alla nuova emergenza a Afar e Amhara. Abbiamo bisogno di accesso illimitato al Tigray e nella regione, per fornire supporto ai bambini e alle donne che hanno urgente bisogno. Adesso, abbiamo 6.900 scatoloni di alimenti terapeutici salvavita pronti all’uso nel nostro deposito nel Tigray. Sono abbastanza per curare contro la malnutrizione grave circa 6.900 bambini. Per fermare questa catastrofe nutrizionale, sanitaria, idrica e alimentare c’è bisogno di ampliare l’assistenza umanitaria. Questo significa: che deve essere consentito alla comunità umanitaria di condurre il proprio lavoro senza ostacoli; garantire accesso a carburante, denaro e telecomunicazioni; portare aiuti necessari per poter condurre transazioni economiche normali. Il mancato rispetto di queste condizioni potrebbe bloccare l’assistenza umanitaria. L’Unicef chiede a tutte le parti di rispettare i propri obblighi fondamentali a proteggere i bambini da pericoli. La drammatica crisi nutritiva e della sicurezza alimentare nel Tigray e nelle regioni vicine è causata dal conflitto armato e può essere risolta soltanto dalle parti in conflitto”, conclude Mercado, Portavoce Unicef.