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I monoclonali per la malattia da agglutinine fredde

Tumore del polmone, il sangue aiuta a individuare i soggetti più a rischio: sviluppato un nuovo sistema per capire chi dovrebbe sottoporsi allo screening

Per la malattia da agglutinine fredde ad oggi non ci sono terapie specifiche: un nuovo anticorpo monoclonale può trattare la rara malattia del sangue

C’è una patologia rara in cui i globuli rossi vengono distrutti dal sistema immunitario perché riconosciuti come intrusi. Si tratta della “malattia da agglutinine fredde”, per la quale al momento non ci sono terapie specifiche e quelle disponibili possono dare importanti effetti collaterali. Wilma Barcellini, responsabile della Fisiopatologia delle anemie del Policlinico di Milano, ha contribuito a uno studio internazionale pubblicato sulla rivista scientifica “New England Journal of Medicine”: questa ricerca ha individuato una nuova possibilità terapeutica con la somministrazione di un nuovo anticorpo monoclonale (Sutimlimab). La terapia è ancora a livello sperimentale, non è ancora in commercio ma si sta già lavorando per una sua approvazione.

La malattia da agglutinine fredde è una rara malattia cronica con frequenti e gravi ricadute causate da infezioni o dalla stagione fredda. Si tratta di una particolare forma di anemia autoimmune che provoca stanchezza intensa, brividi, febbre, cefalea, palpitazioni e ittero. Spesso si associano disturbi circolatori: le estremità delle dita diventano fredde, insensibili e cambiano colore.

Tutti questi sintomi sono dovuti alla rapida distruzione degli eritrociti, cioè i globuli rossi, responsabili del trasporto dell’ossigeno. Questa distruzione è causata da anticorpi prodotti per errore dal sistema immunitario del paziente che, invece di colpire virus e batteri, attaccano proprio gli eritrociti. Questo meccanismo è potenziato dall’attivazione di un insieme di proteine chiamato complemento, che contribuiscono alla comparsa di “buchi” nei globuli rossi portando alla loro rottura.

E’ proprio qui che interviene la nuova terapia. Sutimlimabblocca in modo rapido e prolungato il complemento. In questo modo, i globuli rossi non vengono più distrutti e di conseguenza aumentano i livelli di emoglobina, la qualità della vita dei pazienti migliora e l’affaticamento si riduce significativamente. Gli effetti collaterali sono di entità lieve o moderata.

I risultati di questo studio sono stati discussi anche al recente Congresso della Società Europea e indicano Sutimlimab come potenziale primo trattamento approvato per la “malattia da agglutinine fredde”, migliorando allo stesso tempo la gestione di questa malattia rara e la quotidianità delle persone che ne soffrono.

“Questa pubblicazione – spiega Wilma Barcellini – è un importante riconoscimento all’impegno della nostra Unità, che fa parte dell’Ematologia diretta da Luca Baldini ed è un centro di riferimento importante a livello internazionale in questo campo. Secondo il nostro studio, Sutimlimab ha permesso di ottenere ottime e durature risposte nel 54% dei pazienti, un aumento medio dell’emoglobina di 2,6 g/dL,in assenza di necessità trasfusionali nel 71% dei pazienti e di significativi effetti collaterali; stiamo già lavorando a un’evoluzione di questa terapia con formulazioni che garantiscano un’attività terapeutica più prolungata, con somministrazioni maggiormente intervallate nel tempo e somministrabili per via sottocutanea”.

FONTE: POLICLINICO MILANO

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