Anemia emolitica autoimmune da agglutinine fredde, conferme per sutimlimab dai risultati della parte A dello studio CADENZA
I risultati della parte A dello studio CADENZA, studio regsitrativo di fase 3 in doppio cieco e controllato con placebo che valuta la sicurezza e l’efficacia di sutimlimab in persone con malattia da crioagglutinine (CAD, Cold Agglutinin Disease) senza una storia recente di trasfusione di sangue (entro i sei mesi precedenti), sono stati presentati in una sessione orale al Congresso dell’European Hematology Association 2021. I dati hanno dimostrato che il trattamento con sutimlimab porta ad un’inibizione rapida e sostenuta dell’emolisi attivata da C1 nei soggetti con CAD entro una settimana dal trattamento e a miglioramenti clinicamente significativi dell’emoglobina e della fatica rispetto al placebo nel corso dello studio.
“L’anemia emolitica autoimmune da agglutinine fredde (o malattia da crioagglutinine) fa sì che il sistema immunitario distrugga erroneamente i suoi globuli rossi sani. Le persone che vivono con questa malattia sperimentano l’impatto paralizzante dell’emolisi cronica che può causare una grave anemia, una profonda stanchezza e possono avere crisi emolitiche acute”, ha affermato il principal investigator e autore della presentazione, il professor Alexander Röth, M.D., del Dipartimento di ematologia e trapianto di cellule staminali, Ospedale Universitario, Università di Duisburg-Essen, Germania. “I risultati positivi dello studio CADENZA dimostrano miglioramenti significativi nell’emolisi e un impatto significativo su parametri chiave come anemia e fatigue”.
CADENZA è il secondo studio registrativo di fase 3 che indaga sutimlimab nel trattamento della CAD. L’endpoint primario di efficacia era la proporzione di pazienti che soddisfacevano tutti e tre i seguenti componenti: miglioramento dell’emoglobina ≥1,5 g/dl dal basale al momento della valutazione del trattamento (media delle settimane 23, 25 e 26), assenza di trasfusioni dalla settimana 5 alla settimana 26 e assenza di altre terapie correlate alla CAD oltre a quelle consentite dalla settimana 5 alla settimana 26.
Gli endpoint secondari di efficacia hanno valutato il miglioramento dal basale negli indicatori chiave del processo di malattia, tra cui l’emoglobina, la bilirubina, i livelli di lattato deidrogenasi (LDH), e la qualità della vita misurata dal Functional Assessment of Chronic Illness Therapy (FACIT)-Fatigue Score.
“I risultati di CADENZA e i dati dello studio di fase 3 CARDINAL, presentati come late-breaker al congresso dell’American Society of Hematology nel 2019, saranno la base del dossier che depossiteremo all’EMA. Insieme, gli studi evidenziano il promettente potenziale di sutimlimab, che può avere un impatto significativo per le persone che vivono con CAD”, ha detto Karin Knobe, M.D., Ph.D., Head of Development, Rare and Rare Blood Disorders, Sanofi. “Sulla base delle solide prove cliniche che abbiamo fino ad oggi, sutimlimab inibisce significativamente l’emolisi e ha il potenziale per essere un nuovo importante trattamento per la CAD”.
Dati dello studio di fase 3 CADENZA (parte finale A) presentati all’EHA 2021
Lo studio CADENZA è uno studio di fase 3, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo finalizzato a valutare l’efficacia e la sicurezza di sutimlimab in pazienti con CAD senza una storia recente di trasfusione di sangue (negli ultimi 6 mesi). I pazienti idonei sono stati randomizzati 1:1 per ricevere una dose fissa basata sul peso (6,5 g o 7,5 g) di sutimlimab o placebo tramite infusione endovenosa il giorno 0, il giorno 7 e poi una volta ogni due settimane fino alla settimana 26. La parte B dello studio, in aperto, è tuttora in corso e valuterà la sicurezza a lungo termine e la durata della risposta al sutimlimab in tutti i partecipanti con CAD.
Quarantadue pazienti (età media di 66,7 anni) sono stati arruolati e randomizzati a sutimlimab (N=22) o a placebo (N=20). Complessivamente, 19 (86%) e 20 (100%) pazienti nei gruppi sutimlimab e placebo, rispettivamente, hanno completato la Parte A e hanno continuato nella Parte B. Tre (14%) pazienti del gruppo sutimlimab hanno interrotto la Parte A in anticipo a causa di eventi avversi.
Dati di efficacia e sicurezza
- Il 73% (n=16) dei pazienti trattati con sutimlimab ha soddisfatto l’endpoint primario composito, dimostrando un miglioramento dell’emoglobina ≥1. 5 g/dL dal basale al timepoint di valutazione del trattamento (settimane 23, 25 e 26), assenza di trasfusioni dalla settimana 5 alla settimana 26 ed assenza di altre terapie correlate alla CAD oltre a quanto consentito dalla settimana 5 alla settimana 26 rispetto al 15% (n=3) nel gruppo placebo (Odds Ratio=15,9, 95% CI: 2,9 a 88,0, p<0,001).
- I dati hanno mostrato che sutimlimab ha incrementato in maniera sostenuta i livelli medi di emoglobina dal basale al timepoint di valutazione del trattamento (settimana 26) con una differenza media statisticamente significativa (minimi quadrati, LS) di 2,6 g/dl (p<0,001; 95% CI:1,8 a 3,4) rispetto al placebo. L’emoglobina è migliorata rapidamente, con un aumento medio (LS) dal basale di ≥1 g/dL entro la settimana 1 e ≥2 g/dL entro la settimana 3. I livelli medi complessivi di emoglobina sono stati mantenuti >11 g/dl dalla settimana 3 al timepoint di valutazione del trattamento, dimostrando un effetto sostenuto per tutto il resto del periodo di trattamento.
- Nei pazienti trattati con sutimlimab è stato ottenuto un miglioramento statisticamente significativo della fatigue misurata con la valutazione FACIT-Fatigue rispetto al gruppo placebo – 10,8 punti contro 1,9, rispettivamente – con una differenza media( LS) di 8,9 punti (p<0,001; 95% CI:4,0 a 13,9). Un aumento di 5 o più punti nel punteggio FACIT-Fatigue suggerisce un cambiamento clinicamente importante1.
- I pazienti trattati con sutimlimab hanno avuto rispetto al gruppo placebo una maggiore riduzione media della bilirubina, un marcatore chiave dell’emolisi, a partire dal basale sino al punto di valutazione del trattamento (-22,1 μmol/L contro -1,8 μmol/L, rispettivamente). I livelli medi di bilirubina si sono normalizzati al di sotto del limite superiore della norma entro 1 o 3 settimane nel gruppo sutimlimab (limite superiore dell’intervallo di riferimento 20,5 µmol/L) mantenendosi al di sotto di tale limite fino alla settimana 26.
- Il trattamento con sutimlimab ha portato a miglioramenti significativi della LDH, un ulteriore marcatore di emolisi, dal basale al punto di valutazione del trattamento rispetto al placebo (-150,8 U/L contro +7,6 U/L).
- Ventuno pazienti (95,5%) nel gruppo sutimlimab e 20 pazienti (100%) nel gruppo placebo hanno sperimentato almeno un evento avverso derivato dal trattamento (TEAE).
- Tre pazienti (13,6%) nel gruppo sutimlimab hanno sperimentato almeno un evento avverso grave emergente dal trattamento (TESAE) (n=4), compreso un TESAE valutato dallo sperimentatore come collegato al sutimlimab (trombosi venosa cerebrale in un paziente con una storia di diabete). Un paziente (5%) nel gruppo placebo ha avuto tre TESAE.
- Gli eventi avversi emergenti con trattamento riportati con maggiore frequenza nel gruppo sutimlimab rispetto al placebo (differenza di ≥ 3 pazienti tra i gruppi) sono stati: mal di testa (23% contro 10%), ipertensione (23% contro 0%), rinite (18% contro 0%), fenomeno di Raynaud (18% contro 0%) e acrocianosi (14% contro 0%). Non sono stati riportati decessi o infezioni da meningococco.
L’anemia emolitica autoimmune da agglutinine fredde (CAD-Cold Agglutinin Disease)
È una malattia rara del sangue, cronica e grave in cui sistema immunitario attacca erroneamente i globuli rossi sani e ne provoca la distruzione (emolisi) attraverso l’attivazione della via classica del complemento. I pazienti con CAD possono sperimentare anemia cronica, profonda stanchezza, crisi emolitica acuta e altre potenziali complicazioni, tra cui un aumento del rischio di eventi tromboembolici e morte precoce2,3,4. L’anemia emolitica autoimmune da anticorpi freddi ha un impatto sulla vita di circa 12.000 persone negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone5. Attualmente non esistono terapie specificatamente studiate per la CAD, pertanto, sutimlimab rappresenta la prima opzione terapeutica specifica.
Informazioni sullo studio di fase 3 CARDINAL
CARDINAL è stato il primo di due studi cardine di fase 3 che indagano sutimlimab come potenziale trattamento per la CAD. CARDINAL è uno studio clinico registrativo, in aperto, a braccio singolo, che valuta l’efficacia e la sicurezza di sutimlimab in pazienti adulti con anemia emolitica autoimmune primaria da anticorpi freddi che hanno ricevuto una recente trasfusione di sangue. I dati CARDINAL sono stati presentati nella Late-Breaking Abstracts Session al 61° Meeting annuale dell’American Society of Hematology nel dicembre 2019 e sono la base della presentazione della Biologics License Application presso la Food and Drug Administration (FDA) statunitense.
Sutimlimab
Sutimlimab è un anticorpo monoclonale umanizzato sperimentale, progettato per colpire e inibire selettivamente il componente C1s nella via classica del complemento, un sistema di proteine che fa parte del sistema immunitario innato. Bloccando C1s, sutimlimab inibisce l’attivazione della via classica del complemento con l’obiettivo di fermare l’emolisi attivata da C1 nella CAD per prevenire la distruzione anomala dei globuli rossi sani. Inibendo selettivamente la via classica a monte di C1s, sutimlimab non inibisce la via della lectina e quella alternativa del complemento.
Sutimlimab ha ottenuto la designazione di Breakthrough Therapy dalla U.S. Food and Drug Administration (FDA) e lo status di Orphan Drug dalla FDA, dalla European Medicines Agency (EMA) e dalla Pharmaceuticals and Medical Devices Agency in Giappone. Sutimlimab è attualmente in fase di sperimentazione clinica e non è pertanto stato approvato da alcun ente regolatorio. Sanofi prevede di ripresentare la sua Biologics License Application alla FDA statunitense nella seconda metà del 2021.