I Millennials scoprono gli anni 90 in streaming, con le serie Netflix, ma anche a tavola: dalla bresaola con rucola e grana fino alla paella
Oggi, complice anche la natura mutevole e caotica di questi ultimi due anni, siamo tutti pervasi da un “effetto nostalgia” desiderando il conforto di un’era passata, lo dicono anche i sociologi. Vale soprattutto per i Millennials, la generazione nata negli anni 80, entrata nel nuovo millennio a 18-20 anni, che ha negli occhi i ricordi di bambino di quei rampanti anni 80, seguiti dal relativo benessere dei 90, quelli segnati da due crolli (del Muro di Berlino nel novembre 1989 e delle Torri Gemelle di New York nel 2001) che ne hanno delimitato la durata. Gli anni 90 dei Mondiali di Italia 90, in cui ha inizio un decennio misterioso, luminoso e controverso.
Ma in mezzo cos’è successo? In radio arrivano le boy band (Spice Girls e Take That), in televisione è l’avvento dei teen drama (Beverly Hills, Melrose Place, Dawson Creek), è tempo di karaoke con Fiorello, di Non è la Rai e di Festivalbar. Internet era agli esordi, i social e gli smartphone non esistevano neanche. Per ordinare una pizza a domicilio non esistevano app di food delivery ma ci si appellava ad una telefonata.
Inizia la globalizzazione del mercato, le famiglie diventano meno numerose, ci sono sempre più single e nascono le prime confezioni “monoporzione”, il fast food, i discount. Al contempo, proprio perché parliamo di decade controversa, si parla di Dieta Mediterranea e di cibi light, inizia a prendere piede una nuova filosofia di cibo e di vita “slow food” con la riscoperta delle tradizioni e dei territori locali, delle Dop e delle Igp, oggi ancora attualissima. In cucina, si assiste ad una “fuga dagli eccessi”. La forma fisica diventa fondamentale: al bando i cibi pesanti come la panna, che aveva dominato anni 70 e 80, assolutamente sì ad alimenti dietetici. La parola d’ordine è “light”, che da qui fino ai giorni nostri diventerà una tendenza. Quali sono dunque i cibi che si affacciano in tavola negli anni 90?
Bresaola della Valtellina
Salume tipico diventato IGP nel 1996 che ha iniziato la sua popolarità proprio a partire dagli anni 90 (quando è diventato noto anche al di fuori dei confini lombardi), tanto da essere amato e consumato oggi da 38 milioni di italiani. Negli anni dell’attenzione per la forma, la Bresaola della Valtellina IGP è un vero e proprio integratore sotto forma di cibo, è il più slim tra i salumi con un apporto calorico di 150 kcal/100 grammi, pochissimi grassi (2,6%) e un’alta percentuale di proteine (32%). Non a caso ancora oggi è molto utilizzata nella dieta degli sportivi, a livello agonistico e non. Negli anni 90 si era soliti consumarla da sola, magari irrorata con un filo d’olio e qualche goccia di limone, o su un letto di rucola e ricoperta di scaglie di grana. Negli anni però, anche lei ha fatto la sua scalata sociale e culinaria e oggi sono tantissimi i modi di portarla a tavola, alcuni insospettabili. Da provare con le verdure (finocchio, peperoni e melanzane sul podio), con la frutta di stagione (intraprendente con il melone, il mango, l’avocado, l’arancia, il caco, l’albicocca e la melagrana), con la frutta secca (mandorle, noci e pistacchi), con lo zenzero o il rosso d’uovo. (Qui qualche suggestione https://www.bresaolainedita.it/identikit/).
Formaggio spalmabile
A sgomitare per prendere il posto della panna, ormai in declino, è proprio il formaggio spalmabile. Non fa parte della tradizione casearia di casa nostra. A chi è nato negli anni 2000, una ragazza giapponese di nome Kaori non dirà molto, ma gli anni 90 sono quelli del boom del Philadelphia, un alimento che si presta a molteplici usi e piatti, donando un tocco di morbida dolcezza, dal crostino all’insalata. Come mai il più celebre formaggio spalmabile porta il nome dell’omonima città americana? Non perché sia stato creato in quel luogo (nasce a New York nel lontano 1872 da un’idea dl casaro William Lawrence), ma perché all’epoca Philadelphia era considerata la patria del cibo di qualità. In Spagna il termine Philadelphia è entrato nel linguaggio comune per indicare genericamente qualunque tipo di formaggio spalmabile, che in spagnolo prende appunto il nome di “queso Filadelfia” o “queso crema”.
Paella
Forse una delle prime incursioni di cucina etnica nei gusti a volte un po’ “conservatori” degli italiani. Simbolo di europeismo, di scambio, di apertura e di fratellanza tra popoli, la paella è un piatto tradizionale della cucina spagnola a base di riso, zafferano carne o frutti di mare. Non poteva che nascere in Spagna, dove furono i Romani a portare l’olio ed i Mori il riso e lo zafferano. È originaria della Comunità Valenzana e successivamente si è diffusa in tutta la Spagna, acquisendo popolarità all’estero, in particolare nel bacino del Mar Mediterraneo e nell’America Latina. Nella sua versione a base di pesce, evoca serate al mare sulla riviera romagnola ma anche cene da Interrail ed Erasmus. Una curiosità: “paella” in lingua originale significa padella, ovvero il basso recipiente di ferro a due manici nel quale viene cucinata e servita. Se dopo il 1800 la paella diventa un piatto estremamente richiesto, realizzato con ingredienti pregiati e amato da personaggi come Franklin D. Roosevelt, le sue origini sono decisamente più umili. Nasce infatti come un insieme di “avanzi” spesso ottenuti dalle tavole nobiliari e consumati dalla servitù.
Plumcake
Dolce soffice e profumato che non ha bisogno di presentazioni: preparato con pochi ingredienti e con la sua inconfondibile forma, è amatissimo da tutti per la sua semplicità. Dolce tipico della prima colazione, compagno ideale di una tazza di tè o di una merenda a scuola. Se la bontà del plumcake è famosa in tutto il mondo, forse però non tutti sanno che il suo nome nasce in realtà da un “errore” ed è un’invenzione tutta italiana. In origine questa torta si chiamava Pflaumenkuchen (torta alle prugne). Di forma rettangolare, composta da pasta frolla, con pezzetti di prugna. Nacque in Germania e si diffuse in seguito nei Paesi anglossassoni. Il dolce che noi conosciamo con questo nome, in Inghilterra viene chiamato poundcake, dove il termine pound (libbra) sta ad indicare la stessa unità di misura per ciascun ingrediente (una libbra di farina, una di uova, una di burro, una di zucchero e una di frutta) in modo da rendere più facile la memorizzazione della quantità di ingredienti. In Francia il dolce inglese venne chiamato gateaux Quatre-Quarts (torta quattro quarti). Venivano utilizzati gli stessi ingredienti del poundcake, tranne i canditi e la frutta secca. Con il passare del tempo la ricetta fu rielaborata. Al giorno d’oggi possiamo gustare innumerevoli tipi di plumcake, da quello allo yogurt, al variegato al cioccolato, al caffè, farcito con varie creme, fino ad arrivare alla variante salata.
Yogurt gelato
I primi gelati allo yogurt sono stati introdotti sul mercato dall’imprenditore H.P. Hood negli anni 70, con il nome di frogurt ma solo negli anni 90 diventano un trend, per andare incontro al desiderio die consumatori di un cibo più light, con un più basso contenuto di grassi (dovuto all’uso di latte, invece di panna), ma dal gusto simile al gelato. Il frozen yogurt non ha mai preso pienamente il posto del classico gelato tradizionale, se non altro per il suo sapore aspro, ma ha ottenuto anche lui un posto al sole, segnando anche l’avvento di una nuova tipologia di locale, la yogurteria, dove è possibile gustarlo abbinato a pepite di cioccolato, cereali, frutta. Oggi è facilissimo prepararlo anche in casa, con o senza gelatiera. Sulle proprietà dello yogurt, si dice che gli arabi del deserto e i pastori bulgari siano sempre state persone di indubbia longevità grazie anche al loro consumo assiduo di yogurt.
Insalata di riso
Stabilire l’origine dell’insalata di riso è una missione praticamente impossibile, in questo piatto troviamo influenze dell’antica Roma, arabe e persino spagnole, con un chiaro rimando alla Paella, appunto, che veniva utilizzato come pietanza di festa dall’800 in poi. Gli ingredienti sono comuni ad altri piatti tipici di paesi del Mediterraneo, in Maghreb il cous cous, in Libano il tabulè, potremmo quasi dire che questo è quello che si definisce un vero piatto internazionale. La prima ricetta codificata di cui ho trovato traccia per quella che potremmo considerare l’antenata dell’insalata di riso è il riso freddo citata nel trattato di cucina di un Anonimo Padovano (probabilmente cuoco di origine romana dell’Arcivescovo di Padova), che i critici stimano ultimato tra il 1475 ed il 1502. Nel secondo Dopoguerra, una volta ricostruite le condizioni di vita ordinarie e trovato il riso tra gli alimenti a buon mercato, arriva così il boom dell’insalata di riso, sorella della pasta fredda e del piatto unico. Negli anni ’90 la troviamo a base di sottoli e sottaceti, ai giorni nostri è diventata più raffinata, light, talvolta anche gourmet, meritandosi una giornata nazionale tutta sua (8 luglio).