Dal rinfacciare al recriminare: la psicologa spiega alcuni atteggiamenti che non aiutano a gestire la conflittualità di coppia ma anzi hanno l’effetto opposto
Imparare a comunicare strategicamente con il proprio partner è il primo canale di gestione della conflittualità di coppia.
Mentre non esiste una forma universalmente valida di dialogo efficace tra due persone, è sicuramente possibile circoscrivere gli atteggiamenti sicuramente fallimentari da evitare – a livello quotidiano – per evitare l’escalation della conflittualità di coppia.
GLI ERRORI PIÙ COMUNI
- Puntualizzare: da persone ragionevoli, ci si trasforma in straordinari rompiscatole.
- Recriminare: accusare ripetutamente il partner di ciò che ha fatto/non fatto, detto/non detto, pensato/non pensato.
- Rinfacciare: colui che rinfaccia si pone come vittima dell’altro, usando la propria sofferenza per indurre il partner a correggere quei comportamenti che l’hanno generata. Come risultato, non sono il partner non cambierà atteggiamento, ma diventerà ancora più opprimente. È, infatti, noto che chi si pone come «vittima» costruisce i suoi «aguzzini».
- Predicare: ovvero proporre ciò che è giusto o ingiusto a livello della morale e, sulla base di ciò, esaminare e criticare il comportamento altrui. L’effetto di questa azione comunicativa è incentivare, anche in chi non ce l’ha, la voglia di trasgredire le regole morali poste a fondamento della predica stessa.
IMPARARE A DIALOGARE CON SERENITÀ
Esistono, poi, forme meno articolate di comunicazione, ma comunque in grado di provocare irritazione nel partner. Prima tra tutte il: “Te l’avevo detto!”, con tutte le sue varianti (“Lo sapevo…”, “Non mi hai voluto dare retta, vedi?!”). Innervosirebbe anche un santo, e dà al partner la possibilità di dirottare contro di noi tutta la rabbia che aveva contro di sé a causa del suo fallimento.
E ancora, il molto spesso non richiesto “lo faccio solo per te”: questo non solo fa sentire l’altro in debito, ma lo squalifica. Un atto altruistico dichiarato si trasforma in una manovra egoistica.
Un’altra forma di squalifica delle capacità dell’altro è il: “Lascia… faccio io”. Un contributo non richiesto non solo non aiuta, ma danneggia.
Infine – le regine di tutte le tecniche per ottenere un sicuro dialogo fallimentare: il biasimare. Il biasimo non è una critica diretta, non è una contestazione, non è un mettere in dubbio le capacità dell’altro, ma è una sequenza comunicativa rappresentata da una prima parte nella quale ci si complimenta con l’altro e una seconda parte nella quale si afferma che però avrebbe potuto fare di meglio, di più o che ciò non è abbastanza. Una strategia invincibile per creare problemi anche quando questi non ci sono.
Caratteristica comune a queste forme comunicative – ci ricorda Giorgio Nardone nel suo libro “correggimi se sbaglio” – è il loro basarsi sulle “migliori intenzioni”.
Un secondo tratto essenziale è rappresentato dal fatto che chi le mette in atto è fermamente convinto delle proprie ragioni e, purtroppo, è proprio l’incalzare che conduce il più delle volte al conflitto. È bene ricordare, però, che è di fondamentale importanza proporre all’altro le proprie opinioni e sensazioni avendo prima ascoltato e valutato il suo punto di vista.
Una volta individuate le sicure forme fallimentari di dialogo, il primo passo consiste nell’evitarle; il secondo, nel sostituirle con strategie e tattiche comunicative in grado di dar vita a un dialogo – quindi una relazione costruttiva.
IL SERVIZIO DI PSICOLOGIA CLINICA DI AUXOLOGICO
Il Servizio di Psicologia Clinica nasce dalla collaborazione di Auxologico con la Facoltà e il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, ed è sede di insegnamento del Master in Psicologia Clinica Sanitaria della stessa università.
Offre un largo spettro di prestazioni in regime di solvenza.
FONTE: AUXOLOGICO