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Nuovo studio sulle quantità di kripton

kripton

Un nuovo studio ha scoperto perché i modelli prevedessero una quantità di kripton inferiore a quella effettivamente osservata nell’universo

Ad eccezione dell’idrogeno, le stelle sono in grado di produrre tutti gli elementi chimici che s’incontrano in natura. Tra questi figura anche il gas nobile kripton (simbolo chimico Kr): noto al grande pubblico per aver dato i natali a Superman – nonché per gli effetti indesiderati causati al supereroe – questo elemento viene utilizzato nell’industria per la produzione di luci fluorescenti e in medicina come tracciante del flusso sanguigno. Nell’universo, il kripton viene principalmente prodotto dalle stelle di grande massa (almeno 10 volte più grandi del nostro Sole, per intenderci), grazie al processo di cattura neutronica lento: il processo slow, o processo s. Uno studio teso a misurare le sezioni d’urto per cattura neutronica di alcuni isotopi del kripton, guidato da Moshe Tessler del Soreq Nuclear Research Center israeliano, è stato ora pubblicato su Physical Review C. 

Il lavoro di Tessler e colleghi è stato anche selezionato come Editors’ suggestion. “La conoscenza dettagliata dei rapporti isotopici del processo s richiede spesso la misura dettagliata delle sezioni d’urto per cattura neutronica di tutti gli isotopi di uno stesso elemento. Questo lavoro”, si legge nel sommario che lo presenta fra gli Highlighted articles, “applica una tecnologia relativamente nuova, la Atom-trap-trace-analysis (Atta), dove singoli neutroni sono catturati e contati attraverso il fenomeno della fluorescenza utilizzando transizioni atomiche cicliche eccitate dalla messa a punto di precisi laser. La produzione assoluta di un isotopo è poi determinata attraverso il confronto con campioni di riferimento. In questo lavoro, sono state rideterminate le sezioni d’urto per cattura neutronica di quattro isotopi del kripton e successivamente utilizzate per calcolare le relative abbondanze dovute al processo s in stelle di massa grande e intermedia”.

Allo studio hanno contribuito, fornendo il supporto teorico per l’interpretazione dei nuovi dati sperimentali, anche tre ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica: Sergio Cristallo dell’Inaf d’Abruzzo, Marco Limongi e Lorenzo Roberti dell’Inaf di Roma. I nuovi dati sperimentali – ottenuti dalla collaborazione degli scienziati di ben tre laboratori diversi: la Soreq Applied Research Accelerator Facility in Israele, il Laboratorio nazionale di Argonne negli Usa e l’Università di Berna in Svizzera – comportano cambiamenti significativi delle abbondanze isotopiche del kripton e anche degli elementi successivi nella tavola periodica, come il rubidio. In particolare, la produzione del kripton-80 risulta aumentata.

«Nell’universo questo particolare isotopo – a causa della presenza di altri isotopi stabili che “schermano” un eventuale contributo dal processo di cattura neutronica rapida, il processo r – viene prodotto esclusivamente dal processo s», spiega Cristallo a Media Inaf. «Di conseguenza, è un ottimo tracciante per verificare la robustezza dei modelli teorici. I calcoli effettuati con la nuova sezione d’urto del kripton-80 (più bassa rispetto a prima) sanano una discrepanza che noi stessi avevamo messo in evidenza confrontando i nostri modelli con calcoli di evoluzione chimica della Via Lattea. In particolare, risultava che i modelli stellari producessero troppo poco kripton-80 rispetto all’abbondanza osservata nel Sistema solare. Al contrario, ora i numeri tornano. Il kripton-80, tuttavia, è poco abbondante in natura (circa il 2 per cento di tutto il kripton). Il nostro supereroe preferito può dunque dormire sonni tranquilli».

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