Giulia Cancedda, in arte Cance, debutta per Musa Factory con il brano “Tu che sai tutto (shallala)” che denuncia l’effetto Dunning Kruger
Con Cance debutta la neonata label Musa Factory, un’etichetta che vuole rappresentare la contemporaneità puntando a sviluppare, sostenere e diffondere storie attuali e storie senza tempo. Le donne, in Musa, sono protagoniste della musica per il cambiamento e per la diffusione di “best pratice”.
La cantautrice ligure CANCE da il via a questa collaborazione con il singolo “Tu che sai tutto (Shallala)”, un brano che affonda le radici in una esperienza di vita personale nella quale viene a contatto diretto con quello che viene definito “Effetto Dunning Kruger”, una distorsione cognitiva che porta alcune persone a sopravvalutare le proprie abilità e dichiararsi esperte in qualcosa, dimostrando invece con i fatti l’esatto opposto. Tutto questo diventa tumulto, rivolta interiore, che porta a reagire e ribalta i ruoli. Una invettiva contro il mansplaining, le furbizie, i raggiri che soprattutto giovani e donne sono abituat* a ricevere dalle figure dominanti della nostra società.
Il regista, Luis Turetti, rende visibile tutto questo in un mix di dark e glamour per un video che cita nei toni e nella fotografia il film L’Odio di Kassovitz. Intravedere la “luce”, metafora di speranza, è per l’uomo una possibilità di tirarsi fuori dall’oscurità e rendersi liberi, basta essere consapevoli che può capitare a chiunque di avere di fronte qualcuno in una posizione di iniziale e apparente vantaggio rispetto a noi e che abusi del proprio potere.
“Tu che sai tutto (Shallala)” è un brano dal sound marcatamente ElectroPop che nasconde un’anima soul-acoustic che lo porta in bilico tra un cantato tipicamente Italian Pop e una struttura sonora d’oltremanica.
“La mia canzone è un in invito a non farsi prendere in giro e reagire usando l’arma della conoscenza – racconta CANCE – che resta uno dei mezzi più efficaci per abbattere quel muro che porta alla fine di ogni dialogo e che si crea tra le diverse visioni. L’urlo di rabbia si trasforma quindi in uno “shallala” liberatorio, che vuole essere anche un omaggio al canto liberatorio del viaggio di Neil Sedaka verso Amarillo, e che è da sempre considerato nella musica un fonema per dire: “Liberiamoci da tutto ciò che ci appesantisce, che ci tira giù e non ci fa vivere i nostri sogni”.
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