Vaccino Covid sicuro ed efficace nei pazienti sottoposti a un trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche o alla terapia con cellule CAR-T
La vaccinazione anti Covid-19 sembra essere sicura ed efficace nei pazienti che sono stati sottoposti a un trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche o alla terapia con cellule CAR-T. A suggerirlo sono i risultati di uno studio presentato al recente convegno della European Hematology Association (EHA).
Timore di scarsa risposta ai vaccini anti-Covid
I pazienti con tumori ematologici sono particolarmente vulnerabili al contagio da coronavirus e c’è il timore che tali pazienti sviluppino una risposta scarsa alla vaccinazione anti-Covid.
Tuttavia, i risultati della ricerca presentata al convengo europeo, uno studio prospettico di coorte monocentrico condotto in Israele, mostrano buone risposte in un sottogruppo di questi pazienti sottoposti a un trattamento intensivo con un trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche o una terapia a base di cellule CAR-T.
In questi pazienti si sono ottenute risposte relativamente buone alla vaccinazione anti Covid-19 con il vaccino a mRNA, con risposte cellulari e umorali complessivamente vicine o superiori all’80%.
«Sono stato realmente sorpreso nel rilevare che i pazienti che hanno subito un trapianto allogenico e sono attualmente in terapia con farmaci immunosoppressori abbiano sviluppato una risposta così alta al vaccino», ha dichiarato il primo autore dello studio, Ron Ram, direttore dell’Unità di trapianto di midollo osseo presso la Divisione di Ematologia del Tel Aviv Sourasky Medical Center.
Necessario uno stretto monitoraggio
«Con altri vaccini stagionali, di solito vediamo risposte molto più basse» e ha continuato: «Il problema è che non siamo sicuri di quanto durerà questa risposta e questo aspetto deve essere ancora studiato».
Va aggiunto però che «il 5% dei pazienti ha sviluppato citopenie transitorie e gravi esacerbazioni della graft-vs-host disease (GVHD). Pertanto, è obbligatorio sottoporre questi pazienti a uno stretto monitoraggio».
«L’infezione da Covid-19 è molto pericolosa per i nostri pazienti sottoposti al trapianto allogenico o a un trattamento con CAR-T e tutti questi pazienti dovrebbero essere vaccinati prima possibile», ha aggiunto l’autore.
Lo studio
Lo studio ha coinvolto 79 pazienti, di cui 66 sottoposti a un trapianto di cellule ematopoietiche e 14 a un trattamento con cellule CAR-T presso il Tel Aviv Sourasky Medical Center.
I pazienti erano in trattamento per leucemia mieloide acuta (46%), sindromi mielodisplastiche (9%), leucemia linfocitica acuta (10%), linfoma diffuso a grandi cellule B (15%) e altre patologie oncoematologiche.
Tutti i pazienti sono stati vaccinati con il vaccino anti Covid-19 a mRNA Pfizer/BioNTech BNT162b2, che in uno studio di fase 3 condotto su pazienti sani ha fornito un tasso di protezione del 94,6% ed è raccomandato per i pazienti immunosoppressi.
L’età mediana dei pazienti era di 65 anni e il tempo mediano intercorso tra l’infusione delle cellule e la vaccinazione è risultato di 32 mesi nel gruppo sottoposto al trapianto allogenico e 9 mesi nel gruppo trattato con le CAR-T.
Tra i pazienti sottoposti al trapianto allogenico, il 62% aveva sviluppato una GVHD cronica attiva e il 58% stava effettuando una terapia immunosoppressiva, in particolare con inibitori della calcineurina. Inoltre, l’11% dei pazienti aveva un’aplasia completa delle cellule B.
Immunogenicità nell’82% dei pazienti sottoposti al trapianto
Una valutazione delle risposte immunitarie umorali al vaccino a 7-14 giorni dalla somministrazione della seconda dose, determinate su base sierologica, ha mostrato che l’82% dei pazienti nel gruppo sottoposto al trapianto allogenico ha sviluppato immunogenicità. Tuttavia, il tasso di risposta umorale è risultato solo del 36% nel gruppo trattato con le cellule CAR-T.
Quando invece si sono considerate le risposte cellulari, valutate con il test ELISpot, il trend è risultato quasi invertito, con un tasso di risposta del titolo anticorpale del 46% nel gruppo sottoposto al trapianto allogenico e del 79% nel gruppo trattato con le CAR-T.
Le risposte anticorpali combinate complessive sono risultate dell’86% nei pazienti sottoposti al trapianto allogenico e 79% in quelli trattati con le CAR-T.
Inoltre, un’ analisi multivariata ha mostrato che i fattori associati a una risposta umorale positiva includevano: un tempo intercorso tra l’infusione delle cellule e la vaccinazione più lungo (P =0,032), il sesso femminile (P = 0,028) e un maggior numero di cellule CD19-positive (P=0,047).
Al contrario, l’età, una GVHD attiva e l’intensità della terapia immunosoppressiva concomitante non sono risultate predittive dei risultati.
Un maggior numero di cellule CD19 e di cellule CD4 si è dimostrato un fattore predittivo di risposta cellulare positiva al test ELISpot (P = 0,49 e P = 0,041, rispettivamente).
Due pazienti hanno sviluppato un’infezione da SARS-CoV-2 dopo aver ricevuto la prima dose del vaccino, ma l’infezione non ha richiesto il ricovero e dopo il completo recupero, entrambi i pazienti hanno ricevuto la seconda dose.
Vaccino generalmente ben tollerato
In generale, il vaccino è stato ben tollerato dai pazienti e gli eventi avversi sono stati simili a quelli osservati nella popolazione non trapiantata.
Complessivamente, il 5% dei pazienti ha manifestato un peggioramento della GVHD dopo ogni dose di vaccino.
Inoltre, in circa il 10% dei pazienti si è osservata citopenia, che nel 5% dei casi è risultata grave.
Eventi avversi di grado 3 o superiore si sono verificati nel 4,6% dei pazienti sottoposti al trapianto allogenico e nel 7% dei pazienti trattati con le CAR-T. Sebbene gli eventi avversi si siano risolti rapidamente nella maggior parte dei casi, si è avuto un rigetto secondario del trapianto, che è tuttora oggetto di valutazione da parte degli sperimentatori.
Le raccomandazioni della EBMT
La European Society for Blood and Marrow Transplantation (EBMT) raccomanda la vaccinazione a partire da almeno 3 mesi dopo il trapianto allogenico. Ram ha affermato che tale raccomandazione «ha senso», infatti, ha aggiunto «nei pazienti sottoposti al trapianto allogenico abbiamo visto una buona risposta 3 mesi dopo il trapianto stesso».
Le eccezioni sono state rappresentate dai pazienti in trattamento con una terapia anti-CD19 nel gruppo trattato con le CAR-T e dai pazienti con aplasia delle cellule B. «Questi soggetti non hanno risposto bene al vaccino, quindi questo è un aspetto che va tenuto in considerazione», ha concluso l’autore. «Servono certamente più dati sulla durata dei vaccini e sui metodi da utilizzare nei pazienti che non hanno sviluppato una sufficiente risposta al vaccino».
La raccomandazione dell’EBMT sulla tempistica vaccinale è approvata anche dal National Comprehensive Cancer Network, che, infatti, raccomanda di procrastinare di almeno 3 mesi la vaccinazione anti Covid-19 per i pazienti sottoposti al trapianto allogenico o alla terapia con CAR-T.
Nel commentare lo studio durante la conferenza stampa, l’esperta dell’EHA Elizabeth Macintyre ha dichiarato che i nuovi risultati sono incoraggianti.
«È di grande valore vedere che ci sono raccomandazioni di consenso su chi deve essere vaccinato e quando, e alla fine il risultato sembra essere che è meglio essere vaccinati rispetto a non esserlo», ha detto.
Bassa risposta alla vaccinazione in un altro studio
Un altro esperto, Evangelos Terpos, della National and Kapodistrian University di Atene, ha riferito di aver riscontrato tassi di risposta alla vaccinazione anti Covid-19 più bassi tra i pazienti anziani con tumori maligni ematologici in generale, in linea con i risultati di altri studi.
L’esperto, riportando i risultati relativi alle risposte fino al 50° giorno successivo alla vaccinazione in 48 pazienti con mieloma multiplo (età mediana: 83 anni), ha riferito che il 40% dei pazienti non ha raggiunto titoli anticorpali superiori al livello del 30%, che è considerato il cutoff di risposta positiva alla vaccinazione.
Nel 49% dei pazienti che hanno ottenuto risposte anticorpali al di sopra del 50%, che rappresenta un’inibizione clinicamente rilevante, uno dei fattori associati a una risposta più alta è risultato il trattamento con lenalidomide. Al contrario, una terapia con daratumumab o coniugati anti-BCMA è risultata associata a risposte anticorpali molto basse.
L’autore ha osservato che in un’altra ricerca condotta su 58 pazienti anziani con macroglobulinemia di Waldenstrom o altri linfomi di basso grado si sono ottenute risposte altrettanto basse, in particolare tra coloro che avevano ricevuto il trattamento anti-CD20, rispetto agli individui sani.
«Abbiamo riscontrato che i pazienti con neoplasie ematologiche o tumori solidi hanno risposte più basse [al vaccino anti Covid-19 a mRNA, ndr], soprattutto quelli trattati con l’immunoterapia o terapie mirate, tra cui agenti anti-CD20, anti-CD38, anti-BCMA, inibitori di BTK e inibitori di PD-L1 o PD-1», ha concluso Terpos.
Bibliografia
R. Ram, et al. Safety and efficacy of the BNT162B2 mRNA Covid-19 vaccine in patients after allogenic HCT and CD19-based CAR-T therapy. A single center prospective cohort study. EHA 2021; abstract S285. Link