Lucy, la prima delle due missioni del Discovery Program della Nasa, è quasi pronta a partire alla scoperta degli asteroidi troiani di Giove
Lucy, la prima sonda della Nasa progettata per esplorare gli asteroidi troiani di Giove – una popolazione di antichi piccoli corpi che condividono l’orbita del pianeta gassoso –, è arrivata lo scorso venerdì 30 luglio al Kennedy Space Center dell’agenzia in Florida. La sondo si trova ora in una camera pulita, pronta per iniziare i preparativi finali per il lancio, previsto in una finestra di 23 giorni a partire dal prossimo 16 ottobre alla Cape Canaveral Space Force Station.
Durante la sua missione primaria di dodici anni, Lucy esplorerà un numero record di asteroidi, sorvolando un asteroide della fascia principale e sette asteroidi troiani (tra cui la mini-luna di un asteroide). Questi ultimi sono residui del Sistema solare primigenio, ora intrappolati in orbite stabili associate al pianeta gigante, attorno al quale formano due “sciami” che precedono e seguono Giove nel suo percorso intorno al Sole, raggruppati attorno a punti stabili di equilibrio gravitazionale noti come punti di Lagrange.
La sonda è stata trasportata dalla Buckley Space Force Base di Aurora, in Colorado, a bordo di un aereo cargo C-17 dell’aviazione militare statunitense. Proprio in Colorado, negli stabilimenti di Littleton della Lockheed Martin Space, la navicella spaziale era stata progettata e assemblata.
Lucy è ora pronta per iniziare il suo ultimo ciclo di test e controlli pre-lancio, che includono test del software, test funzionali di strumenti e alimentatori, test di carico del propellente di propulsione, test di telecomunicazione e auto-test del veicolo spaziale medesimo.
«È difficile credere che siamo finalmente qui, dopo oltre sette anni di duro lavoro», dice Hal Levison, responsabile di Lucy presso il Southwest Research Institute di Boulder, in Colorado. «Non avremmo potuto raggiungere questo obbiettivo senza un team estremamente talentuoso e dedicato. È giunto il momento di portare Lucy nello spazio, in modo che possa restituirci la sua visione scientifica rivoluzionaria sull’origine del nostro sistema planetario».