Un nuovo studio ha ricalcolato, con i dati ottenuti dalla sonda Osiris-Rex, le orbite dell’asteroide Bennu per i prossimi due secoli
Il 24 settembre 2023 è previsto l’arrivo sulla terra di un’abbondante manciata di regolite carbonacea che la sonda Nasa Osiris-Rex ha raccolto nell’ottobre 2020 direttamente dalla superficie dell’asteroide Bennu. Sempre il 24 settembre, ma molti anni dopo, precisamente nel 2182, la Terra rischia di trovarsi recapitata a domicilio tutta la massa dell’asteroide da mezzo chilometro di diametro. Vediamo perché.
L’asteroide (101955) Bennu, scoperto nel 1999 e ripetutamente osservato con telescopi ottici e radar, è un Near-Earth Object potenzialmente a rischio di intersecare la sua orbita con quella terrestre. Anzi, nella scala Palermo – usata dagli astronomi per valutare il rischio di impatto – risulta uno dei due oggetti con maggiore probabilità complessiva di causare danni alla Terra.
Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Icarus, ha ora raffinato notevolmente le previsioni su un possibile incontro tra Bennu e il nostro pianeta, basandosi sulle informazioni raccolte proprio dalla missione Osiris-Rex negli oltre due anni in cui ha visitato Bennu. Osiris-Rex ha indagato da vicino le dimensioni, la forma e la composizione dell’asteroide, studiando la rotazione e la traiettoria orbitale molto più in dettaglio di quanto avrebbe potuto fare qualunque telescopio terrestre. Questo ha permesso ora di stimare con maggiore precisione il suo percorso nel prossimo paio di secoli.
Il nuovo studio ha determinato una probabilità complessiva d’impatto entro l’anno 2300 di 1 su 1750 (o 0.057 per cento), mentre – come si diceva – il 24 settembre 2182 risulterebbe la singola data più significativa in termini di potenzialità, con una probabilità d’impatto di 1 su 2700 (o circa 0.037 per cento).
«I dati di Osiris-Rex ci danno informazioni molto più precise, possiamo testare i limiti dei nostri modelli e calcolare la traiettoria futura di Bennu con un altissimo grado di certezza fino al 2135», commenta il primo autore dello studio Davide Farnocchia, del Center for Near Earth Object Studies (Cneos) della Nasa. «Non abbiamo mai modellato la traiettoria di un asteroide con questa precisione prima d’ora».
Nel 2135 l’asteroide Bennu si avvicinerà molto alla Terra. Pur senza rappresentare alcun rischio in quel momento, per gli scienziati è fondamentale riuscire a capire il più accuratamente possibile in che modo la gravità terrestre altererà il percorso dell’asteroide intorno al Sole. In particolare, se il corpo spaziale percorrerà alcune traiettorie specifiche, passanti attraverso determinati punti chiamati “buchi della serratura gravitazionali” (gravitational keyhole), che lo metterebbero in rotta di collisione con Terra durante un’orbita futura.
Per calcolare esattamente dove si troverà Bennu durante il suo passaggio ravvicinato del 2135 e se possa passare o meno attraverso un gravitational keyhole, Farnocchia e il suo team hanno valutato vari tipi di forze che, per quanto piccole, possono influenzare a lungo andare il percorso dell’asteroide mentre orbita attorno al Sole.
Tra queste forze, il calore del Sole medesimo gioca un ruolo cruciale grazie a un fenomeno chiamato effetto Yarkovsky, che, con la rotazione del corpo fra “giorno” e “notte”, fa disperdere l’energia assorbita dal Sole nello spazio, generando una piccola quantità di spinta sull’asteroide. Con la prossima disponibilità di un campione della superficie di Bennu, si potranno determinare ancora più accuratamente le proprietà termiche dell’asteroide.
«L’effetto Yarkovsky agisce su asteroidi di tutte le dimensioni e, sebbene sia stato misurato per una piccola frazione della popolazione di asteroidi da lontano, Osiris-Rex ci ha dato la prima opportunità di misurarlo in dettaglio mentre Bennu viaggiava intorno al Sole», spiega Steve Chesley del Jpl Nasa, fra gli autori del nuovo studio. «L’effetto su Bennu è equivalente al peso di tre acini d’uva che agiscono costantemente sull’asteroide: minuscolo, sì, ma significativo quando si determinano le future possibilità di impatto di Bennu nei decenni e nei secoli a venire».
Il gruppo di ricerca ha considerato anche molte altre forze perturbanti, tra cui la gravità del Sole, dei pianeti, delle loro lune e di oltre 300 altri asteroidi, la resistenza causata dalla polvere interplanetaria, la pressione del vento solare e gli eventi di espulsione di particelle da Bennu medesimo.
I ricercatori hanno anche valutato la forza esercitata da Osiris-Rex durante l’esecuzione del suo evento di raccolta campioni Touch-And-Go del 20 ottobre 2020, per vedere se avesse potuto alterare leggermente l’orbita di Bennu. Sono state confermate le stime teoriche, secondo le quali il piccolo tocco del campionatore avrebbe avuto un effetto trascurabile.
Per saperne di più:
- Leggi su Icarus l’articolo “Ephemeris and hazard assessment for near-Earth asteroid (101955) Bennu based on OSIRIS-REx data”, di Davide Farnocchia, Steven R. Chesley, Yu Takahashi, Benjamin Rozitis, David Vokrouhlický, Brian P. Rush, Nickolaos Mastrodemos, Brian M.Kennedy, Ryan S. Park, Julie Bellerose, Daniel P. Lubey, Dianna Velez, Alex B. Davis, Joshua P. Emery, Jason M. Leonard, Jeroen Geeraert, Peter G. Antreasian e Dante S. Lauretta