Confagricoltura lancia l’allarme: in calo gli allevamenti di bovini da carne, a rischio la filiera zootecnica piemontese
L’Italia importa oltre il 50% della carne bovina che consuma, ma nonostante questo gli allevamenti zootecnici sono in difficoltà. I prezzi all’origine sono stazionari o in flessione da troppo tempo e l’incremento del costo di tutte le materie prime, compresi i cereali, che negli ultimi sei mesi ha fatto registrare un aumento di circa il 50%, incide in modo pesante sui costi dell’alimentazione degli animali, costringendo gli allevatori a lavorare in perdita. Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte e Cuneo, sottolinea che “se questa situazione dovesse perdurare molte stalle chiuderanno, con un danno irreparabile per quanto riguarda la qualità delle nostre produzioni, la filiera agro-zootecnica e la tutela del paesaggio”. Sono molte, infatti, le mandrie che nei periodi estivi raggiungono gli alpeggi, contribuendo a tenere vive le nostre montagne.
Anche il comparto della Razza Piemontese, che fino a qualche anno fa sembrava al riparo da crisi di mercato, fa registrare una flessione dei prezzi dei bovini maschi di circa il 25% nell’ultimo anno, fatto che spinge molti allevatori a valutare la conversione della produzione.
Nel 2010 in Piemonte c’erano 3.625 stalle di bovini da carne che allevavano 264.488 capi. A luglio di quest’anno – evidenzia Confagricoltura – il numero degli allevamenti è sceso a 2.828, con 239.821 capi bovini allevati. In provincia di Cuneo, dove il comparto è maggiormente radicato rispetto ad altre aree della regione, il calo è stato più contenuto: se nel 2010 le aziende con bovini da carne erano 1.103, per un totale di quasi 125mila capi, nel 2021 il numero di allevamenti è sceso a 999, per complessivi 122mila animali. Gli allevamenti nella Granda hanno fatto registrare dunque una diminuzione di poco superiore al 9%, rispetto al -22% del dato regionale.
Continua Allasia: “In 10 anni in tutto il Piemonte è sparito un allevamento su cinque, la provincia di Cuneo grazie a un tessuto di aziende strutturate e a una lunga tradizione allevatoriale segna una diminuzione meno marcata, ma il dato resta negativo e mette in luce in modo evidente le difficoltà reali dell’intero comparto. Una volta chiuse le stalle è quasi impossibile riaprirle: per costituire un allevamento valido dal punto di vista genealogico servono infatti competenza, passione e investimenti rilevanti, tutti elementi di cui i giovani non dispongono. Per questo è necessario concentrare gli sforzi per evitare che chiudano altri allevamenti”.
Confagricoltura ha chiesto all’assessore regionale all’Agricoltura Marco Protopapa la convocazione di un incontro “per individuare congiuntamente alle altre organizzazioni della filiera le iniziative da adottare per fronteggiare l’emergenza”.